Lugano

A Cureggia attori famosi, bestie feroci e 14.000 naturalizzati

Il progetto delle mappe di comunità fa tappa nel quartiere affacciato sulla città
La festa di San Gottardo negli anni '40-'50. © Lia Cassina
Giuliano Gasperi
04.06.2025 06:00

È piccola e un po’ fuori mano, ma non certo avara di storie, Cureggia. La sua mappa di comunità, fresca di pubblicazione sul sito di Lugano Cultura, offre spunti provenienti da ogni dove. Prima di scoprirli, però, dobbiamo percorrere virtualmente la strada che sale verso il quartiere. Fu inaugurata nel 1955: prima c’era solo il sentiero. Il sindaco di allora, Arturo Bottinelli, non volle farla proseguire verso Brè, perché temeva che avrebbe creato troppo traffico. Non immaginava che avere un secondo collegamento con Lugano sarebbe stato prezioso il 28 maggio del 2002, quando in seguito a forti piogge crollò un ponte e il villaggio rimase tagliato fuori dal mondo. L’isolamento durò una decina di giorni, finché fu posato un ponte militare provvisorio. Giorni ancora vivi nella memoria degli abitanti, che ricordano il «ritorno» sui vecchi sentieri e il senso di comunità che si respirava in quella situazione difficile. Oggi Cureggia conta circa centottanta anime, ma a stupire è un altro dato demografico: il numero di attinenti, che si aggira sui quattordicimila. Lo strano fenomeno, come si può leggere sulla mappa, deriva dalle numerose naturalizzazioni concesse tra la fine della Prima guerra mondiale e gli anni Quaranta, quando molti boscaioli e manovali italiani fuggirono dal fascismo attraversando il confine sui versanti del monte Boglia. Un’altra causa la si può ricercare nel fatto che le naturalizzazioni rappresentavano un’entrata importante per Cureggia, dal momento che i Comuni riscuotevano una tassa per sbrigare l’iter. A proposito di abitanti: i locali sono soprannominati i Capinatt, che loro stessi attribuiscono alla pratica di utilizzare i capín, i ganci, per scivolare lungo il filo a sbalzo utilizzato un tempo per trasportare la legna tagliata. Chissà se ha mai usato un capín Karlheinz Böhm, attore austriaco morto nel 2014 e famoso per aver interpretato l’imperatore Francesco Giuseppe nella trilogia dedicata all’imperatrice Sissi con Romy Schneider. Per alcuni anni ha abitato a Cureggia, che chiamava il suo «piccolo paradiso». Le vetrate della chiesa di San Gottardo sono state offerte da lui. Era un residente famoso, anche se per tutt’altri motivi, anche Dionigi Ortelli, domatore di bestie feroci che a Cureggia aveva allestito alcune gabbie con pantere e leoni. Ecco perché parlavamo di spunti provenienti da ogni dove.

I partecipanti alla Staffetta polisportiva non venivano, per fortuna loro, da lontano: la corsa in bici e a piedi iniziava a Pregassona, toccava Viganello, Cadro e Davesco-Soragno e finiva a Cureggia. Si è disputata dal 1990 al 2002, l’anno del ponte crollato. Un’altra manifestazione di richiamo era la Festa di San Gottardo, che si tiene tuttora ogni prima domenica di maggio. Il giorno dopo si festeggiava invece il San Gotardín, un evento frequentato soprattutto da uomini che terminava con un grande pranzo. Dai ricordi degli abitanti riaffiorano le bancarelle piene di dolci, giocattoli e altri articoli, così come l’usanza di andare a raccogliere i cücch, i narcisi. Era un’occasione speciale. Lo testimonia il fatto che la Ferrovia Lugano-Cadro-Dino, cent’anni fa, come scrivevano gli allora colleghi del Corriere del Ticino, effettuava «corse speciali a prezzo ridotto, con servizio intenso dalle 4.30 alle 10 del mattino», mentre la Funicolare del Monte Brè organizzava «un servizio straordinario ogni qualvolta il numero degli ascendenti o dei discendenti» fosse «tale da giustificare la corsa». Si mobilitavano anche i comuni cittadini, chiaramente. Pierino Cassina, ad esempio, metteva a disposizione lo spazio fuori da casa sua e vi allestiva una piccola mescita. L’idea funzionò, e Cassina nel 1967 aprì un grotto che esiste tuttora.

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