L'euro scende al minimo storico sul franco, ma la «colpa» è del dollaro

L’euro ha segnato un nuovo record negativo contro il franco svizzero. La moneta unica è scivolata fino a 0,9177 franchi, ma il calo non è da collegare alla notizia riguardo l’accordo sui dazi tra USA e Svizzera, bensì alla debolezza del dollaro (contro franco il biglietto verde è sceso fino a quota 0,7878, il valore più basso dal settembre 2011, quando scese attorno a quota 0,78) dovuto alle crescenti aspettative che la Federal Reserve manterrà i tassi invariati a dicembre, invece di continuare ad allentare la politica monetaria, intaccando così la propensione al rischio.
Inoltre, pesano le persistenti incertezze congiunturali: anche se lo shutdown dell’amministrazione statunitense è finito, i dati chiave su occupazione e inflazione non sono stati pubblicati e agli investitori, così come alla stessa Fed, mancano le informazioni necessarie per orientare la politica monetaria.
E aumenta anche il nervosismo sui mercati per le valutazioni elevate dei titoli tecnologici: si moltiplicano infatti le voci che preannunciano una correzione più forte. Tornando alla Svizzera, per il momento non vi è traccia di interventi della Banca nazionale svizzera (BNS) sul mercato per indebolire il franco, ma la pressione cresce e, se dovesse intervenire, significherebbe non solo acquistare valuta estera (principalmente euro e dollari), ma anche agire sui tassi d’interesse, riportandoli in territorio negativo.
Infine, del «risk off» dei mercati ha beneficiato il bene rifugio per eccellenza, l’oro: dopo una fase di correzione dal massimo storico del mese scorso, attorno a quota 4.380 dollari l’oncia, il metallo giallo ha raggiunto quota 4.210 dollari l’oncia.
L'accordo sui dazi non «entusiasma» la Borsa svizzera
La Borsa svizzera ha chiuso in calo concludendo una settimana altalenante. Al termine delle contrattazioni, l’indice dei titoli guida SMI si è attestato a 12.634.30 punti (-0,84%). A dominare la scena economica elvetica è stato l’annuncio dell’accordo doganale con il governo Trump (cfr. articolo principale). L’intesa rappresenta un sollievo significativo per l’economia elvetica, particolarmente esposta al mercato statunitense. L’annuncio non ha tuttavia avuto grandi ripercussioni sui listini di Zurigo, che si sono limitati a contenere parzialmente le perdite.
Questo andamento riflette un contesto misto: da un lato, l’annuncio dell’accordo ha contenuto le perdite rispetto a un potenziale -1,5% intraday, fungendo da «barlume di luce» in un panorama dominato da preoccupazioni macroeconomiche globali. D’altro canto fattori come le incertezze sui tassi della Fed USA, l’inflazione persistente e un franco forte hanno prevalso, spingendo gli investitori alla cautela. L’impatto dell’accordo si è visto in modo selettivo sui singoli titoli: ha favorito un recupero limitato nei settori più esposti all’export verso gli USA (come lusso e macchinari), ma non ha evitato il rosso generalizzato. Sul mercato interno a trainare i listini è stata unicamente Richemont (+5,85%, a 170,95 franchi). Positiva anche ABB (+0,46%, a 56,42 franchi). Tutti gli altri titoli sono rimasti in zona perdite. Profondo rosso per Swiss Re (-5,36%, a 145,55 franchi), Amrize (-3,40%, a 38,68 franchi) e Holcim (-2,30%, a 71,46 franchi), che hanno sofferto del contesto generale di incertezza negli USA.