Incontri

I vini della cantina Lodali e la cucina del MoAn

L'eccellenza si ottiene rispettando le caratteristiche del territorio
Tarcisio Bullo
Tarcisio Bullo
31.03.2022 10:32

Si dice Treiso e il pensiero corre subito al Barbaresco e alle dolci colline delle Langhe. Oppure a Beppe Fenoglio, che lì ambientò più d’un suo romanzo e in particolare “Una questione privata”.

Una delle più antiche cantine di Treiso è l’azienda vinicola Lodali, fondata nel 1939. A Bellinzona, proprio sotto Castelgrande, in via Orico, una nuova realtà dell’enogastronomia della Capitale, il ristorante MoAn aperto coraggiosamente in piena pandemia (o quasi…) ci ha permesso di incontrare Walter Lodali, titolare dell’azienda fondata da suo nonno Giovanni e dal papà Lorenzo, e di entrare in contatto con la sua filosofia.

Ma prima diciamo due parole sul MoAn, che è ristorante e al tempo stesso enoteca e winebar e si prefigge di diventare punto d’incontro tra il mangiar bene e il bere meglio, richiamando gli appassionati del vino e della gastronomia con una serie di appuntamenti che permetteranno di scoprire nuovi sapori, colori e profumi.
Il MoAn, una trentina di coperti in sala, più giardino e locale enoteca con tavoli che consentono agli ospiti di sedersi comodamente e abbinare buon cibo e a vini eleganti e sorprendenti, nasce dalla passione di Monica Jean-Richard Albertoni e Andrea Bianchi, coppia nella vita e grandi appassionati di enogastronomia. Per realizzare il loro sogno, Monica e Andrea hanno puntato su un giovane chef, Salvo Sanfilippo, un trentenne nato a Bergamo da genitori siciliani e da ormai alcuni anni attivo in Svizzera. Vanta una formazione presso il celebre ristorante pluristellato “Da Vittorio” gestito dai fratelli Cerea a Bergamo e parecchie esperienze in giro per il mondo che ne hanno arricchito il curriculum.

Il team del MoAn con, al centro, Monica Jean-Richard Albertoni, Walter Lodali e lo chef Salvo Sanfilippo. ©Comclaris
Il team del MoAn con, al centro, Monica Jean-Richard Albertoni, Walter Lodali e lo chef Salvo Sanfilippo. ©Comclaris

La ricerca accurata dei prodotti del territorio e la loro valorizzazione attraverso una cucina che rivela le tre anime dello chef (quella siciliana della terra d’origine, quella bergamasca nella quale è cresciuto e quella ticinese sua terra adottiva) sono la premessa per l’ottenimento di piatti che appagano sia la vista, sia il palato.

Torniamo ai vini e alla cantina Lodali. Walter Lodali, 44 anni, diplomatosi alla Scuola enologica di Alba, gestisce – col sostegno fondamentale di mamma Rita – le vigne che arredano le pendici delle stupende colline di proprietà della famiglia e si affacciano tra Treiso e Roddi. Viti di Nebbiolo, in primis, ma anche di Chardonnay, Barbera e Dolcetto.
“La vite e l'ambiente sono il motore di tutto: senza la massima attenzione ed il rispetto per le radici in particolare e poi anche per rami, foglie e grappoli non si può avere un'uva che contenga la magia del grande vino” racconta Lodali, aggiungendo: “In cantina abbiamo rinnovato tutto utilizzando le tecnologie più avanzate, ma soprattutto semplificando al massimo: il buon vino nasce dall'uva migliore, nella trasformazione bisogna poi solo essere delicati e precisi cercando di rispettare il più possibile le caratteristiche del territorio. Insomma: poco uomo e tanta natura”.


La sua azienda si è continuamente evoluta e recentemente ha sentito la necessità di rinnovare anche la propria immagine. Ne è nato un nuovo logo, nel segno della continuità, perché racconta Walter, “non potevamo buttare via 80 della nostra storia”. Fatta, aggiungiamo noi, di vini di qualità, e di tanto amore verso il papà Lorenzo, prematuramente scomparso quando Walter era un bambino, e al quale è stata dedicata una linea di vini eleganti e in grado di esprimere grande finezza, che si chiama “Lorens”, il nome del papà in dialetto locale. Per le etichette di questa linea, dice Walter, “non solo è stata ridisegnata la cornice di una vecchia etichetta di Barbaresco, ma per il nome è stata ricreata, dallo studio di un tema scolastico del 1950, la calligrafia di mio papà”.