Sono passati all’incirca due anni da quando la Corte delle assise correzionali, presieduta dal giudice Mauro Ermani, aveva sentenziato riguardo al crollo di un blocco di 7,5 tonnellate di calcestruzzo dalla parete della galleria del San Salvatore sull’A2 l’8 giugno 2016, fortunatamente senza ferire nessuno. Per l’accusa, promossa dalla procuratrice pubblica Chiara Borelli, il franamento era stato causato dalla mancata realizzazione di fori di drenaggio durante i lavori di risanamento del traforo eseguiti a inizio 2012. La Corte, però, si era detta impossibilitata a stabilire oltre ogni ragionevole dubbio il nesso causale tra la mancanza dei fori e il crollo, e aveva quindi prosciolto i quattro imputati dalle accuse di franamento e di perturbazione del traffico, entrambi per negligenza. Tre di loro erano però stati condannati a pene pecuniarie sospese per violazione delle regole dell’arte edilizia per negligenza (perché in ogni caso quei fori non erano stati fatti), reato che contesteranno in Appello.
Sciogliere i punti oscuri
Due anni fa si era arrivati in aula con il fiato corto, in quanto incombeva la prescrizione. Le parti si erano già dette consce che ci sarebbe stato un secondo round in Appello, cosa che avrebbe dato modo di stilare una nuova perizia giudiziaria sull’accaduto, con più calma: la prima lasciava punti oscuri e con la nuova si vuole determinare l’esistenza o meno del nesso causale tra lavori e crollo. L’allestimento della perizia, rallentato dalla pandemia, sta entrando nel vivo in questi giorni, ci ha detto il legale di USTRA (accusatrice privata nel procedimento) Luigi Mattei.