Tennis

«Siamo tutti con Federer e ricordiamo le sue imprese»

Marc Rosset guarda con sospetto i termini «longevità» e «precocità» nel mondo dell’alta competizione: «Al di là dell’età dei protagonisti, ricordo con passione le partite memorabili, quelle che sono entrate nella storia»
Nel 2019 Roger Federer aveva conquistato il suo decimo titolo agli Swiss Indoors di Basilea. © Keystone/Georgios Kefalas
Raffaele Soldati
04.05.2022 06:00

Longevità e precocità. Ecco due termini utilizzati spesso nel mondo dello sport. Soprattutto nel tennis. Tra i più longevi ancora in attività - ma a guardar bene non gioca da quasi un anno - ci sarebbe Roger Federer. L’8 agosto il basilese compirà 41 anni. E due sono gli appuntamenti che dovrebbero vederlo ancora tra i protagonisti in questa stagione. Meglio, due sono gli eventi ai quali ha già annunciato la sua partecipazione: la Laver Cup di metà settembre a Londra - probabile in questo contesto la programmata esibizione con l’amico e rivale Nadal in doppio- e gli Swiss Indoors di Basilea (22-30 ottobre).

Marc Rosset, da noi interpellato sul tanto atteso rientro di Roger, sorride. Gli facciamo notare che un mese fa, in occasione del 1. di aprile, un sito italiano specializzato nel tennis aveva annunciato il definitivo saluto di Roger al mondo delle competizioni. Il classico pesce. «Lasciamo i pesci ai pescatori. Il problema di Roger, se di problema si può parlare - sottolinea il ginevrino - non è tanto quello della longevità tennistica. Quello è un dato di fatto. Non ha più niente da dimostrare, Roger. Siamo tutti con lui. E ancora ci ricordiamo delle sue imprese».

Si è appena rimesso da un infortunio. Ma nessuno, tranne forse qualche suo intimo, sa fino a che punto è guarito. «Bella domanda - interrompe Rosset - Anche perché c’è un po’ di differenza tra chi desidera sgambettare in campo e chi invece intende magari giocare ancora partite vere, magari in cinque set, come nelle prove dei Grandi Slam. La passione di Roger per il gioco, ve lo assicuro, è sempre grandissima. Ma c’è anche l’amor proprio. Per rimettersi davvero in gioco bisogna avere la consapevolezza di essere integri fisicamente. A maggior ragione oggi con una concorrenza che sembra crescere».

Torniamo al presente, il Masters 1000 di Madrid. Ci sono ancora Djokovic, Nadal e perfino Murray. «Sì - prosegue il campione olimpico del 1992 a Barcellona - , tre dei quattro fenomeni, quelli che hanno dominato il tennis negli ultimi decenni. Ognuno in tempi recenti, ha avuto le sue magagne. Ognuno ha cercato di risolverle. Magari stringendo i denti. L’età, certo, non è un fattore secondario. Ci vuole più tempo per rimettersi in gioco. E Roger questo lo sa bene. Quando resti fuori dal circuito per un periodo prolungato, il rientro è sempre una grande incognita».

Dolori a Wimbledon

Nel 2021, a 39 anni e 11 mesi, Roger era diventò il tennista più anziano a raggiungere i quarti di finale a Wimbledon. Poi la tristemente famosa sconfitta contro il polacco Hubert Hurkacz: 6-0 nel terzo set. «Sì, ma con un problema fisico già consistente, tanto che seguì una nuova operazione. Sarebbe interessante vedere quanti sono i giovani che non riescono ad emergere per infortuni. Carriere stroncate sul nascere. Non credo che siano pochi. Chissà quanti potenziali campioncini si sono persi per strada. Roger, e con lui pochi altri, ci ha deliziato per tanti anni. È stato anche fortunato a non aver avuto troppi infortuni da giovane».

Ci eravamo talmente abituati a vederlo nel circuito che avvertiamo ancora la sua mancanza. Soprattutto se, come a Madrid, rivediamo in campo Novak, Rafa e Andy. «Parlare di anziani e di giovani, mi fa sempre un po’ ridere - dice Rosset - A 38 anni, 2 mesi e 13 giorni Federer conquistò il suo ultimo torneo, il n. 103 in carriera. Basilea 2019. Andate a vedere chi , in questa statistica ha fatto meglio di lui». Breve ricerca su «google» e scopriamo solo due nomi: l’ispanoamericano Richard «Pancho» Gonzales (vittorioso a 43 anni, 8 mesi e 28 giorni a Des Moines nel 1972) e l’australiano Ken Rosewall (43 anni e 5 giorni ad Hong Kong nel 1977). Altro tennis, altri tempi.

Connors e lo US Open

Rosset ci riporta alla memoria le partite di Jimmy Connors. Pure lui nella top 10 (7.) dei giocatori più anziani capaci di vincere un torneo. In carriera, tra piccoli e grandi, ne conquistò 109. Pochi ricordano che firmò il suo ultimo successo a 37 anni, 1 mese e 14 giorni a Tel Aviv nel 1989. Molti hanno invece ancora vivo il ricordo di quando raggiunse la semifinale agli US Open del 1991 nel giorno del suo 39.esimo compleanno. Jimbo smise di giocare a 44 anni, senza più incantare. La conclusione di Rosset? «Quello che più conta, al di là del risultato, è l’intensità degli incontri. Le partite memorabili che hanno fatto la storia».