Statistica

Servono più soldi per comperare gli stessi beni e servizi di un anno fa

La coda lunga dell’inflazione ha colpito ancora una volta i salari reali, diminuiti anche nel 2023 – A certificarlo l’Ufficio federale di statistica
© Chiara Zocchetti
Generoso Chiaradonna
25.04.2024 19:30

L’inflazione morde ancora anche se nel frattempo sembra essere rientrata nei ranghi, fatto, quest’ultimo ratificato dalla Banca nazionale svizzera lo scorso marzo quando ha deciso di tagliare di un quarto di punto il tasso d’interesse guida. La pressione sui prezzi, era stato detto, si era affievolita facendo registrare un aumento annuo - a marzo scorso - dell’1% rispetto a un anno prima. Eppure la coda lunga dell’inflazione ha colpito ancora una volta i salari reali che sono diminuiti anche nel 2023. A certificarlo l’Ufficio federale di statistica.

Salari e stipendi l’anno scorso sono sì saliti, ma l’inflazione si è mangiata tutto l’aumento e i cittadini si ritrovano quindi con meno soldi in tasca, esattamente come era successo nei due anni precedenti. A livello settoriale, il potere d’acquisto è aumentato per gli impiegati statali, mentre fra i settori che registrano le flessioni maggiori si nota il settore sanitario e sociale.

Stando ai rilevamenti dell’Ufficio federale di statistica (UST) l’anno scorso i salari nominali sono saliti in media dell’1,7%. Si tratta comunque del maggior incremento dal 2009. L’aumento generale dei prezzi che l’anno scorso si è attestato mediamente al 2,1% ha però eroso il potere di acquisto di gran parte di coloro che vivono di reddito fisso (pensionati e dipendenti). Questo vuol dire che i salari reali sono scesi dello 0,4%. È il terzo anno di fila che ciò accade: nel 2022 le retribuzioni reali erano scese addirittura dell’1,9%, una contrazione che non si era mai vista dai tempi della Seconda guerra mondiale (1942: -4,5%).

Nel dettaglio, nel 2023 le buste paga sono cresciute del 2,1% nel settore secondario e dell’1,6% nel terziario: tenendo conto del rincaro i lavoratori del primo ramo hanno visto salvaguardato il loro potere d’acquisto, mentre chi opera nei servizi ha subito una perdita reale dello 0,5%. Ricordiamo che i premi LAMal, cresciuti molto più dell’inflazione sia nel 2023, sia quest’anno, non rientrano nel calcolo ufficiale dell’Indice dei prezzi al consumo (IPC).

Statali su, sanitari giù

Lo spettro a livello di singoli rami economici è però molto variegato: si va dal -2,7% dei salari reali nelle attività professionali scientifiche e tecniche al +1,5% dell’amministrazione pubblica, passando - per avanzare alcuni esempi - dal -2% della sanità e assistenza sociale, dal -1,1% dei servizi finanziari, dal -0,5% delle assicurazioni, dal -0,4% del commercio al dettaglio, dal +0,2% delle costruzioni e dal +0,5% della fabbricazione di macchinari.

Il calo dei salari reali ha inoltre interessato un po’ di più gli uomini (-0,4%) che le donne (-0,3%). L’UST non ha invece pubblicato dati disaggregati regionali.

La denuncia dei sindacati

Dopo la nuova perdita di potere d’acquisto subita nel 2023 i salari reali sono ormai scesi a un livello più basso di quello del 2015: lo denuncia l’Unione sindacale svizzera (USS), che accusa i datori di lavoro di aver trattenuto i meritati aumenti di stipendio che sarebbero dovuti andare al personale.

«Questo calo è il terzo consecutivo: non era mai successo dall’inizio delle statistiche dopo la Seconda guerra mondiale. I salari reali sono ora più bassi rispetto al 2015, con una contrazione particolarmente forte nel settore postale (-3,7%), dove il Consiglio federale avrebbe dovuto regolare le retribuzioni», si legge in una nota dell’USS secondo cui i datori di lavoro hanno negato ai loro dipendenti gli aumenti che avrebbero meritato. Tra il 2005 e il 2015 l’indice dei salari è aumentato dello 0,9% l’anno, in linea con la produttività. «Oggi gli stipendi dovrebbero essere più alti di circa il 7% in termini reali rispetto al 2015. Il divario salariale è ormai enorme», conclude l’organismo sindacale.