Verso il voto

Elezioni bollenti in Spagna

Penisola iberica surriscaldata dalle roventi temperature ma anche da un confronto politico giocato su toni mai così aggressivi - Domenica il Governo Sánchez rischia davvero moltissimo - La presenza di Vox promette in effetti di rompere gli equilibri a favore del centrodestra
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Mario Magarò
19.07.2023 06:00

Inizialmente previste per il mese di dicembre, le elezioni generali in Spagna si terranno invece domenica prossima, con cinque mesi di anticipo, in una tornata elettorale che si preannuncia caldissima non solo per le roventi temperature che stanno surriscaldando la penisola iberica. Una chiamata alle urne del tutto inattesa, frutto della decisione presa dal premier Pedro Sánchez all’indomani della débâcle sofferta alle elezioni municipali e regionali celebrate a fine maggio.

Doccia gelata per i socialisti

Con oltre sette milioni di voti, il Partito Popolare (PP) si è infatti affermato come prima forza politica a livello locale, garantendosi la guida di una trentina di capoluoghi di provincia, alcuni dei quali tradizionali bastioni socialisti come nel caso di Siviglia, anche grazie all’ascesa dell’estrema destra di Vox, decisiva per la formazione di coalizioni di governo che garantissero la maggioranza assoluta. Uno scenario ripetutosi, in buona parte, anche a livello regionale, con l’alleanza tra Vox e Popolari che ha permesso di strappare l’Estremadura e la Comunità Valenciana al centro-sinistra.

Una nuova mappa elettorale, a livello locale, che ha indotto Pedro Sánchez a sciogliere immediatamente il Parlamento, anticipando la data delle elezioni generali. «Assumo in prima persona i risultati e credo sia necessario dare una risposta, rimettendo il nostro mandato alla volontà popolare», annunciava il premier spagnolo subito dopo il responso delle urne, esibendosi in una giocata ormai tipica del suo modo di fare politica, copia fedele di quanto fatto nel febbraio 2019, quando l’anticipo elettorale voluto dallo stesso Sánchez si tradusse in un trionfo socialista alle elezioni.

Poche idee, molte polemiche

Una volta fissata la nuova data elettorale, lo scontro politico ha immediatamente assunto i contorni della battaglia ideologica, concretizzandosi in una campagna elettorale dai toni sporchi, cattivi, volta in primis alla distruzione dell’avversario piuttosto che alla presentazione di proposte concrete agli elettori. Se da un lato il centrodestra, costituito dal blocco tra Vox e popolari, ha impostato la propria strategia sullo slogan «revocare il sanchismo», tirando in ballo anche l’operato dell’ETA per criticare il sostegno degli indipendentisti baschi al Governo Sánchez, dall’altro lato, il leader socialista ha invitato l’elettorato progressista a «mobilitarsi per evitare un Esecutivo a maggioranza Vox-PP». Una sorta di chiamata alle armi a cui hanno fatto da corollario pesanti critiche al presidente dei popolari Alberto Nuñez Feijóo per la sua relazione con il narcotrafficante Marcial Dorado, ai tempi in cui l’attuale leader dei popolari formava parte del Governo regionale della Galizia.

Il peso politico di Vox

Come dimostrato anche dai risultati delle recenti elezioni municipali, che hanno visto Vox insediarsi all’interno di 140 consigli comunali con oltre un milione di voti ottenuti, l’ascesa della formazione presieduta da Santiago Abascal sembra inarrestabile. Numeri che evidenziano come la sua prossima performance elettorale - attualmente i sondaggi danno Vox al terzo posto come preferenza degli elettori - risulterà, molto probabilmente, decisiva per determinare l’esito delle elezioni e la formazione del nuovo Esecutivo, nell’ottica di una possibile coalizione di governo con i popolari. Assurto agli onori delle cronache durante il conflitto indipendentista in Catalogna, feroce sostenitore dell’unità nazionale, Vox si è progressivamente consolidato come seconda forza della destra spagnola, spodestando di fatto Ciudadanos, partito ormai sparito dalla scena politica nazionale.

Con Giorgia Meloni come uno dei principali referenti politici sulla scena della destra europea, il programma di Vox si struttura intorno a posizioni marcatamente liberiste sul fronte economico, zero allarmismi sul cambiamento climatico e alla difesa di valori come la famiglia tradizionale e la patria. Posizioni nette, inderogabili, che si sono però tradotte in dure frizioni con i popolari intorno al tema della violenza di genere, centrale nella campagna elettorale, con il partito di Abascal che propende piuttosto per l’utilizzo del termine «violenza intrafamiliare», incentrato sulla protezione di tutte le vittime di violenza allo stesso modo, senza fare distinzione tra uomini, donne, anziani o bambini.

Sumar, la new entry

A fare da contraltare all’ascesa di Vox, sul fronte del centrosinistra c’è da registrare l’irruzione sulla scena politica del Movimiento Sumar, il nuovissimo partito presieduto da Yolanda Diaz, ministro del Lavoro del Governo Sánchez. In previsione delle prossime elezioni generali, la nuova formazione è stata inglobata all’interno della piattaforma Sumar, che riunisce tutte formazioni progressiste diverse dai socialisti, da Podemos a Más País, a sostegno della candidatura della stessa Diaz. Una coalizione che punta sulle numerose riforme sociali approvate negli ultimi anni come biglietto da visita per convincere gli elettori.

Verso una coalizione tra popolari e Vox

L'intervista a Toni Rodon, politologo dell'Università Pompeu Fabra di Barcellona.

Come spiega il successo dei popolari e di Vox alle elezioni comunali e regionali?
«In primis bisogna considerare che una parte della popolazione è insoddisfatta del governo del Partito socialista e delle sue politiche. Il PSOE governa da otto anni ormai, si tratta di una stagione politica abbastanza lunga, che genera un naturale senso di stanchezza nell’elettorato. Un secondo fattore riguarda invece una dinamica propria delle elezioni municipali e regionali, che registrano la tendenza a votare un partito diverso da quello di governo. In questo caso, in molti contesti, il voto di protesta si è concretizzato nell’appoggio al Partito popolare».

A cosa attribuisce il fallimento dei socialisti, nonostante le riforme sociali attuate negli ultimi anni?
«Aspetterei a parlare di fallimento totale della sinistra in attesa del risultato delle prossime elezioni generali, ma, ovviamente, in questo caso entrano in gioco anche altri fattori come l’ecosistema mediatico di questo Paese, in grado di influenzare l’opinione pubblica in modo relativamente facile».

Vede fattibile una coalizione tra Vox e popolari, al netto delle divisioni registrate tra le due formazioni?
«I popolari non governano da molto tempo, quindi, se obbligati, scenderanno sicuramente a patti pur di tornare al potere. Tutti i partiti vorrebbero governare da soli, ma, nel caso dei popolari, l’opzione più probabile è proprio quella di un governo di coalizione con Vox per ottenere la maggioranza assoluta in Parlamento».

Quale potrebbe essere il peso del voto basco e catalano?
«Al momento i sondaggi evidenziano una diminuzione dei consensi dei partiti indipendentisti tanto in Catalogna come nei Paesi Baschi. Considerando che le formazioni indipendentiste non appoggerebbero mai un governo dei popolari, tutto dipenderà dalla possibilità che i socialisti abbiano nuovamente bisogno dei loro voti, così come accaduto nella formazione dell’ultimo Esecutivo, dando il via alla logica politica del “qualcosa in cambio di qualcosa”».