Calcio

Gaspoz, il Sion e la Coppa: «Più che un trofeo, uno strumento di rivalsa»

L'ex giocatore ha vinto tre volte la competizione con i vallesani - Nel 2001 sfiorò invece il titolo con il Lugano, questa sera di scena al Tourbillon per la semifinale
Nel 2006, Alain Gaspoz ha sollevato la Coppa Svizzera da capitano del Sion. © Keystone/KUSANO
Massimo Solari
27.04.2024 06:00

Alain Gaspoz era in campo. In occasione dei trionfi del 1996 e del 1997. E pure nel 2006, da capitano, per quella che rimane l’unica Coppa Svizzera vinta da una squadra della lega cadetta. L’ex bandiera del Sion si è però sentita a casa anche a Lugano. Sfiorando il titolo nel 2001. Ricordi ed emozioni che abbiamo voluto intrecciare con la semifinale in programma questa sera al Tourbillon.

«Mentirei se dicessi che non è una partita speciale anche per il sottoscritto». Gaspoz parla addirittura di «brividi», ripensando alle avventure vissute con le due squadre, opposte questa sera. «Sette anni con i vallesani e quattro con i bianconeri, la maggior parte dei quali segnati da sorrisi e soddisfazioni». Con il Sion, suggerivamo, sono arrivati anche i successi. Tanti successi. Un campionato e tre Coppe, l’ultima delle quali vestendo i panni della piccola sfavorita. «Il Sion - osserva Gaspoz - è il riflesso di una regione che ha vissuto a lungo all’ombra della Svizzera, geograficamente ed economicamente. Per trovare fortuna, i vallesani hanno puntualmente dovuto spostarsi altrove in Romandia. E la Coppa Svizzera, per certi versi, replica le dinamiche di una transumanza umana. Perché permette di mostrare il carattere e la forza di un popolo, che interpreta la finale programmata nella capitale come lo strumento di rivalsa perfetto». Entrato nel cuore dei tifosi per la sua abnegazione, l’ex pendolino del Benin fa riferimento «a un’energia unica che invade l’intero cantone e la sua squadra di calcio. Un valore aggiunto che sovente manca agli avversari e che da compagine di Challenge League, ovviamente, si somma a una motivazione di per sé particolare».

La metamorfosi di Constantin

Nel 2006, oltretutto, Gaspoz alzò il trofeo di fronte allo Young Boys, padrone del Wankdorf, con tanto di rigore trasformato nella serie conclusiva. «E rammento che durante il riscaldamento, prima della finale, consegnai a ogni mio compagno una fascia da capitano. Proprio per sottolineare il citato senso di comunità». A battere su questo tasto, c’è da scommetterci, sarà pure Didier Tholot, con cui Gaspoz ha percorso diversi metri della personale carriera. «D’altronde è una figura immersa da tempo nella realtà vallesana e, cosa non da poco, ha già giocato e vinto due Coppe da allenatore del Sion» evidenzia. Il presidentissimo Christian Constantin, lui, di trofei nazionali ne ha invece alzati addirittura sette, perdendo solo una finale. «Nel 1996 e 1997 Christian riusciva ancora a mantenere un certo distacco dallo spogliatoio. Per intenderci, non si occupava in prima persona della preparazione psicologica dei giocatori. Questa presa a carico si è manifestata più tardi, specialmente dopo aver portato la squadra in finale dalla panchina nel 2009. Ecco, da allora - in occasione dei match decisivi di Coppa - Constantin ha fatto breccia nell’intimità dello spogliatoio. Prendendolo per mano già nei giorni precedenti la partita. Nel 2006, per esempio, fu così. E da capitano non mi diede fastidio. Il Sion in questi frangenti si trasforma in una famiglia e il suo presidente - come un papà o un fratello maggiore - cerca in tutti i modi di tirare fuori il meglio da ogni persona vicina. Per fare risultato e, dicevamo, per il bene di tutta la famiglia vallesana».

Auguro ai bianconeri che il Tourbillon non si trasformi in un amaro capolinea, come lo fu per noi nel 2001
Alain Gaspoz, ex giocatore di Sion e Lugano

«Ammiro Croci-Torti»

Il Lugano però non può e non deve nascondersi. «No, ma deve fare davvero molta attenzione, anche se non credo che la cosa vada spiegata a uno come Mattia Croci-Torti» riconosce Gaspoz. «Ai suoi uomini, in ogni caso, andrà ricordato che non stanno affrontando una compagine di serie B. Al loro cospetto ci sarà un club che ha disputato ben 14 volte la finale della Coppa Svizzera. Insomma, la tensione andrà posta al massimo livello, soprattutto nei primi minuti, quando il pubblico del Tourbillon spingerà di brutto i suoi beniamini e un atteggiamento di sufficienza potrebbe venire pagato a caro prezzo».

I bianconeri, invero, sono sul pezzo da diversi mesi. Praticamente da sempre in Coppa, con il Crus in panchina. «Il Lugano, infatti, dovrà far dubitare quanto prima il Sion, impedendogli di entrare in partita» afferma Gaspoz, che da giocatore si è ritrovato Croci-Torti di fronte in un paio di occasioni. «È un personaggio, paradossalmente più vallesano che ticinese. Un uomo attaccato alla sua terra, un combattente, nonché il primo a essere pienamente convinto delle proprie parole. E un tecnico che riesce a mettere a suo agio la sua squadra è un tecnico in grado di fare la differenza. Lo ammiro, e spero che il suo grande avvio di carriera possa tradursi, un domani, in un progetto sportivo anche più grande. In Svizzera o all’estero». Il Crus e la nuova proprietà americana, intanto, hanno riportato il club laddove mancava da tanto, troppo tempo. Ai vertici. «Ammirare il Lugano, oggi, è davvero piacevole» conferma il nostro interlocutore. «Oramai è una squadra capace di prendere in mano il suo gioco e, quindi, di determinare l’esito delle partite. Lo dimostra la regolarità delle sue prestazioni. Sì, è corretto definirla una formazione matura». Come gagliarda e consapevole era pure la formazione che nel 2001 flirtò fino all’ultimo con il titolo di campione svizzero. «C’ero e non potrò mai dimenticare l’affiatamento di quel gruppo speciale. Indossando i panni del tifoso bianconero, spero dunque che Sion non finisca col tramutarsi in un altro, amaro capolinea, come lo fu per noi 23 anni fa, in occasione dell’ultima giornata del girone per il titolo».

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