Lugano-Roma, solo andata: e se un Berlusconi tornasse in politica?

Carlo, carissimo, è l'ultima puntata dell'anno e ti chiedo subito: hai già fatto i regali di Natale? Sei a posto?
«Ciao Marcello, no: sono in ritardo con tutto e sarà un ritardo non recuperabile. Tra l'altro, per queste vacanze mi sono imposto, o meglio spero di riuscire a impormi, un limite non di spesa ma di cibo. Vorrei mangiare poco, più che altro».
Evitare le grandi abbuffate, quindi... Senti, però io ti chiedo: che regalo si merita questo governo, in Italia, soprattutto in rapporto proprio alle abbuffate o, se vogliamo, alla spesa che i cittadini possono permettersi per i regali? Come sta, insomma, l'Italia che arriva alla fine di questo 2025?
«Il governo può essere felice, perché un altro anno è passato ed è ancora al governo. Ormai manca poco alle elezioni, nulla di rilevante è accaduto fra le opposizioni e, quindi, è lecito sperare dalle parti del governo di prolungare questo mandato, bissandolo nel 2027. Agli italiani si lascia tanta confusione, una narrazione, termine terribile lo so, che funziona. Ancora oggi Meloni è vista come una presidente o un presidente nuovo, che condivide le responsabilità di altri misteriosi presidenti del passato, non meglio precisati, un po' tutti insieme affastellati, che hanno impedito evidentemente a questo governo di far decollare il Paese. In realtà, il tempo che passa pian piano, inevitabilmente, rivelerà la vera capacità di questo governo. E come si è visto in questa legge di bilancio, che verrà approvata nei prossimi giorni, quando saremo a smaltire le pesantezze di Natale, la maggioranza non è per nulla coesa, ha vedute diverse e poche risorse. La narrazione, ripeto un termine terribile, che il governo utilizza per le faccende di politica estera, è effimera. Il governo, alla fine, è costretto ad accodarsi agli altri governi. Non c'è una politica estera originale e, soprattutto, l'abbiamo detto tante volte sentendoci anche tra di noi, il governo non è rilevante in Europa e non è rilevante nel mondo, perché va al seguito degli Stati Uniti. E alla lunga tutto questo, l'incapacità di avere un orizzonte comune tra i partiti di maggioranza, non che l'opposizione ne abbia, l'incapacità di avere una politica estera efficace, l'incapacità di costruire un rapporto da protagonista assieme agli altri membri dell'Unione Europea di pari caratura dell'Italia, avrà un effetto: la popolarità del governo di Giorgia Meloni pagherà dazio. Ci sarà qualcuno a raccogliere questo consenso in uscita? Al momento, pare non esserci nessuno. Se dovessimo dare un voto al governo e a Meloni, darei un voto politico di ampia sufficienza e un voto governativo di ampia insufficienza».
Prima di chiederti il voto dell'opposizione, ti domando: ma è vero che ci sono tre Italie? Cioè, c'è l'Italia di Giorgia Meloni che, in politica estera, è apertamente schierata con Trump, c'è l'Italia di Tajani che, fondamentalmente, è vicina all'Unione Europea, e poi c'è l'Italia di Salvini che, più o meno, flirta con Putin. È una lettura giusta?
«È una lettura giusta ma sproporzionata, nel senso che Tajani non è così incisivo per le scelte del Partito Popolare Europeo o della Commissione Europea. La stessa cosa vale per Meloni con Trump e per la sintonia su determinati temi fra Russia e Lega. Bisogna dare la giusta dimensione alle cose e ai protagonisti delle cose. E sui giornali, nei giorni scorsi, si è ripetuto un fatto, un'annotazione storica, cioè si è discusso molto di beni russi congelati, beni che sono investiti in Europa per oltre 200 miliardi. Ebbene, l'iniziativa presa dal G7 di congelare i beni russi, a suo tempo, è stata un'iniziativa italiana dell'allora presidente del Consiglio Mario Draghi. Una cosa giusta, sbagliata, coraggiosa oppure no, lasciamo agli altri il giudizio, ma senz'altro è un fatto, un fatto che ha portato in quella circostanza un presidente italiano ad assumere un ruolo di guida di un consesso così prestigioso come il G7. Ecco, a oggi non mi sembra che si possa annoverare una sola iniziativa della Russia influenzata da Salvini o viceversa, un'iniziativa di Tajani presso l'Unione Europea che ha influenzato l'Unione Europea o viceversa, ancora un'iniziativa di Meloni che è risultata determinante in Europa. Siamo piccoli, siamo deboli come Paese perché non abbiamo un ancoraggio, forte, con e dentro l'Unione Europea. Non occupiamo quel posto che l'Italia merita o meriterebbe di occupare in Europa. Perché, per essere un grande Paese, l'Italia deve essere un grande Paese dell'Unione Europea, quindi deve essere un promotore di una grande Europa. Non è possibile che ci sia oggi un'Italia amica degli Stati Uniti, soprattutto in questo frangente con Trump, e scarsamente amica di Parigi o Berlino».
Torniamo all'opposizione: sai che io ho studiato nello stesso liceo di Elly Schlein, quindi da luganese voglio sapere se la luganese Elly Schlein si è comportata bene, si è comportata male, se a Natale riceverà carbone o se riceverà un bel regalo.
«Anche qui dipende dal metro di giudizio. Il PD ha vinto le elezioni che doveva vincere, ha perso le elezioni che poteva perdere, ha guadagnato qualche punto, altri li ha smarriti. Un partito sostanzialmente fermo, arroccato. Ed è strano a dirsi per una nostra coetanea, no? Qual è l'orizzonte, anche qui, di Elly Schlein? Governare o aspettare che qualcuno davanti a lei si faccia da parte e potere poi governare per inerzia? Cioè, Elly Schlein sta puntando alle elezioni del 2027 o alle elezioni del 2032? Se stesse puntando alle elezioni del 2027, beh, sta sbagliando mira, perché con questa composizione del centrosinistra e senza ancora un accordo su un programma e anche sul leader che guida la coalizione, la sconfitta è scontata. Quello che il 2026 dovrebbe chiedere e portare a Elly Schlein è un tavolo attorno al quale sedersi assieme a Conte, a Fratoianni, Bonelli e tutti gli altri più o meno rappresentanti del mondo variegato del centrosinistra. Sedersi attorno a quel tavolo, chiudersi per giorni, settimane, il tempo sufficiente, partorire un programma e sfornare un leader, uomo o donna che sia, giovane o anziana che sia, capace di guidare questa coalizione ed essere riconosciuto da tutti. Se Elly Schlein si facesse promotrice di questa iniziativa, sarebbe certamente promossa a pieni voti nel 2026. Per quanto riguarda il 2025, parliamo di un'insufficienza».
Posso farti una domanda? Perché, dalla Svizzera, sembra sempre così complicata la politica italiana? Al di là delle divisioni, delle lotte intestine, di quello che succede anche da noi, fondamentalmente la Svizzera è la terra del compromesso: le varie forze politiche in campo, sia a livello federale sia a livello cantonale e poi comunale, più o meno riescono a dialogare, trovando sempre a trovare una soluzione che faccia il bene del Paese e di tutti. Come mai è così difficile avere questo modello anche altrove?
«Mah, perché in Italia abbiamo vissuto una prima Repubblica con un finto maggioritario, quello della Democrazia Cristiana. La Democrazia Cristiana era tutto quello che non era il Partito Comunista. Andava da sinistra a destra, passando per un larghissimo centro. Quando la Prima Repubblica è finita, la Seconda Repubblica ha cercato in qualche suo frangente di portare alla luce un nuovo partito egemone. Ci ha provato Berlusconi con il Popolo della Libertà e con la Casa delle Libertà, ci ha provato il centrosinistra con il Partito Democratico e tutto questo è miseramente fallito. Cosa è rimasto della Seconda Repubblica? Un lascito storico di Silvio Berlusconi. Il perimetro del centrodestra è molto chiaro: Forza Italia, Lega, Fratelli d'Italia. Poi qualcuno si scambia di posto e anche di posto sul podio tra primo, secondo e terzo, un piccolo cespuglio di centro e un leader che viene incoronato in base alla pettorina con la quale arriva al traguardo: numero uno, numero due, numero tre. Ha vinto Meloni e Meloni ha guidato la coalizione. Questo non è parimenti semplice nel campo del centrosinistra, non c'è una formula e il compromesso è proprio quello che dovrebbero trovare fra di loro Schlein e Conte per le loro ambizioni e per la sopravvivenza degli stessi partiti che oggi, pro tempore, rappresentano, perché chiaramente i partiti dovrebbero sopravvivere ai loro leader. Qui, con i partiti personali, si rischia che i partiti si estinguano assieme ai loro leader, politicamente parlando».
Chiudo con una vicenda che è sì gossip, ma mi permette di farti la domanda delle domande. La questione è il caso Signorini, con le rivelazioni di Corona, ma il non detto di tutta questa vicenda è che Piersilvio Berlusconi sta seriamente pensando di scendere in campo. Avremo di nuovo un Berlusconi in politica?
«Non è facile dare una risposta affermativa o negativa, perché resta una possibilità. Una possibilità non più osteggiata come in passato. In passato, si sarebbe detto: ma perché il giovane Berlusconi, il figlio di Silvio Berlusconi, vuole scendere in politica? Per difendere i suoi interessi? Perché il governo non l'accontenta? Non ci facciamo neanche più queste domande. E questo è un altro lascito di Silvio Berlusconi, che ci fa sembrare come un saldo appiglio verso la tradizione, il compromesso e l'equilibrio nazionale, il figlio di colui che incarnava il conflitto di interessi. Per quanto riguarda Corona e tutto il resto, il mio auspicio per il 2026, auspicio che faccio a me stesso e un po' a tutti quanti, se mi permettete, è quello di impegnare e impiegare meglio il tempo a disposizione. Cioè di evitare di cianciare e disquisire di Signorini, Corona, gossip, gialli, cold case, di leggere meglio e magari di più, di mangiare di meno e meglio, di muoversi di meno e meglio, di viaggiare, di fare quelle cose belle e di ignorare, ecco, questo è il verbo esatto, tutte queste astrusità e tutte queste mostruosità che, spesso, ci vengono vomitate addosso dai social e anche da coloro che poi incontriamo e che, a loro volta, ci rimandano a quello che hanno scoperto sui social. Facciamo una vita un po' più eremitica, da questo punto di vista. Io mi sono dato appunto questa impostazione di evitare le cose che non mi interessano, pur mantenendo un'ampia gamma di cose che mi interessano. Qual è il tuo auspicio invece per il 2026?».
No, io più che un auspicio volevo farti ancora un'altra domanda: se ci incontriamo fra un anno, in una puntata del podcast di fine 2026, avresti più piacere se mi parlassi delle Olimpiadi di Milano-Cortina che alla fine, nonostante tutto, sono riuscite o che l'Italia ha affrontato la Svizzera ai Mondiali di calcio? Che cosa vorresti, sportivamente parlando?
«Bellissima domanda. Da italiano che tiene al decoro della sua nazione, ti direi: vorrei tanto che le Olimpiadi fossero perfette, inappuntabili e ammirate da tutto il mondo in diretta televisiva».
Ma già sappiamo che non sarà così...
«È possibile, non lo so... Ma da italiano di un certo tipo, poi specifica tu di quale tipo, io nel 2026 vorrei guardarmi le partite dei Mondiali con una Peroni bella ghiacciata».
Con frittatona di cipolle e rutto libero...
«Esattamente».

