La polemica

Il Monte San Primo, la montagna della discordia a due passi dal Ticino

Il progetto di riattivare gli impianti sciistici sulla montagna che domina le rive del Lago di Como e Bellagio continua a far discutere: da una parte le autorità, insensibili di fronte al cambiamento climatico, dall'altra un consorzio di trentatré gruppi che ha bocciato l'iniziativa
I vecchi impianti di risalita e, sullo sfondo, lo splendido panorama del Lago di Como.
Marcello Pelizzari
18.11.2023 13:30

All'improvviso, una notizia di cronaca locale ha guadagnato le prime pagine e i riflettori dei media internazionali. Fra cui la CNN. Il progetto di riattivare e ravvivare gli impianti sciistici sul Monte San Primo, splendido promontorio di 1.682 metri che sovrasta le rive del Lago di Como e Bellagio, sta facendo discutere. E non poco.

L'anno scorso, il Comune di Bellagio aveva ottenuto l'appoggio dalle autorità regionali e nazionali per finanziare un nuovo progetto di area sciistica. L'obiettivo? Attirare turisti invernali, anche se non soprattutto facoltosi considerando quanto il Lago di Como – George Clooney in testa – sia meta ambita fra VIP e influencer. Il progetto, del valore di 5 milioni di euro, prevede la (ri)costruzione di un ampio parcheggio, di piste per slittini e, ancora, di nuovi impianti di risalita. L'area, un tempo, era una fiorente destinazione sciistica. Una decina di anni fa, complice il cambiamento climatico, è stata chiusa agli sport invernali. Un destino comune a molte mete, non solo in Italia ma anche in Svizzera o in Francia

Ed è subito polemica

Lo scontro, leggiamo, si è acceso quasi all'istante. Da una parte, chi ritiene che il rilancio dell'infrastruttura sciistica possa portare un contributo importante al turismo. Dall'altro, le organizzazioni ambientaliste e sportive che hanno bocciato l'iniziativa. Un consorzio di trentatré gruppi denominato Salviamo il Monte Primo, di cui fanno parte il World Wildlife Fund e il Club Alpino Italiano, ha cercato di fermare il progetto e di sensibilizzare l'opinione pubblica sulla fragilità ecologica della montagna. Roberto Fumagalli, il portavoce del gruppo, insiste sul fatto che esistano modi migliori per iniettare 5 milioni di euro nell'area. Modi che potrebbero comunque portare entrate turistiche. Il gruppo ha pure cercato, invano, di avviare colloqui con i finanziatori del progetto, tra cui 31 consigli comunali. «Non vogliamo aspettare di essere fuori a protestare contro i bulldozer» ha detto Fumagalli alla CNN. «Sarebbe più produttivo sedersi ora». E parlare...

A preoccupare il gruppo sono il discorso ambientale e quello logistico. Invece di ristrutturare il parcheggio, ad esempio, Fumagalli e compagni insistono nel dire che sarebbe più ecologico investire nel trasporto pubblico. Non solo, invece di ripristinare (tramite innevamento artificiale) l'area sciistica, andrebbero potenziati i sentieri escursionistici. E questo perché gli inverni sono sempre più brevi, e con meno neve, mentre la cosiddetta stagione dei sentieri si sta allungando ogni anno un pochino di più.

Non finisce qui: il gruppo è preoccupato per il consumo di energia dei macchinari per l'innevamento artificiale, per i danni che il trasporto di attrezzature pesanti provocherebbero alla montagna e dal fatto che, non molto lontano da Bellagio e dintorni, ci sono comprensori sciistici migliori. L'investimento, riassumendo, potrebbe pesare, e anche tanto, sulle tasche dei contribuenti locali.

L'appello a George Clooney

«Abbiamo inviato lettere raccomandate, appelli, usato i social media, ma nessuno risponde mai» ha aggiunto Fumagalli. Il gruppo ha persino scritto al residente più famoso del Lago di Como, la star delle star di Hollywood: George Clooney. «Non ha risposto, ma speriamo che lo faccia»ha ribadito il portavoce, ricordando che – nel 2021, quando le inondazioni colpirono la proprietà di Clooney – la star si era espressa a sostegno della comunità per i danni subiti.

Il problema principale, secondo il gruppo di protesta, ma anche dati alla mano, è che il Monte San Primo, nonostante la sua storia di destinazione sciistica, oggi non ha abbastanza neve. Colpa dell'aumento delle temperature e della siccità. L'emergenza climatica, ora, potrebbe rendere più gravi e più frequenti questi due fenomeni.

La montagna, d'altronde, è un monumento alle intenzioni o, se preferite, un cimitero in cui giacciono i precedenti tentativi di capitalizzare su attività invernali più tradizionali. Come lo sci, già. Sul Monte San Primo si trovano ancora vecchi tornelli, pilastri degli impianti di risalita e persino una mappa delle piste ormai scomparse. Gli ultimi impianti di risalita sono stati chiusi all'inizio del 2010, poiché gli accumuli di neve annuali non erano in grado di sostenere una stagione sciistica, soprattutto a così breve distanza dalle Alpi e dalle Dolomiti, dove la neve invece è garantita (fino a quando, però?).

Anche il Telegraph, di recente, si è scagliato contro il progetto. Definendolo senza mezzi termini «assurdo». Non tanto, o non solo, perché a finanziarlo sono la Comunità Montana, il Comune e il Ministero dell'Interno. Ma perché, per quanto sia suggestivo pensare di sciare con il Lago di Como ai propri piedi, la quota degli impianti è davvero troppo bassa. 

La posizione delle autorità

Il cambiamento climatico, per contro, non sembra interessare ai funzionari di Bellagio e della Regione Lombardia. Tant'è che per l'innevamento è stata prevista la costruzione di un lago artificiale, da cui poi prelevare l'acqua necessaria per fabbricare la neve. I piani, visionati dalla CNN, sono stati già approvati dal Comune. Il lago artificiale, secondo i suoi promotori, sarebbe utile anche in estate poiché fungerebbe da serbatoio per le precipitazioni. 

Il sindaco di Bellagio, Angelo Barindelli, ha detto di non avere «paura» degli oppositori. Quello per riattivare gli impianti sciistici «è un accordo importante, un investimento complessivo di 5 milioni di euro, ora dobbiamo solo impegnarci a farlo partire in fretta» ha spiegato. Alessandro Fermo, a capo del Consiglio regionale della Lombardia, che pure sostiene i piani di rilancio, ha dichiarato dal canto suo che i manifestanti sono fuori luogo. «Non è mia abitudine contribuire alle polemiche, ma questa volta non posso farne a meno» le sue parole, affidate ai social. «Portare risorse al territorio è un lavoro lungo e faticoso. Un investimento di 5 milioni di euro è importante per sviluppare e rilanciare l'attrattività turistica del territorio in inverno e in estate».

Se i manifestanti si sono detti aperti al dialogo e al compromesso, da parte delle autorità finora non c'è stato alcun segnale. Il progetto, in ogni caso, potrebbe non decollare mai. Come ha ironicamente e amaramente commentato la CNN, infatti, i promotori non hanno fatto i conti con la famigerata burocrazia italiana. Che potrebbe rallentare, anche per decenni, il citato rilancio. I primi piani per l'area sciistica erano stati approvati all'inizio del 2022, quando erano stati impegnati anche i fondi necessari. Le prime offerte sarebbero dovute uscire a novembre dell'anno scorso. Ma nulla, finora, si è davvero mosso. Se non il vento della polemica. Ah, di nevicate significative non se ne sono ancora viste.