Cinema

Amy, la luce del talento e l'ombra dell'esistenza

La vita della cantautrice inglese, scomparsa nel 2011 all'età di soli 27 anni, in un «biopic» commovente, ottimamente diretto da Sam Taylor-Johnson e ben interpretato da Marisa Abela
© Focus Features
Antonio Mariotti
04.05.2024 06:00

Finalmente un biopic musicale che non si limita a tessere le lodi postume di un protagonista della scena artistica recente, cancellandone i difetti e le contraddizioni per puntare unicamente sul fascino immutato delle sue canzoni e delle sue interpretazioni. Se il più recente esempio in questo campo è stato l’insignificante Bob Marley: One Love diretto da Reinaldo Marcus Green, questo Back to Black, dedicato alla breve quanto intensa vita della cantautrice inglese Amy Winehouse è tutt’altra cosa. Il film diretto dalla regista Sam Taylor-Johnson (già autrice nel 2009 del tenero Nowhere Boy sull’infanzia di John Lennon) costituisce una perla rara da non perdere, non solo per i tanti fan dell’artista scomparsa nel 2011.

Scelte ben calibrate

Quali i motivi principali di questo confortante risultato, che interrompe finalmente una «serie nera» per questo genere di pellicole? Prima di tutto la scelta di una cineasta che, al di là di qualche clamoroso sbandamento (vedi il terribile 50 sfumature di grigio del 2015) ha già dimostrato di possedere una particolare sensibilità nell’affrontare le vicende di personaggi che oggi sono dei veri e propri miti. Come già in Nowhere Boy, anche stavolta Sam Taylor-Johnson è affiancata dallo sceneggiatore Matt Greenhalgh, vero e proprio specialista del ramo, visto che ha scritto anche un film su Ian Curtis, frontman dei Joy Division. Una base solida, quindi, ulteriormente rafforzata dalla scelta (non facile) della protagonista: la 27.enne Marisa Abela è un talento emergente di cui sentiremo ancora parlare ma, soprattutto, in Back to Black interpreta personalmente quasi tutti i brani della Winehouse con una voce che ha ben poco da invidiare all’originale. Questo atout permette al film una grande libertà narrativa, sottraendolo alla necessità di far capo a registrazioni già esistenti e al conseguente uso del playback. La Amy di Marisa Abela canta sdraiata sul letto della sua camera imbracciando la chitarra, sotto la doccia o improvvisa sul palco del londinese Ronnie Scott’s con un gruppo di musicisti jazz. Tutti momenti non documentati, ma perfettamente plausibili nella vita della cantante. Ciò non significa che in Back to Black non si ascoltino i maggiori successi di Amy, ma uno dei maggiori pregi del film è quello di farne l’illustrazione sonora e poetica delle varie fasi della tribolata esistenza della loro autrice. «Voglio essere ricordata per la mia voce, per i concerti, per essere stata me stessa» recita la voce off della protagonista all’inizio e alla fine del film. Le due ore che intercorrono tra questi momenti servono principalmente a dimostrare la validità dell’equazione «musica = vita» che nel caso della Winehouse è lampante ma vale di certo anche per molti altri musicisti che si meriterebbero un biopic di questo genere.

Autentica e anticonformista

Il personaggio interpretato da Marisa Abela non commuove però solo grazie alle canzoni. La totale autenticità di Amy, il suo anticonformismo, la sua grande forza creativa controbilanciata da un’estrema fragilità affettiva ne fanno una figura toccante e sincera, alla quale lo spettatore difficilmente non può non affezionarsi. Equilibrati e tutti ben interpretati anche i personaggi di contorno: dal padre passivo ed affettuoso di Eddie Marsan alla nonna modello di vita e d’arte di Lesley Manville fino al bieco ed approfittatore amante-marito di Jack O’Connell.