Processo

«A volte non sono nemmeno stata interpellata»

Decessi in casa anziani a Sementina: la direttrice sanitaria respinge ogni accusa – «I miei referenti erano i medici di famiglia, non avevo accesso alle cartelle cliniche» – Negano ogni addebito anche gli altri due imputati
©Gabriele Putzu
Alan Del Don
23.11.2022 10:46

«Le accuse non sono basate sui fatti, sugli eventi e sull'attività svolta nella struttura». Respingono ogni addebito il direttore amministrativo, la direttrice sanitaria e l'ex capocure della casa anziani di Sementina che da oggi compaiono di fronte alla Pretura penale di Bellinzona presieduta dalla giudice Elettra Orsetta Bernasconi Matti. Secondo il procuratore generale Andrea Pagani e la collega Pamela Pedretti gli imputati non hanno rispettato alcune direttive cantonali e federali per arginare la diffusione del coronavirus. La fattispecie è quella dei 21 decessi avvenuti all'istituto di proprietà della Città durante la fase più acuta della pandemia.

La prima a prendere la parola è stata la direttrice sanitaria, attiva anche nel vicino centro Somen, la cui posizione secondo il decreto d'accusa è la più grave. «È stato un periodo di estremo lavoro, quello della pandemia. Mi spostavo da una sede all'altra: al Somen ero il medico curante ed ero impiegata per 40 ore alla settimana, quindi al 100%. Invece in casa anziani ero occupata per due ore a settimana. Avevo una stretta collaborazione con i medici di famiglia che erano i primi referenti», ha affermato la 47.enne. La quale ha poi specificato che le direttive ricevute dai medici di famiglia «erano identiche alle mie. La casa anziani non è un ospedale. Ci sono attività e prese di posizione infermieristiche specifiche. Inoltre, mi lasci aggiungere, che in virtù delle informazioni dello Stato maggiore cantonale di condotta e di quelle dell'Associazione dei direttori delle case per anziani della Svizzera italiana abbiamo fatto il possibile in modo che le quattro strutture comunali avessero il materiale necessario per far fronte alla crisi».

L'imputata sta facendo delle osservazioni sui singoli casi che gli vengono rimproverati: «Non avevo accesso alle cartelle cliniche dei medici curanti, ma mi sono basata sui decorsi infermieristici. Io sono subentrata quindi solo in seconda battuta e a volte non sono nemmeno stata interpellata».

Il dibattimento era iniziato con la richiesta del procuratore generale Andrea Pagani di acquisire agli atti una chiavetta USB con dei brevi filmati di una conferenza stampa del Consiglio di Stato sulla pandemia, in risposta alle eccezioni sollevate nel febbraio 2022 dalle difese sulla potenziale non competenza del medico cantonale Giorgio Merlani. Ciò per ribadire che quest'ultimo, invece, aveva ottenuto una delega da parte dello stesso Governo per potersi esprimere con cognizione di causa sull'emergenza sanitaria. L'accusa, a questo proposito, ha altresì auspicato di prendere atto di una risoluzione dell'Esecutivo dello scorso 18 novembre in cui dichiara di aver avallato tutti i provvedimenti emanati dall'Ufficio del medico cantonale per arginare la diffusione del coronavirus. 

Le difese si erano opposte al documento digitale, affermando che «la competenza o no non può essere provata attraverso questa modalità. Far dire al filmato ciò che la presidente della Pretura penale non ha consentito che avvenisse non si può fare», ha osservato l'avvocato Edy Salmina. Ha rincarato la dose il collega Luigi Mattei, secondo cui la ratifica del Governo sul medico cantonale doveva «avvenire nel 2020 e non ora». La giudice deve ancora decidere se accogliere o meno la richiesta del procuratore generale.