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Record del franco sull’euro, toccata la quota 0,9465

Il cambio risente delle tensioni geopolitiche - Ma poi leggero ripiegamento dopo la decisione della BNS Markov: «La moneta elvetica potrebbe continuare a rafforzarsi, non è escluso che entro fine anno arrivi a 0,90»
© CdT/ Chiara Zocchetti
Roberto Giannetti
22.09.2022 21:05

Il franco svizzero ieri ha toccato un nuovo record nei confronti della moneta unica europea. Infatti in mattinata l’euro-franco è sceso a 0,9465, minimo storico, a parte i livelli di circa 0,80 toccato per qualche ora dopo l’abolizione della soglia di cambio con l’euro avvenuta il 15 gennaio 2015. Il cambio comunque è risalito sopra 0,96 dopo la decisione della BNS si alzare i tassi dello 0,75%, visto che i mercati si aspettavano in parte un’azione più decisa.

Secondo la Banca cantonale di Zurigo (ZKB), le aspettative deluse potrebbero essere responsabili della svalutazione del franco svizzero. Prima della valutazione della politica monetaria, alcuni si sarebbero aspettati che la BNS adottasse un approccio ancora più deciso.

Comunque, a portare il franco verso il suo nuovo record nei confronti dell’euro hanno concorso numerosi fattori, fra cui la guerra in Ucraina, a cui negli scorsi giorni si è aggiunto anche l’annuncio della mobilitazione parziale in Russia, il differenziale di inflazione fra Svizzera ed Eurozona, e infine l’aumento dei tassi da parte della Fed, che ha indebolito l’euro nei confronti del dollaro, ma anche, di riflesso, del franco.

Delusione del mercato

Quali possono essere le conseguenze sull’economia svizzera?E come potrebbe evolvere il cambio euro-franco in futuro? Lo abbiamo chiesto a Nikolay Markov, economista presso Pictet Asset Management di Ginevra. «Io credo - afferma - che la tendenza al rafforzamento del franco continuerà anche in futuro, e che l’indebolimento avvenuto ieri subito dopo la decisione della BNS è dovuta prevalentemente ad una delusione temporanea del mercato, che si aspettava una mossa più decisa, forse un aumento anche dell’1%».

Avversione al rischio

«Quindi - precisa - a mio avviso il franco si rafforzerà ancora, visto l’ambiente finanziario globale in modalità risk-off, ossia dove prevale l’avversione al rischio. Infatti la situazione geopolitica in Europa si è molto aggravata, soprattutto dopo che Putin negli scorsi giorni ha annunciato la mobilitazione parziale. Inoltre, differenziale di inflazione favorisce ancora il franco, e il differenziale fra i tassi di interesse fra Svizzera da una parte e Stati Uniti ed Europa dall’altra resta ampio».

Ma come potrebbe evolvere il cambio nei prossimi mesi?«Per ora non abbiamo cambiato le nostre previsioni fino a fine anno, quando dovrebbe situarsi a 0,95 franchi contro l’euro. Ma con l’aumento del rischio geopolitico è sempre più probabile che arrivi a 0,90 entro la fine di dicembre. Questo non è ancora il nostro scenario centrale, ma potrebbe diventarlo presto. Penso che questa possibilità abbia buone probabilità di verificarsi».

Quali possono essere gli effetti sull’economia svizzera di questa forza del franco? «In generale - spiega - non vediamo nell’immediato effetti pesanti sull’economia svizzera, a parte per quei settori molto dipendenti dal cambio come il turismo. Ci sono anche settori che beneficiano della forza del franco, come per esempio l’industria, che può importare materie prime e componenti a costi inferiori, permettendo di compensare l’effetto del rallentamento dell’economia globale».

Un vantaggio per la BNS

D’altra parte, il franco forte rappresenta un vantaggio per la stessa BNS. «Infatti - rileva Markov - aiuterà a imbrigliare l’inflazione, visto che buona parte dell’aumento dei prezzi, e più precisamente in misura dei due terzi, in Svizzera è dovuto ai beni importati. Per questo ora non vedo un limite che la BNS potrebbe mettere alla corsa del franco. Da giugno l’istituto vede nel rafforzamento del franco un elemento fondamentale per lottare contro l’inflazione».

«Per giunta - continua - anche da parte degli industriali non si levano lamentele per il cambio euro-franco, contrariamente a quanto successo al momento dell’abolizione della soglia di cambio nel 2015. Il contesto infatti è molto diverso, perché l’inflazione è più alta, e quindi la forza del franco permette di ridurre i costi di produzione industriali, mentre la domanda esterna è meno toccata dalla forza del franco rispetto al 2015. Infatti l’export elvetico è composto in buona misura di beni a forte valore aggiunge, e gli acquirenti esteri si sono già adattati a prezzi più alti dovuti alla forza del franco».

Oro non più bene rifugio

«C’è anche da dire che l’oro ha momentaneamente perso il ruolo il suo bene rifugio, visto che è sceso del 9% da inizio anno. Inoltre anche lo yen, che aveva questo ruolo, è poco richiesto, visto che la banca del Giappone non ha neppure iniziato a normalizzare la sua politica monetaria. Quindi, ad attirare gli investitori in questo momento restano solo il franco e il dollaro. Infatti negli Stati Uniti i tassi sono saliti molto e il Paese è più al riparo dalla crisi energetica, visto che il Paese è un esportatore netto di petrolio».