Ticino

Bloccanti della pubertà, «moratoria inappropriata»

Il Consiglio di Stato ha risposto all’interrogazione del Centro che chiedeva una limitazione nell’utilizzo dei farmaci per trattare la disforia di genere: «La decisione spetta al medico» - Numeri in aumento: 20 interventi di transizione nel 2023
©MELANIE DUCHENE
Martina Salvini
07.06.2025 06:00

Intervenire con una moratoria sull’uso dei bloccanti della pubertà nei minori è «inappropriato». Così, in estrema sintesi, si è espresso il Consiglio di Stato rispondendo all’interrogazione del Centro (primi firmatari Fiorenzo Dadò e Giuseppe Cotti) che chiedeva di limitarne l’utilizzo sui giovani. Pur riconoscendo che «l’utilizzo dei bloccanti della pubertà debba essere valutato con rigore e basato sulle evidenze scientifiche più aggiornate», l’Esecutivo ritiene che «la decisione rientra nelle competenze del medico curante».

Il tema, ricorda nella sua risposta il Governo, «affronta il delicato equilibrio tra la tutela della salute dei minori e il rispetto del diritto fondamentale all’autodeterminazione in materia di identità di genere». Un diritto, quest’ultimo, non solo protetto dalla Costituzione, ma anche dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e pure dal Codice civile. Di conseguenza, «ogni eventuale limitazione di tale diritto fondamentale richiede una base giuridica solida e un’attenta valutazione in termini di proporzionalità». Dal punto di vista clinico, però, non mancano i dubbi. Da un lato, viene spiegato infatti che i bloccanti della pubertà nel trattamento della disforia di genere (ossia il malessere avvertito da chi che non si riconosce nel proprio sesso di nascita) rappresentano «un intervento temporaneo volto a sospendere lo sviluppo dei segni sessuali secondari, offrendo così un periodo di approfondita valutazione multidisciplinare prima di procedere con eventuali interventi chirurgici irreversibili». E, di riflesso, «i benefici potenziali includono la riduzione della suicidalità in età adulta, un miglioramento del benessere psicologico e della vita sociale, oltre a offrire ai giovani più tempo per esplorare la loro identità di genere senza la tensione». D’altro canto, vi sono però anche «preoccupazioni significative riguardo ai rischi e agli effetti collaterali». Non a caso, scrive il Governo, «l’evidenza scientifica attualmente disponibile in merito alla sicurezza e all’efficacia dei trattamenti per il blocco della pubertà risulta ancora limitata e non consolidata». Interessante, però, è anche notare l’evoluzione dei casi negli ultimi anni. A livello nazionale, gli interventi chirurgici effettuati nel 2023 nel campo delle transizioni di genere sono stati 556, di cui 385 relativi a interventi nell’ambito della transizione dal sesso femminile a quello maschile. I pazienti ticinesi sono stati 20, 13 dei quali «con interventi di riassegnazione sessuale dal femminile al maschile». I numeri sono comunque in crescita: un solo caso nel 2018, 7 nel 2019, 6 nel 2020, 9 nel 2021, 18 nel 2022 e 20 nel 2023. Per quanto riguarda i minorenni, «le statistiche non riportano casi di pazienti ticinesi prima del 2023». Due anni fa, però, i pazienti sottoposti a interventi di riassegnazione sessuale sono stati tre. Per quanto riguarda invece la somministrazione dei bloccanti della pubertà, il Governo fa sapere che non esistono statistiche. Ciononostante, assicura, «viene garantito il monitoraggio attraverso la prassi clinica consolidata e la vigilanza a livello federale».

Rispondendo alle preoccupazioni dei deputati del Centro, l’Esecutivo ribadisce che l’utilizzo dei bloccanti della pubertà dovrebbe essere valutato «con rigore» e basandosi «sulle evidenze scientifiche più aggiornate». Ma anche che i protocolli adottati «garantiscono che ogni intervento sia preceduto da un’analisi approfondita del singolo caso, in linea con le prassi cliniche nazionali ed internazionali e con il parere espresso dal Consiglio federale». Di conseguenza, l’introduzione di una moratoria - sia sull’utilizzo dei bloccanti della pubertà, sia sugli interventi chirurgici di transizione sui pazienti minorenni - non si giustifica: «Eventuali decisioni in merito a restrizioni o moratorie devono essere valutate semmai a livello federale, lasciando al Cantone il compito di vigilare sull’operato dei professionisti sanitari».