Energia

Gas russo in Europa: eppur si muove

La quota, sul totale delle importazioni, è calata drasticamente dall'invasione su larga scala dell'Ucraina, ma il GNL russo è in crescita: e c'è un motivo preciso...
© HANNIBAL HANSCHKE
Marcello Pelizzari
30.04.2024 19:30

A inizio aprile, avevamo riferito del crollo delle importazioni di gas russo in Europa. Una (logica) conseguenza dell'invasione su larga scala dell'Ucraina da parte dell'esercito di Mosca e delle sanzioni varate dall'Occidente, Unione Europea in testa. Un dato, certo, positivo al netto di nuove, e per certi versi preoccupanti, dipendenze energetiche. Come quella dall'Azerbaigian, il cui regime può tranquillamente essere paragonato a quello di Vladimir Putin. La domanda, come scrive fra gli altri Deutsche Welle, è tuttavia un'altra: perché, detto del crollo, il gas russo continua a fluire verso il Vecchio Continente? Garantendo, di riflesso, degli introiti al Cremlino?

È bene, innanzitutto, partire da lontano: due anni fa, quando il cielo di Kiev è stato rischiarato dalla potenza di fuoco russa, l'Europa si è (ri)scoperta fragile. Fragile e, appunto, dipendente. Dal gas e dal petrolio russi, nello specifico. Una dipendenza che affonda le proprie radici lontano, molto lontano nel tempo. Nel 2021, per dire, fra il 34% e il 42% delle importazioni di gas in Europa (a seconda delle stime) proveniva da Mosca. Per questo, anche per questo, il gas era ed è stato risparmiato dalle sanzioni. Così Olaf Scholz, il cancelliere tedesco, all'alba della guerra, consapevole che l'Europa centrale e quella dell'Est erano fortemente dipendenti dalla Russia in termini energetici: «L'Europa ha deliberatamente esentato le forniture energetiche dalla Russia dalle sanzioni. Al momento, l'approvvigionamento energetico dell'Europa per la generazione di calore, la mobilità, l'alimentazione elettrica e l'industria non può essere garantito in altro modo».

Vladimir Putin, dal canto suo, ha prontamente trasformato il gas in un'arma. Tagliando le forniture. E, di fatto, tenendo sotto scacco un continente. La temuta carenza energetica, per contro, non si è mai verificata. Non solo, l'Europa si è mossa per uscire dal giogo russo. Cercando, e trovando, nuovi fornitori. Una decisione, questa, comune e volontaria. Per non essere più ricattabili.

Il ruolo del GNL

A due anni dall'invasione su larga scala, dicevamo, il quadro è notevolmente cambiato. In meglio, pensando all'uso che Putin fa del gas. Secondo i dati dell'Unione Europea, la quota di gas russo importata tramite gasdotti è scesa dal 40% rispetto al totale, nel 2021, all'8% nel 2023. Includendo il gas naturale liquefatto, o GNL, parliamo per contro del 15%. Poco, ma allo stesso tempo tanto. Il GNL, d'altro canto, è una delle alternative attraverso cui l'Unione ha ridotto la sua dipendenza dalla Russia. Facendo affidamento su partner come il Qatar e gli Stati Uniti. Allo stesso tempo, ha consentito al GNL russo di (ri)entrare fra i fornitori a prezzi fortemente scontati. Se prendiamo le sole importazioni di GNL, stando ai dati di Kpler la Federazione Russa è stato il secondo fornitore dell'Unione Europea nel 2023, con una quota del 16%. Un aumento vertiginoso, +40%, rispetto al 2021. A chi è andato questo GNL? A Belgio, Francia e Spagna. Attenzione: siccome l'Europa, tecnicamente, non ha bisogno di tutto questo gas – il Vecchio Continente sta per abbracciare la stagione calda con livelli record in termini di gas stoccato, con i depositi pieni al 59% – gran parte del GNL importato dalla Russia viene riesportato in Paesi terzi, in primis quelli asiatici. Generando profitti per alcuni Stati membri e aziende dell'UE.

Troppo, evidentemente, per alcuni. Si spiega anche così la mossa, congiunta, di Finlandia, Svezia e Paesi baltici per imporre un blocco totale alle importazioni di GNL russo. Blocco che, per essere attuato, richiederebbe l'accordo di tutti gli Stati membri. L'UE, al riguardo, starebbe pensando più che altro a un divieto di riesportazione del GNL russo tramite i porti europei. O di sanzionare, per dirla con Bloomberg, i principali progetti russi legati al gas naturale liquefatto, come Arctic LNG 2, dove tuttora troviamo la francese TotalEnergies fra gli azionisti, UST Luga LNG e l'impianto di Murmansk, 

E i gasdotti?

Anche i gasdotti, in ogni caso, stanno ancora portando gas russo in Europa. Attraverso le tubature che attraversano l'Ucraina fino ad arrivare presso l'hub austriaco di Baumgarten. L'azienda energetica statale austriaca, OMV, d'altronde ha un contratto in essere con Gazprom fino al 2040. Lo scorso febbraio, riferisce sempre Deutsche Welle, Vienna ha confermato che addirittura il 98% delle sue importazioni di gas, a dicembre 2023, proveniva dalla Russia. Per uscire da questa impasse, l'Austria dovrebbe rompere unilateralmente il contratto. Delle sanzioni specifiche dell'Unione Europea, va da sé, aiuterebbero. 

Anche l'Ungheria sta continuando a importare gas russo. In grandi quantità. È vero, Budapest recentemente ha concluso un contratto con la Turchia per la fornitura. Gli esperti, tuttavia, dubitano che questo gas non arrivi comunque dalla Russia. 

Le cose potrebbero cambiare grazie a Kiev, nella misura in cui l'Ucraina non rinnoverà gli accordi esistenti con Gazprom per far transitare il gas russo attraverso il suo territorio. Il contratto in essere scadrà alla fine dell'anno.

Rimane in ogni caso realistico, agli occhi dell'UE, liberarsi completamente del gas russo entro il 2027, l'obiettivo iniziale fissato dall'Unione. Ma servirà, ancora, una forte base volontaria per farlo più che un vero e proprio divieto. Il fatto che l'Ungheria nella seconda metà del 2024, a partire da luglio, assumerà la presidenza del Consiglio dell'UE potrebbe peggiorare le cose in questo senso, considerando i legami stretti fra Budapest e Mosca. Ma, a prescindere, sarebbe bene per l'Europa allontanarsi innanzitutto dal GNL russo. Una volta per tutte.