Ecco che cosa ha causato la massiccia moria di pinguini al largo delle coste del Sudafrica

Migliaia di pinguini africani morti in meno di un decennio. È quanto successo al largo delle coste sudafricane. Una situazione, quella di questo animale, delicatissima, tanto che lo stato di conservazione della specie a livello mondiale recita «critico». Ora uno studio, di cui dà notizia il Washington Post, potrebbe aver fatto chiarezza sulla causa dei decessi. Alla base di tutto ci sarebbe la mancanza di cibo.
Le scoperte di un team di ricercatori del Governo sudafricano, dell'Università di Exeter e di altre università si aggiungono alla crescente mole di prove su una minaccia centrale alla sopravvivenza dei pinguini africani.
Gli scienziati si sono concentrati sulle isole Dassen e Robben dove le popolazioni di questo piccolo uccello sono state decimate tra il 2004 e il 2011. In questo periodo, infatti, la riserva di sardine da cui dipendono è diminuita drasticamente. Il risultato? Una perdita stimata di 62.000 individui.
Oggi sono rimaste meno di 10.000 coppie riproduttive di pinguini africani, in calo rispetto alle 141.000 stimate nel 1956 e ai milioni potenziali della fine del XIX secolo. Questi uccelli sono l'unica specie di pinguino originaria del Sudafrica e vivono principalmente su piccole isole al largo delle coste del Paese e della vicina Namibia.
Una miriade di fattori ha alimentato il loro rapido declino, tra cui la raccolta del guano, che i pinguini storicamente utilizzavano per sviluppare nidi adatti. Ma pochi pericoli incombono quanto la scarsità di sardine e acciughe di cui si nutrono, le cui scorte sono soggette agli impatti sia del cambiamento climatico, sia della pesca commerciale.
Ogni anno, i pinguini africani subiscono la muta, che comporta la perdita e la sostituzione delle piume usurate dalle intemperie. Durante questo processo, gli uccelli devono rimanere sulla terraferma e non possono cacciare. Per questa ragione, nelle settimane precedenti la muta, accumulano grasso da utilizzare come riserva durante il periodo di digiuno imposto dal cambiamento del piumaggio. Se però nel periodo precedente o immediatamente successivo il cambiamento del piumaggio il cibo scarseggia, la sopravvivenza dei pinguini è minata. Ora, negli anni presi in analisi dallo studio si è osservata appunto una marcata diminuzione nella disponibilità di cibo.
«Dalla nostra ricerca emerge chiaramente che la sopravvivenza degli adulti, soprattutto durante la cruciale muta annuale, è strettamente correlata alla disponibilità di prede», spiega Richard Sherley, coautore dello studio nonché biologo della conservazione all'Università di Exeter.
Secondo il coautore Azwianewi Makhado, del Dipartimento per le foreste, la pesca e l'ambiente del Sudafrica, i siti studiati dai ricercatori rappresentano «due delle colonie riproduttive più importanti della storia».
Ma, aggiungono gli studiosi, le perdite non si limitano a quelle isole. «Questi cali si riflettono anche altrove», spiega Sherley, osservando che la specie ha subito un calo della popolazione di quasi l'80% negli ultimi tre decenni.
L'approfondimento della ricerca sulla disponibilità di cibo per i pinguini africani sta contribuendo a orientare gli sforzi di gestione e conservazione attorno a un problema che è al centro dell'attenzione da decenni. Negli ultimi anni, il Governo sudafricano ha imposto restrizioni di pesca «provvisorie», dichiarando alcune aree attorno alle principali colonie di pinguini chiuse alla pesca commerciale di acciughe e sardine. E quest'anno, un accordo tra gruppi ambientalisti e l'industria della pesca ha portato un'alta corte del Sudafrica a vietare la pesca commerciale per il prossimo decennio in prossimità di una mezza dozzina di siti essenziali per la riproduzione delle colonie di pinguini africani. Le zone in cui la pesca commerciale è vietata comprendono le aree di riproduzione di Dassen Island, Robben Island, Stony Point, Dyer Island, St. Croix Island e Bird Island.
Gli autori dello studio sperano che le nuove restrizioni contribuiscano a rallentare la perdita di pinguini africani. «Tuttavia», scrivono, «di fronte al continuo impatto del cambiamento climatico sull'abbondanza e la distribuzione delle loro prede principali, è probabile che siano necessari altri interventi».
