Hillary: star con l'ombra di Bill

La sua posizione è solida, ma il marito è "ingombrante"
Gerardo Morina
Gerardo Morina
14.08.2009 05:02

di GERARDO MORINA - Da quando, all?inizio di quest?anno, Hillary Clinton si è insediata a Foggy Bottom, l?edificio di Washington dove ha sede il Dipartimento di Stato, il suo percorso come responsabile della politica estera americana è stato in continua ascesa. Prima i viaggi in Asia e ora quello in Africa (si conclude oggi con l?ultima tappa a Capo Verde) hanno mostrato una segretaria di Stato che ha saputo sempre più costruirsi un proprio spazio e un grado di affidabilità tale da essere considerata in patria quasi universalmente un?abile tessitrice degli interessi americani nel mondo. All?estero il presidente Obama è impegnato in un complicato gioco di costruzione di una nuova immagine degli Stati Uniti che si distacchi da quella del suo predecessore Bush, senza però rinunciare in pratica ad alcuni cardini fondamentali: l?aumentato impegno militare in Afghanistan, il contrasto dell?arma nucleare nordcoreana e iraniana, la lotta all?estremismo islamico, un rapporto di collaborazione con la Cina, ma nello stesso tempo (come è il caso del continente africano), la costruzione di un?argine contro l?avanzata trionfale di Pechino su nuovi mercati. «L?America è tornata», «Nessun Paese può oggi affrontare le sfide globali da solo» sono gli slogan della neosegretaria di Stato che, in un discorso pronunciato lo scorso 15 luglio al Council on Foreign Relations, ha chiarificato la nuova strategia di cui intende farsi portabandiera nel mondo: una strategia, ha detto Hillary Clinton, multilaterale in cui l?America è chiamata a essere leader ma fornendo l?esempio, esercitando il suo «soft power» (l?arma della persuasione e della diplomazia), ma anche, quando è necessario, ribadendo la sua forza di superpotenza. «Madame Secretary», così la chiamano ufficialmente al Dipartimento di Stato, ha saputo egregiamente calarsi nel suo ruolo perché ha giocato quattro carte fondamentali. Ha creato buone relazioni con il Pentagono, soprattutto con il ministro della Difesa Robert Gates, repubblicano e succeduto a Donald Rumsfeld, ma più elastico e aperto del suo predecessore. Ha saputo vincere le resistenze e le diffidenze del vicepresidente Joe Biden, tutt?altro che digiuno di politica estera in quanto già presidente del Foreign Relations Committee del Senato. Ha avuto il merito di diversificare e delegare la gestione della politica estera americana a tre differenti «inviati speciali»: Richard Holbrook per il Pakistan-Afghanistan; Dennis Ross per il Golfo e i Paesi del sudovest asiatico; e George Mitchell per il processo di pace in Medioriente. È riuscita infine – contraccambiata – a dimenticare le ostilità dimostrate per Obama nel corso della campagna elettorale per diventare un?influente e fedele componente del gabinetto ministeriale del presidente. In altre parole una segretaria di Stato che è oggi battuta negli indici di popolarità solo dal suo «boss» Barack Obama.Rimane però il fatto che se da una parte Hillary Clinton ha tutte le carte in regola per apparire una star e rifulgere di luce propria nel ruolo che le compete, dall?altra non manca puntualmente di vedersi, anche se solo parzialmente, ottenebrata dal marito Bill, con il quale continua peraltro ad intrettenere un ottimo rapporto coniugale. Mentre Hillary tesseva la tela della diplomazia americana in Africa, il marito, che mira a rinforzare il suo ruolo di statista stagionato con l?incarico di missioni delicate nel mondo, le rubava il riflettore come protagonista di un viaggio in Corea del Nord conclusosi con la liberazione delle due giornaliste americane. A dimostrare l?effetto simbiosi, ancora prevalente nell?immaginario collettivo, di una Hillary non disgiunta dalla presenza del marito, sono stati due episodi che hanno messo a dura prova la ricerca di autonomia della segretaria di Stato. Nel primo, capitato alla fine del mese scorso durante la visita ufficiale in Thailandia, Hillary si è vista rivolgere dalla stampa locale la domanda in merito a quali fossero i suoi argomenti di conversazione con il marito. «Parliamo del nostro cane, che si ammala spesso e va portato periodicamente dal veterinario», è stata la risposta di «Madame Secretary».Il secondo episodio è avvenuto pochi giorni fa nella Repubblica democratica del Congo. Qui un ragazzo ha chiesto all?ex First Lady, attraverso una traduttrice, che cosa pensasse Bill Clinton degli accordi con la Cina bocciati dalla Banca mondiale. Piccata, Hillary Clinton ha risposto: «Un momento, Lei vuole sapere da me che opinione ha mio marito? Beh, io le dico che non sono la sua portavoce, il segretario di Stato sono io, non lui». Mai la figura di Bill le deve essere apparsa così ingombrante.