L'economia pop

Maledetti economisti

Alzi la mano chi – non avendo parafilie particolari – si eccita sentendo parlare di PIL, crescita economica, recessione, disoccupazione e inflazione
Generoso Chiaradonna
06.04.2024 15:30

No, non è né un’imprecazione e nemmeno una constatazione della realtà. È semplicemente il titolo di un libro di quasi trent’anni fa di Sergio Ricossa, economista torinese morto nel 2016 che aveva il gusto per la polemica e amava le iperboli per riportare ragionamenti complessi a misura di tutti. Il sottotitolo è più eloquente: «Le idiozie di una scienza inesistente». Da inesistente a triste però il passo è breve se non fosse che si rischia di passare anche per il ridicolo. Ma andiamo con ordine.  

Alzi la mano chi – non avendo parafilie particolari – si eccita sentendo parlare di PIL, crescita economica, recessione, disoccupazione e inflazione. Pochi, credo. E sono ancora meno, scommetto, coloro che si infiammano con sigle e termini in inglese del mondo della finanza che in realtà stanno all’economia come l’algebra sta alla fisica: hanno in comune i numeri, ma poco più. Se invece riuscite a sciogliere e dare un senso compiuto a sigle come CDS, ETF, CoCo Bond o soltanto MSCI – un aiutino, non c'entra nulla con le crociere – è un indizio che avete certamente nella vostra videoteca (si può ancora ancora dire al tempo dello streaming?) film come Wall Street – tutti e due, compreso ‘Il denaro non dorme mai’ del 2010; la Grande scommessa (Big Short) e Il lupo di Wall Street (The Wolf of Wall Street). Quest’ultima pellicola oltre a raccontare una storia vera di un certo Jordan Belfort condannato per truffa e che ancora oggi si guadagna da vivere facendo il motivatore per aspiranti venditori, è stato finanziato da Jho Low, uomo d’affari malese che è accusato di aver svuotato in complicità con due personaggi attualmente sotto processo al Tribunale penale federale di Bellinzona, il fondo sovrano malese 1MDB. Si parla di un furto di alcuni miliardi di dollari. Jho Low è ovviamente uccel di bosco. Ad ogni modo, si tratta di una trilogia di genere ‘thriller-finanziario’ che se avete visto per intero senza addormentarvi e trovarla addirittura a tratti eccitante, per rimanere nel campo delle parafilie, allora in un momento della vostra vita avete avuto la tentazione di studiare economia con l’ambizione di fare minimo il trader in Borsa, se non addirittura il banchiere d’affari. Ma la vita non è un film. 

L’economia è considerata da molti «una scienza triste», nel senso di «noiosa», «grigia», fatta di aridi numeri e grafici asettici che non accendono le passioni umane. Tutt’altra cosa sono la letteratura, il cinema e la musica. Non che le scienze vere, quelle cosiddette dure come la fisica, la chimica, la matematica, facciano innamorare al primo sguarda. L’economia, anche se negli ultimi decenni ha cercato di rientrare a forza tra quelle dure con tutti quei modelli previsionali matematici presi da molti per oro colato, rimane una scienza molle. Anzi, di più: inesistente per Sergio Ricossa. 

Partendo da una provocatoria affermazione di Vilfredo Pareto, economista, sociologo e ingegnere con cattedra all’Università di Losanna tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, Ricossa nel libro denuncia come gli economisti forniscano alle «follie dei politici l'apparenza della scientificità». Ogni ideologia politica, per quanto sia insensata, ha i suoi economisti pronti a garantirne la verità, scrive Ricossa che si appoggia a un'imponente massa di documenti tragicomici da Adam Smith ai nostri giorni, i quali testimoniano le confessioni degli economisti scettici, gli insulti di cretinismo che si scambiavano quelli iracondi, le balordaggini dei premi Nobel, gli inganni di quelli disonesti. Un vero e proprio giro turistico dietro l'austera facciata della pseudo-scienza dell'economia. 

«Come i sacerdoti di religioni concorrenti, che volentieri burlano le altrui credenze e divinità, gli economisti sono sempre pronti a ridere delle teorie economiche degli altri, invariabilmente ‘romantiche’, ‘errate’, ‘mistiche’. Sono invece eminentemente ‘scientifiche’, perciò incontestabili, le dottrine economiche proclamate da loro». «Come c’è una vera religione, c’è una vera economia?», si chiedeva ironicamente Ricossa che nel libro (Edizioni Rizzoli del 1996 ristampato da Rubbettino Editore nel 2010) immagina un mondo futuro distopico. 

Il compito di un omonimo di Ricossa nell’anno 2450 - dopo una catastrofe distruttiva planetaria provocata da un gruppo terroristico noto con il nome di Joint Masters of Kains (le iniziali di John Maynard Keynes) - è di reperire i frammenti di documenti con cui ricostruire la vita e le opere degli economisti. Il risultato è un racconto magistrale della storia degli economisti più che dell’economia. «Avrebbero voluto indagare la dimensione economica della vita, spiegarci il perché della prosperità e della depressione, farci capire qualcosa dei fenomeni in cui ogni giorno ci imbattiamo. Ma le loro teorie, contraddittorie, divergenti, rendono complicato ciò che è semplice e indecifrabile quel che è complesso», si legge ancora.  

E per concludere una considerazione di Ricossa sulla matematica in economia che ha ormai preso il sopravvento rispetto al pensiero filosofico sottostante tentando di stabilire leggi di natura una volta per tutte. «La matematica, ahinoi, si presta a colpi bassi. C’è un terrorismo matematico, che consiste nello spaventare l’avversario sparandogli contro raffiche di equazioni, derivate, integrali, logaritmi, matrici, teoremi e corollari», oppure quello sulla statistica. «Il peggior uso della statistica è quando la si dedica a fini retorici o propagandistici, non per sapere, bensì per far credere ai semplicioni».