La curiosità

«Ecco le mie ultime scoperte da “cacciatore” di minerali, anche radioattivi»

Fabio Girlanda, nel tempo libero, esplora il territorio che lo circonda portando alla luce i «tesori» delle rocce - «Il mio ritrovamento di althupite nelle Centovalli è il secondo al mondo, dopo quello nella Repubblica democratica del Congo»
Fabio Girlanda con la collezione di campioni di pietre e cristalli, tutti delle «sue» Centovalli. © Ti-Press/Pablo Gianinazzi
Jona Mantovan
14.06.2025 06:00

Una conferenza, venerdì sera a Viganello, e una pubblicazione scientifica in vista. Sono questi i traguardi appena raggiunti da Fabio Girlanda, impiegato per la Protezione civile ma, nel tempo libero, «cacciatore» di minerali nel territorio che lo circonda, le Centovalli. Ed è proprio in una zona discosta a Intragna che ha fatto una scoperta sorprendente: l’althupite. Alle persone comuni suonerà soltanto come un nome curioso. Si tratta, tuttavia, del primo ritrovamento di questo materiale radioattivo in Svizzera «e il secondo a livello mondiale, dopo quello in Africa, nella regione di Kobokobo, Repubblica democratica del Congo», precisa il 56.enne, che da tre decenni sonda il terreno a caccia di questi particolari tesori. «Non sono poi tanto preziosi. Anche se mi è capitato, grazie alle conoscenze acquisite ai tempi, durante un apprendistato di orefice e gioielliere, di realizzare oggetti lavorando pietre di vario tipo e colore, perché le trovo comunque molto belle».

Quella macchiolina gialla

Se al livello della comunità di esperti la divulgazione della notizia è imminente - riportando tutte le analisi svolte dal Museo cantonale di geologia dell’Università di Losanna - il rinvenimento risale a un paio di anni fa: «All’epoca, mi ero imbattuto in un filone di pegmatite, un tipo di roccia, notando la presenza di alcuni puntini neri», racconta il nostro interlocutore. «Sapevo che potevano emettere radiazioni. E così, una volta a casa, li sottoposi al contatore Geiger». Lo strumento tolse ogni dubbio. Ma c’era di più: «Uno di questi minuscoli cristalli presentava una colorazione gialla su una superficie di appena un paio di millimetri».

Girlanda mandò una foto a Nicolas Meisser, dell’ateneo vodese, il quale rispose chiedendo l’invio dei campioni per una serie di approfondimenti. Dopo mesi di misurazioni con ogni sorta di attrezzatura, arrivò il verdetto, con la conferma delle due primizie a livello nazionale, ovvero il ritrovamento di materiali (il secondo è la phurcalite) composti da fosfati di uranio, torio e alluminio «contenenti quantità apprezzabili di terre rare».

«Pericolo praticamente nullo»

Un vortice di nomi che potrebbe intimorire, dato che si sta parlando di componenti di norma abbinati a ben altre applicazioni, di certo difficilmente associabili alle montagne locarnesi. «Sicuro, hanno una certa attività nucleare. Non rappresentano però un vero e proprio rischio per le persone. Già da dieci centimetri di distanza non hanno più alcun influsso», ribadisce il conoscitore. «È ovvio che tenerli in mano a lungo non è consigliabile. Stesso discorso per il Crisotilo, che non emette raggi pericolosi, ma i cui microframmenti tossici possono creare gravi danni al corpo, se inalati, e in particolare provocare un tumore ai polmoni».

Il radon? «Ben più mortale»

Da un raccoglitore estrae un foglio con una riproduzione di un sasso con striature dorate. «È conosciuto come “amianto di serpentino” e lo si trova in vari punti qui nelle vicinanze. In passato, era la base di partenza per fabbricare l’Eternit, un tipo particolare di fibrocemento bandito dal mondo dell’edilizia nel 1992 poiché ritenuto cancerogeno. Se non lo si strofina e non lo si colpisce, stando bene alla larga da eventuali sue polveri, non si dovrebbe incorrere in problemi di sorta», aggiunge indicando gli affascinanti riflessi metallici sulla fotografia. «Se vogliamo proprio fare un confronto, è ben più mortale il radon. Un gas inerte, inodore e incolore, prodotto dal decadimento del radio e che si accumula nei locali al livello del suolo, come cantine o autorimesse. Ecco, di questo sì che dobbiamo avere paura».

L’affioramento della vallata

Dalla cartella spuntano anche altre novità: dall’«uranopirocloro», sulla parete nord del Monte Gridone, ai cristalli prismatici neri di policrasio/aeschynite fino alla bismutite (dal Pizzo Ruscada), sotto forma di masserelle verdi.

Il «pezzo» più popolare resta sempre lui, che si è guadagnato il nome «Cascata di zirconi». «Scoperto a fine anni Novanta, è esposto al Museo cantonale di storia naturale, ma sarà anche in mostra durante conferenza: silicati del genere sono comuni, ma di solito nettamente inferiori al millimetro. Qui, invece, abbiamo addirittura un trio compatto, con il più grande di loro che misura tre centimetri e mezzo».

La «sua» vallata a questo proposito detiene un ulteriore primato: «vi si trova uno dei dieci affioramenti di zirconi più importanti al mondo e alcuni esemplari sono esposti un po’ ovunque: New York, Beirut, Zurigo. E sì, li ho recuperati tutti io», conclude Girlanda sorridente.