Clima

In Francia entra in vigore il divieto per i voli interni: ma è utile?

La misura, di fatto, riguarda appena tre rotte mentre le associazioni di categoria sottolineano come il risparmio, in termini di emissioni di CO2, sia minimo
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Red. Online
23.05.2023 12:15

Ci siamo: da oggi, decreto pubblicato sulla Gazzetta ufficiale alla mano, la Francia vieta formalmente i voli interni in presenza di un’alternativa ferroviaria al di sotto delle due ore e mezza.

La misura, votata nel quadro della Legge sul clima e la resilienza nell’agosto del 2021, era stata sospesa dopo che una parte del settore aereo l’aveva ritenuta contraria al principio della libera prestazione dei servizi e inadatta al cambiamento climatico. La Commissione Europea, al riguardo, aveva anche avviato un’indagine approfondita.

Il divieto, come riportano La Tribune e AFP, non può essere applicato ai cosiddetti voli con coincidenza: quelli, per intenderci, che consentono a un passeggero di raggiungere un hub come Parigi Charles-de-Gaulle per poi, appunto, imbarcarsi su un volo per un’altra destinazione. Di più, l’alternativa in treno deve servire le stesse città degli aeroporti interessati. Nel caso di Roissy-Charles-de-Gaulle, ad esempio, viene presa in considerazione la stazione ad alta velocità che serve l’aeroporto. E ancora: «Le frequenze devono essere sufficienti e gli orari adeguati, tenendo conto delle esigenze di trasporto dei passeggeri che utilizzano questo collegamento, in particolare in termini di connettività e intermodalità, nonché dei trasferimenti di traffico che sarebbero causati dal divieto» precisa il testo.

Di fatto, quindi, il numero di rotte che rientrano nel campo di applicazione del decreto è ridotto, molto ridotto. Sono interessate solo le linee Parigi-Orly-Nantes, Orly-Lione e Orly-Bordeaux. La linea Lione-Marsiglia, ad esempio, che ha un collegamento ferroviario di meno di 2 ore, non è inclusa. Solo due TGV, infatti, collegano l’aeroporto di Lione e la seconda città della Francia, con un’autonomia quindi insufficiente.

In realtà, questa legge ratifica ciò che già esiste. Il governo aveva obbligato Air France a chiudere questi collegamenti nel maggio 2020, in cambio di un sostegno finanziario, all’epoca della pandemia. Aveva anche vietato alle compagnie concorrenti di operare sulle tratte interessate.

L’efficacia stessa del divieto, in termini ambientali, è molto dibattuta nell’Esagono. Secondo il governo, la chiusura delle tre rotte citate «comporta una riduzione totale delle emissioni di CO2 del trasporto aereo di 55.000 tonnellate» sulla base dei dati di traffico del 2019. Per la Commissione Europea, ancora, questa misura «è in grado di contribuire a breve termine alla riduzione delle emissioni nel settore del trasporto aereo e alla lotta contro il cambiamento climatico». Bruxelles ha tuttavia specificato che «valuterà se la misura raggiungerà l’obiettivo».

I dati promossi dal governo francese, va da sé, non sono condivisi da alcune associazioni di categoria. Secondo i calcoli dell’Unione aeroportuale francese (UAF) e di ACI Europe (la sezione europea di Airports Council International), le rotte in questione rappresentano solo lo 0,24% delle emissioni di CO2 del trasporto aereo nazionale francese, ovvero lo 0,04% delle emissioni del settore trasporti in Francia. Eliminarle «non ha molto senso» a detta di Olivier Jankovec, direttore generale di ACI Europe, che sottolinea come la Legge sul clima e la resilienza preveda che i voli nazionali compensino il 50% delle loro emissioni di CO2 entro il 2022 e il 100% entro il 2024. Le associazioni, di conseguenza, sono favorevoli al rafforzamento di questo tipo di compensazione e degli obblighi sull’uso di carburanti per l’aviazione sostenibili (SAF).

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