Viaggi

E se introducessimo il «passaporto climatico»?

L'industria del turismo, secondo le stime, è responsabile del 10% delle emissioni globali – Secondo gli esperti, un cambiamento delle nostre abitudini è inevitabile – Ma in che senso? E in quale misura?
© ERIK S. LESSER
Marcello Pelizzari
28.11.2023 09:05

L'ultima estate, quella del 2023, è stata (quasi) normale. A livello globale, alla fine di luglio gli arrivi turistici hanno raggiunto l'84% rispetto ai livelli pre-pandemia. Normalità, appunto. In alcuni Paesi europei come Francia, Danimarca e Irlanda, addirittura, la domanda è stata perfino superiore. Di per sé, un'ottima notizia. Eppure, questo ritorno allo status quo ha preoccupato, e non poco, le associazioni ambientaliste e i manifestanti: le conseguenze per il pianeta, infatti, potrebbero essere pesanti.

D'altronde, il futuro è già qui. Molti turisti sono stati costretti a fuggire dagli incendi in Grecia, ticinesi compresi, o alle Hawaii. In molte destinazioni popolari, come Portogallo, Spagna e Turchia, sono stati emessi avvisi di condizioni meteorologiche estreme. E poi, beh, c'è stata l'altra faccia del cambiamento climatico: grandinate record, nubifragi, inondazioni. «Ci siamo dentro in pieno», aveva confidato al CdT Serena Giacomin, meteorologa, climatologa nonché presidente dell’Italian Climate Network, il movimento italiano per il clima. 

Il turismo, evidentemente, è una parte del problema. All'alba della COP28, in programma negli Emirati Arabi Uniti, giova ricordare che l'industria dei viaggi genera circa un decimo delle emissioni globali. Le stesse emissioni che stanno provocando l'attuale emergenza climatica. L'impatto del turismo e il cambiamento climatico, secondo gli esperti, potrebbero spingere l'umanità a cambiare abitudini. Di più, secondo un rapporto pubblicato quest'anno e dedicato al futuro, sostenibile, dei viaggi, Intrepid Travel ha proposto quello che potremmo definire un vero e proprio passaporto climatico, o carbonico.

Ma che cos'è il passaporto climatico?

L'idea, in fondo, è semplice. A ciascun viaggiatore o turista che dir si voglia viene assegnata una quota annuale di emissioni che è tenuto a non superare. Un concetto estremo, certo, ma tutto fuorché nuovo. Il Parlamento britannico, ad esempio, ne aveva discusso già nel 2008. Rinunciando, poi, a portare avanti il dossier per il timore che la popolazione avrebbe reagito male, se non malissimo. 

L'impronta carbonica media annua di una persona, negli Stati Uniti, è di 16 tonnellate. Si tratta di uno dei tassi più alti al mondo. Nel Regno Unito, invece, l'impronta scende a 11,7 tonnellate per cittadino. Una cifra inferiore, sì, ma di cinque volte più alta rispetto a quella raccomandata dall'Accordo di Parigi per contenere l'aumento della temperatura al di sotto di 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali. Anche la Svizzera, in termini di impronta, non scherza: se consideriamo altresì le emissioni generate dalle importazioni, l'impronta di una persona residente nella Confederazione è di 14 tonnellate di CO2 all'anno. In confronto, la media globale è di 6 tonnellate. Tanto, troppo.

L'auspicio è di abbassare l'impronta carbonica media, globalmente, sotto le 2 tonnellate entro il 2050. Significa, tradotto in voli transcontinentali, non superare due viaggi andata e ritorno fra Londra e New York. Intrepid Travel ritiene che i passaporti climatici potrebbero diventare realtà entro il 2040. Ma, appunto, anche la politica e le legislazioni nazionali in quest'ultimo anno suggeriscono che le nostre abitudini di viaggio sono a tanto così dal cambiare. Radicalmente.

La questione delle crociere

L'aviazione, da anni, è al centro delle discussioni attorno al cambiamento climatico. Nonostante gli sforzi, da parte del settore, per raggiungere l'agognata neutralità carbonica. Sia quel che sia, tra il 2013 e il 2018 la quantità di CO2 emessa dagli aerei commerciali, nel mondo, è aumentata del 32%. Aerei sempre più efficienti e l'introduzione del cosiddetto carburante sostenibile, il SAF, stanno riducendo – comunque ancora troppo lentamente – le emissioni per passeggero. Detto ciò, secondo una ricerca del 2014 tutti gli sforzi compiuti finora dall'aviazione e quelli ancora da compiere rischiano di venire vanificati dal fatto che il traffico, beh, aumenterà. E pure parecchio. 

Molto, insomma, resta da fare. A cominciare dai prezzi di biglietti, che dovrebbero aumentare dell'1,4% ogni anno affinché alcune persone vengano scoraggiate dal volare. E invece, nonostante il rincaro e l'inflazione, è ancora possibile volare a prezzi modici. Spendendo, spesso, meno del treno. Anche molto meno

In realtà, i singoli governi qualcosa stanno facendo. La Francia, per dire, è appena entrato in vigore il divieto per i voli interni. Tuttavia, la misura di fatto riguarda appena tre rotte mentre le associazioni di categoria sottolineano come il risparmio, in termini di emissioni di CO2, sia minimo. Si prevede, in ogni caso, che la Spagna si allineerà all'Esagono e lo stesso, a stretto giro di posta, potrebbe fare la Germania. 

Il problema, però, non è legato unicamente agli aerei. Secondo un'indagine della Federazione europea per i trasporti e l'ambiente, condotta nel 2023, le navi da crociera pompano nell'atmosfera una quantità di gas solforici quattro volte superiore rispetto alle 291 milioni di automobili in circolazione in Europa messe assieme. Il problema? I viaggi via nave piacciono. Tanto, sempre di più. Le previsioni per il 2023, addirittura, dicono che la cifra d'affari sarà superiore a quella del 2019. Il trend positivo, tempo fa, ci era stato confermato anche da Davide Nettuno, portavoce di Hotelplan per la Svizzera italiana.

L'industria delle crociere, di suo, sta cercando più soluzioni per raggiungere la neutralità carbonica. Nel frattempo, città come Amsterdam o Venezia hanno vietato l'ingresso nel centro città. Da una parte per ridurre il turismo di giornata, dall'altra per frenare l'inquinamento. 

Cambieranno anche le mete?

Intrepid, fra le altre cose, ha chiarito che non cambieranno soltanto i modi in cui viaggiamo. Ma anche le destinazioni. I turisti europei, viste le temperature bollenti, sempre più bollenti, potrebbero cercare destinazioni più fresche. Come Belgio, Slovenia o Polonia. Ma a colpire, e a stancare, oggi come oggi è pure il sovraturismo. Da Barcellona al Monte Everest, le autorità hanno chiesto o stanno varando misure per limitare l'afflusso di persone. Il cambiamento climatico è in atto. Quello delle nostre abitudini sta seguendo a ruota.