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Garanzie Credit Suisse: «no» definitivo del Nazionale

Inutile il «sì» degli Stati — Le garanzie saranno fornite senza l'avallo del Parlamento
©DENIS BALIBOUSE
Ats
12.04.2023 14:29

(Aggiornato alle 15.08) Il Consiglio nazionale ha definitivamente bocciato oggi i crediti d'impegno di 109 miliardi per l'acquisizione del Credit Suisse da parte di UBS. Inutile il «sì» degli Stati. Malgrado ciò, le garanzie saranno concesse alle due banche.

I due crediti d'impegno - 100 miliardi di franchi erogati dalla Banca nazionale svizzera (BNS) al CS sotto forma di prestito coperto da garanzia federale nonché una garanzia di 9 miliardi della Confederazione a UBS per ridurre i rischi derivanti dall'acquisizione di alcune attività potenzialmente in perdita - erano stati approvati in mattinata dal Consiglio degli Stati.

La Camera dei cantoni stamattina aveva introdotto nel decreto una richiesta al governo di modificare la legge sulle banche per rendere più restrittive le norme sulle banche di rilevanza sistemica. La revisione avrebbe dovuto esaminare alcune condizioni come un aumento sostanziale del capitale proprio e una limitazione dei bonus per i dirigenti delle banche di importanza sistemica. «Si tratta di costruire un ponte con il Nazionale», aveva dichiarato la «senatrice» Johanna Gapany (PLR/FR) a nome della commissione.

La proposta di compromesso non è però stata raccolta dalla Camera del popolo. Il «no» del Consiglio nazionale, giunto dai banchi dell'UDC e dallo schieramento rosso-verde, è da intendersi come un voto di protesta. Democentristi, socialisti ed ecologisti hanno spesso evocato il salvataggio di UBS nel 2008, che a loro dire avrebbe dovuto sfociare in norme «too big to fail» ben più severe di quelle poi adottate.

Insomma, è forse vero che lo scorso 19 marzo non c'erano alternative migliori, ma per UDC, PS e Verdi è la prova che si doveva agire prima. Oggi i consiglieri nazionali hanno in gran parte ripetuto quando detto ieri. «Abbiamo bisogno di banche più piccole e responsabili», ha ad esempio sostenuto Franziska Ryser (Verdi/AG), chiedendo anche di non dimenticare il criterio della sostenibilità.

Il PS, per bocca del suo capogruppo Roger Nordmann (PS/VD), si era detto disposto, contrariamente a ieri, ad accettare i due crediti d'impegno nel caso in cui il Consiglio federale si fosse impegnato a rivedere la legge sulle banche di importanza sistemica allo scopo di aumentare capitale proprio e limitare i bonus. La formulazione prevista dal Consiglio degli Stati - il Consiglio federale «esamina» un aumento del capitale proprio e una limitazione dei bonus - è però ancora insufficiente.

Il governo sta già lavorando in questo senso, come del resto previsto dall'accordo internazionale detto «Basilea 3» che mira proprio ad aumentare il capitale proprio delle banche, ha risposto Karin Keller-Sutter. Per quel che concerne i bonus, il governo sottoporrà al Parlamento un disegno di legge, ha aggiunto la ministra delle finanze, senza però convincere il gruppo socialista.

Aumentare il capitale proprio non risolverà i problemi, farà solo crescere i costi, ha sostenuto Pirmin Schwander (UDC/SZ). Per il democentrista occorre ridurre la dimensione delle banche: «vogliamo che in futuro non esitano più banche troppo grandi per fallire».

PLR, Centro e Verdi liberali hanno da parte loro nuovamente chiesto di concedere le garanzie. Si tratta di evitare di inviare cattivi segnali ai mercati finanziari. Per Peter Schilliger (PLR/LU) le misure adottate dal Parlamento hanno il merito di dare un mandato chiaro al Consiglio federale, ma restano sufficientemente aperte per lasciare al governo un certo margine di manovra.

Il «no» odierno conferma la bocciatura giunta la scorsa notte. Il dossier è dunque definitivamente affossato. Inutile quindi il secondo «sì» del Consiglio degli Stati, che stamattina aveva approvato le garanzie finanziarie della Confederazione con 29 voti contro 5 e 7 astenuti.

Concretamente, in questa sessione straordinaria gli Stati e il Nazionale erano chiamati a trasporre nel diritto ordinario i due crediti d'impegno approvati dal governo con il diritto d'urgenza. Come detto, la loro bocciatura non cambierà le carte in tavola, visto che il Consiglio federale ha già sottoscritto accordi vincolanti, dopo aver ottenuto il via libera della Delegazione delle finanze del Parlamento (DelFin).

Come sottolineato dalla consigliera federale Karin Keller-Sutter, si tratta di una procedura perfettamente legale, e prevista dalla Costituzione in casi eccezionali. Non si può poi dire che il Parlamento sia stato completamente tagliato fuori, visto che le garanzie hanno ricevuto l'«ok» della DelFin, dove siedono tre «senatori» e tre consiglieri nazionali, tutti membri delle rispettive commissioni delle finanze.

Il primo credito d'impegno riguarda una garanzia sul rischio di insolvenza di 100 miliardi che la Confederazione metterà a disposizione della BNS. Questo mutuo disporrà di un privilegio in caso di fallimento del Credit Suisse. Ciò significa che il suo rimborso avrà la precedenza sulle pretese di altri creditori (ad eccezione di salari, oneri sociali e alcuni altri impegni privilegiati).

Per la sola messa a disposizione di tale strumento statale, la Confederazione incasserà 250 milioni di franchi all'anno. In caso di utilizzo della garanzia sarà applicato un tasso d'interesse del 3%, adattabile alla situazione di mercato, da suddividere tra BNS e Confederazione.

Il secondo credito riguarda UBS: Berna fornisce una garanzia a UBS per eventuali perdite derivanti dalla vendita degli attivi del Credit Suisse pari a 9 miliardi. Questa garanzia verrebbe applicata solo se le perdite per UBS saranno superiori a 5 miliardi.

Da notare infine che alle due garanzie concesse oggi vanno aggiunti l'assistenza straordinaria di liquidità (ELA) di 50 miliardi di franchi richiesta da Credit Suisse alla BNS già il 15 marzo e il sostegno aggiuntivo di liquidità (denominato ELA+) di 100 miliardi liberati il 19 marzo. Questi aiuti non sono garantiti dalla Confederazione, e quindi non sono soggetti ad approvazione da parte del Parlamento.

In totale, la Confederazione e la BNS sono quindi esposte per complessivi 259 miliardi.

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