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L’avanzata del lingotto prosegue: il prezzo frena poco la domanda

La quotazione ha raggiunto livelli elevati, ma gli utilizzi industriali e gli investimenti finanziari sostengono ancora l’oro - La miscela che costituisce il carburante del metallo giallo è fatta di molti elementi, legati all’economia, ai capitali, alla geopolitica
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Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
06.05.2024 06:00

Sul versante dei mercati l’aumento consistente del prezzo dell’oro è uno dei dati centrali dell’ultimo anno. Dall’ottobre scorso, in particolare, la quotazione del lingotto ha messo la quarta. Alla chiusura di quest’ultimo venerdì l’oncia d’oro era a 2.310 dollari (contratto a giugno), il 12% in più rispetto a un anno prima. Nelle scorse settimane il metallo giallo aveva anche superato i 2.400 dollari. La miscela che sta spingendo il prezzo dell’oro è il risultato di fattori diversi tra loro, in parte di carattere finanziario e in parte di carattere industriale. Vale la pena di vedere più da vicino quali sono questi fattori.

I dati

Le cifre del World Gold Council (WGC), l’associazione delle principali imprese aurifere, sulla domanda mondiale di oro consentono di entrare nel merito. Quelle più recenti, relative al primo trimestre 2024, sono state pubblicate nei giorni scorsi. Nei primi tre mesi di quest’anno la domanda globale di oro è stata di 1.238 tonnellate, il 3% in più rispetto allo stesso trimestre del 2023. Il livello è inferiore a quello del picco di fase del quarto trimestre 2023 (1.269), ma è appunto superiore al già consistente livello del primo trimestre dell’anno scorso (1.206). L’avvio di anno in questo 2024 è uno dei più alti nell’ultimo decennio.

Con le sue 535 tonnellate (+1% su base annua) nei primi tre mesi di quest’anno la produzione di gioielli resta la voce più consistente della domanda; segue la voce barre e monete con 312 (+3%), poi ci sono le banche centrali con 289 (+1%) e la tecnologia con 78 (+10%). Quest’ultima voce come si vede non è la più consistente, è però in buona espansione; qui gli impieghi sono solo marginalmente nell’odontotecnica, mentre il grosso riguarda l’elettronica, all’interno della quale si sta facendo strada l’Intelligenza Artificiale, che aumenta i consumi di oro e di altre materie prime.

Se l’importanza della domanda per la gioielleria e per barre e monete è abbastanza nota, un po’ meno sotto i riflettori normalmente è quella che riguarda le banche centrali. Queste hanno riserve in oro che in alcune fasi tendono ad allargare, per avere a disposizione maggiori risorse in caso di turbolenze finanziarie ed economiche. Protagoniste nell’ultimo anno da questo punto di vista sono state soprattutto banche centrali di Paesi emergenti. Nel primo trimestre 2024, in particolare, tra gli acquisti d’oro più ingenti ci sono stati quelli di Turchia, Cina, India.

L’altro versante

Oltre a quelle citate c’è un’altra voce da tenere in considerazione, vista la sua rilevanza. È la domanda legata ad acquisti d’oro Over The Counter (OTC), cioè effettuati fuori dai mercati regolamentati; si tratta di legittime operazioni che hanno però un alto rischio di controparte, e che hanno al tempo stesso una maggiore flessibilità e una garanzia di discrezione. I compratori OTC possono agire sia perché interessati all’oro come investimento finanziario o come riserva, sia perché interessati agli impieghi industriali. Nel primo trimestre 2024 la domanda OTC è stata di 136 tonnellate, oltre il triplo delle 42 di un anno prima. Senza questo contributo la domanda complessiva di oro nel trimestre avrebbe registrato una flessione del 5%, invece come visto c’è stato un incremento del 3%. Gli acquisti OTC hanno più che compensato il deflusso causato dai riscatti legati agli strumenti finanziari ETF (-114 tonnellate).

Industria e finanza da sempre convivono nel campo dell’oro. Da un lato ci sono gli utilizzi industriali sopra indicati, dall’altro ci sono per vari aspetti gli investimenti in oro di carattere finanziario. Delle banche centrali, per quel che riguarda il versante finanziario, si è detto. Poi ci sono naturalmente tutti gli investitori, privati o istituzionali, che pure sono interessati all’oro, sostanzialmente identificato come bene rifugio. Le tensioni geopolitiche, i conflitti bellici, l’inflazione che ora sta calando ma che tra il 2022 e il 2023 aveva registrato forti balzi, sono fattori che hanno favorito gli acquisti di oro in questi ultimi due anni, con relativi aumenti del prezzo del metallo giallo.

Le previsioni

Si può obiettare che investendo sull’oro non si incassano interessi e dunque che, in una fase di aumento dei tassi di interesse ci sono molti altri investimenti attraenti a cui guardare sui mercati. C’è del vero in questo, ma bisogna anche considerare la funzione storica anti incertezze dell’oro, la tendenza di lungo periodo ad un aumento del prezzo che spesso il lingotto ha mostrato, la fase non scintillante di un concorrente tradizionale come il dollaro USA, e infine le previsioni prevalenti che sono di una discesa dei tassi di interesse, seppur graduale. Capitoli da seguire ancora.

Le banche centrali e le riserve dorate

Le banche centrali hanno un ruolo di rilievo nel campo dell’oro. Questi istituti emettono moneta e cercano di ottenere e mantenere una stabilità dei prezzi, obiettivo questo che può essere più o meno difficile da raggiungere, a seconda dei vari Paesi o aree e delle varie fasi economiche. È chiaro che l’efficacia e la credibilità delle loro azioni si basano anche sulle risorse di cui possono disporre, infatti le banche centrali hanno in genere ampie riserve. E le riserve sono in gran parte costituite da valute e, appunto, da oro.

Le cifre

Naturalmente tanto più è importante l’economia di un Paese o di un’area, tanto più la sua banca centrale ha un ruolo rilevante, tanto più dunque le riserve di questa sono ingenti. La Federal Reserve statunitense e la Banca centrale europea hanno certamente un grande peso nel mondo delle banche centrali, ma alle spalle di questi colossi anche istituti centrali come la Banca nazionale svizzera, la Banca d’Inghilterra, la Banca del Giappone e altri ancora hanno una posizione tutt’altro che indifferente.

È interessante quindi andare a vedere la quantità di oro di cui dispongono i singoli Paesi, sulla base dei dati del World Gold Council, l’associazione delle principali imprese aurifere, che ha sede a Londra. Con due precisazioni: la fotografia del WCG riguarda le cifre di fine 2023; i venti Paesi dell’Eurozona sono presi in considerazione singolarmente perché, al di là della riserva diretta detenuta dalla BCE, la stragrande parte delle riserve in oro dell’area fa capo alle singole banche nazionali.

Nel complesso le riserve in oro al termine dell’anno scorso erano a livello mondiale 35.939 tonnellate e di queste ben 8.133 tonnellate erano degli Stati Uniti, che rimangono dunque ampiamente primi nella graduatoria internazionale. Al secondo posto la Germania, con 3.353 tonnellate, e al terzo l’Italia, con 2.452 tonnellate. Le banche centrali tedesca e italiana hanno dunque una posizione di tutto rilievo e sono sul podio con gli USA, seppur ad una certa distanza. Quarto posto per la Francia, con 2.437 tonnellate, quinto posto per la Russia con 2.330 tonnellate e sesto posto per la Cina, con 2.245 tonnellate. Il settimo posto è della Svizzera, che conta su 1.040 tonnellate e che quindi mantiene una posizione di rilievo in questa classifica, nonostante le vendite di lingotti elvetici attuate negli anni passati. L’ottavo posto è del Giappone con 846 tonnellate, il nono dell’India con 804 tonnellate e il decimo dell’Olanda con 612 tonnellate.

Fuori dalla top ten dei detentori di riserve in oro, ma sempre con posizioni di rilievo, si possono citare la Turchia undicesima con 540 tonnellate, il Regno Unito “solo” diciottesimo con 310 tonnellate, la Spagna ventunesima con 282 tonnellate, l’Austria ventiduesima con 280 tonnellate. Vale anche la pena di ricordare che il Fondo monetario internazionale, pur non essendo una banca centrale, dispone di riserve auree, quantificabili secondo il WGC in 2.814 tonnellate; se entrasse nella classifica delle banche nazionali - ma ciò non è possibile vista appunto la sua diversa funzione - l’FMI sarebbe quindi al terzo posto, dietro gli Stati Uniti e la Germania e davanti all’Italia. Tornando all’Eurozona, questa costituisce un caso particolare. Si tratta infatti di un’area di venti membri, con una banca centrale, la BCE, che è responsabile della politica monetaria della stessa area ma che convive con le banche nazionali dei paesi aderenti.

Il caso Eurozona

In sostanza la BCE ha assunto la gran parte dei poteri come banca centrale dell’area dell’euro, ma le banche nazionali vivono ancora, mantenendo alcune seppur limitate responsabilità. La BCE dispone di sue riserve in oro per 506 tonnellate e sarebbe quindi dodicesima se fosse nella classifica mondiale. Ma in realtà, calcolando tutte le riserve auree dei Paesi membri, l’Eurozona dispone di 10.771 tonnellate. L’area ha quindi una grande concentrazione di lingotti e, se entrasse come tale nella graduatoria internazionale, avrebbe il primo posto.