Il Consiglio di Stato ha risposto all’interpellanza del deputato UDC Tizano Galeazzi che chiedeva lumi sul concorso pubblico relativo alla fornitura di un milione di mascherine chirurgiche aperto il 20 febbraio scorso assegnato poi, a suo dire, a una «società-bucalettere con sede nei Grigioni» con un centro di produzione a Bioggio. L’Esecutivo ha ribadito al granconsigliere l’assoluta regolarità del mandato assegnato e delle verifiche effettuate, rimandando al mittente le accuse.
Nel suo atto parlamentare Galeazzi ipotizzava inoltre che parte delle mascherine potesse essere arrivata da oltreconfine. «Il tema fondamentale - ha spiegato in aula - sono i prezzi (con un 36% in meno delle aziende concorrenti). Dare 165 mila franchi a una società che non è nemmeno presente in Ticino, significa dimenticarsi dell’economia locale. È scandaloso che per una pura questione di prezzo non si sia voluto fare maggiori verifiche».
Netta la risposta del presidente del Governo Norman Gobbi e del direttore del DFE Christian Vitta. «Tutti gli elementi del bando di concorso sono stati rispettati. Nessuno ha fatto ricorso, né sul bando, né sul risultati», ha spiegato Gobbi. «Questa ditta - ha aggiunto - è stata verificata e sono stati effettuati sopralluoghi a Bioggio, dove è stata accertata la presenza di un centro di produzione. Questo mettere in dubbio l’onestà e l’agire dello Stato è lesivo: non si può giocare in questo momento con la legalità».
«Che la sede sia nei Grigioni o in Ticino cambia poco», gli ha fatto eco il direttore del DFE Christian Vitta. «La cancelleria, il farmacista cantonale e la sezione della logistica hanno fatto tutte le verifiche necessarie, anche sulla produzione in sede. Non si tratta quindi di un’attività fantasma. Né abbiamo elementi concreti che ci facciano pensare che le mascherine siano state importate da oltreconfine». Galeazzi ha quindi chiesto la discussione generale, bocciata con 53 no, 17 sì e 3 astenuti.