Società

La grossa sfida per il turismo in un clima che cambia

Il settore dell’accoglienza è chiamato a un adattamento rispetto agli abituali flussi, in particolare nell’area del Mediterraneo - Le ultime estati di fuoco, in effetti, fanno riflettere - Gli stessi Mattarella e Sakellaropoulou temono danni d’immagine legati alla situazione in corso
© Reuters
Paolo Galli
27.07.2023 06:00

«Se le cose continuano così, queste destinazioni di vacanza non avranno futuro a lungo termine. Il cambiamento climatico sta distruggendo l’Europa meridionale. Un’era volge al termine». L’uscita di Karl Lauterbach, ministro della Salute tedesco, in vacanza in Italia, ha fatto parecchio discutere. Le sue dichiarazioni sono state strumentalizzate, ma il tema resta d’attualità. Il mondo del turismo, così come il mondo tutto, si deve confrontare con il cambiamento climatico. Lo deve fare, volente o nolente, al di là di catastrofismi e negazionismi. È una questione di adattamento, anche strategico. E lo hanno riconosciuto gli stessi presidenti di Grecia e Italia, Katerina Sakellaropoulou e Sergio Mattarella, che ieri nel loro messaggio congiunto hanno parlato di possibili danni d’immagine sul turismo.

L’esempio virtuoso

Partiamo da un dato di fatto. L’area del Mediterraneo si è riscaldata di 1,5 gradi rispetto all’era preindustriale, ovvero 0,4 gradi in più rispetto alla media globale. È un dato di fatto che può influenzare varie tendenze, tra cui quelle legate al turismo. Jérémie Fosse, direttore di Eco-Union, un centro di riflessione e azione sullo sviluppo sostenibile, nonché autore di un recente rapporto sull’argomento, avanza un esempio: Barcellona. La città catalana, infatti, ha già messo le mani avanti. «È una delle città più avanzate in questo senso. Nei periodi di canicola, ci sono rifugi termali per i visitatori: tutti gli spazi pubblici e le scuole sono aperti con punti d’acqua, ombra, aree di riposo, eventualmente aria condizionata e vegetazione». Ha già previsto un aumento dei visitatori nei mesi di giugno e settembre. E a esso intende adeguarsi. Il ragionamento può valere per gran parte del bacino del Mediterraneo, confrontato - lo stiamo vedendo in queste settimane - con temperature alquanto ostiche e con quel che ne consegue. Gli incendi in Grecia e nell’Italia meridionale sono sotto i nostri occhi.

Da una crisi all’altra

Claudio Visentin è docente all’USI nel Master in Turismo internazionale. Da noi sollecitato sul tema, subito sottolinea: «Me ne sto occupando, ormai sempre più spesso», facendoci intendere che abbiamo bussato alla porta giusta. E che il tema è un tema anche in ambito accademico, non solo mediatico. Visentin ricorda che questa non è la prima volta in cui ci troviamo di fronte a un cambiamento della stagionalità del turismo. «Nel caso della Svizzera, tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso, si diffusero gli sport invernali come risposta alla nuova moda del mare d’estate. Si inventò, insomma, il turismo d’inverno. In quel caso, fu un cambiamento culturale». In questo caso, invece, è un adattamento imposto. «E questa è una novità». Una novità persino più complessa rispetto a quella legata alla pandemia, più facilmente decifrabile - una volta prese le misure del problema -, oltre che estemporanea. «Sì, anche il turismo, passata la pandemia, si è ritrovato di nuovo coinvolto in altre emergenze, da quella climatica a quella relativa alle relazioni internazionali».

L’importanza dell’immagine

Insomma, risulta chiaro, ormai, come fare le vacanze nell’area mediterranea nei mesi di luglio e di agosto sia diventato più faticoso. «Iniziamo a raccogliere dati e impressioni che vanno proprio in questa direzione», conferma Visentin. Che poi argomenta: «Lo scorso anno, i turisti si sono ritrovati in mezzo a un’estate di fuoco. A quel punto avrebbero preferito evitarla, ma era troppo tardi. Ma sul 2023 si sono mossi in maniera differente. E noi vediamo i primi segni di questo allontanamento rispetto a luglio e ad agosto, con un certo spostamento del turismo su giugno, quando non su settembre e ottobre». L’autunno, in questo senso, seguendo il ragionamento del docente, si candida a «stagione turistica del futuro», e il Nord Europa a «nuova destinazione prediletta per l’estate». Già, l’estate. «Quest’anno vediamo già le prime dinamiche legate alla salute, con Governi nazionali che danno indicazioni relative a questa o quell’altra destinazione. E questo determina anche le scelte future dei turisti, esattamente come la scorsa estate di canicola ha determinato alcune scelte per questa estate». Come spiega bene Visentin, il turismo vive di prenotazioni meditate e di altre più improvvise. Tipicamente, durante le vacanze invernali, si tende a pianificare quelle estive. «È chiaro che nessuno, oggi, deciderebbe di andare la prossima settimana sull’isola di Rodi, ma il prossimo Natale, quando ci ritroveremo in famiglia a pensare alle vacanze per l’estate del 2024, quanto stiamo vedendo, comunque, potrà ancora condizionare le nostre riflessioni». Il turismo vive anche, se non soprattutto, d’immagine. Gli incendi che stanno colpendo Grecia e Sicilia e il caldo irresistibile del Sud del continente non sono i migliori biglietti da visita per il futuro. Il tutto all’interno di un contesto già in trasformazione, caratterizzato da una maggiore distribuzione delle vacanze e dei viaggi.

La diversificazione

Da questa diversificazione potrebbero trarre giovamento le località stesse. Visentin è categorico, quando bolla come «vecchio» il nostro modo di pianificare le vacanze, tra anacronistici ingorghi e follie di massa. La società stessa, d’altronde, sta ragionando sui suoi ritmi, sulla durata della pausa scolastica estiva, sulle tempistiche e sulla flessibilità sul lavoro. Questa, in fondo, è l’eredità positiva - l’unica - della pandemia. «I consumi del turismo, oggi come oggi, si basano sui picchi. Ogni volta che le località riescono a spalmare le richieste dei servizi su più tempo, ci guadagnano. Sono dinamiche che le località turistiche gestiscono con piacere, evitando eccessive concentrazioni, i sovraccarichi del sistema. Non è interesse di nessuno, gestire località affollatissime un solo giorno o una sola settimana dell’anno. La vera fatica non è quindi adattarsi a questa nuova tendenza, bensì l’ipotetico contrario». Quel che è chiaro è che le tendenze del turismo sono strettamente legate con quelle della società tutta. Altrettanto chiara è la necessità di affrontare, con adeguato tempismo, la questione dell’adattamento della nostra società al cambiamento climatico, senza isterismi e sottolineando persino i possibili vantaggi, le opportunità.