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«Forse i russi non sono così terribili come sono ritratti in Occidente?»

L’ambasciata russa in Italia, con un tweet, ha cavalcato la vicenda del giornalista freelance Mattia Sorbi, rimasto ferito nello scoppio di una mina sulla strada per Oleksandrivka, ignorando completamente le sue parole
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Jenny Covelli
19.09.2022 17:30

Il giornalista freelance italiano Mattia Sorbi, ferito nelle vicinanze di Kherson il 31 agosto, è rientrato sabato in aereo a Milano con un volo sanitario operato dalla Croce rossa turca in accordo con quella russa e con la Farnesina. Era in Ucraina per raccontare dalla prima linea la controffensiva dell'esercito di Kiev nel sud del Paese quando una mina ha investito l'auto su cui viaggiava. L'autista del taxi è morto sul colpo.

I soccorritori russi

Sorbi ha raccontato quello che ha vissuto in un articolo apparso su Repubblica, testata con cui collabora. Sono stati i russi a soccorrerlo sulla strada per Oleksandrivka. È rimasto per quasi un'ora all'interno dell'auto, fino a quando non ha sentito il suono di un drone. Poi sono arrivati quattro soldati, bandiera russa sull'elmetto e kalashnikov in mano. Lo hanno preso, messo in un sacco per feriti e lo hanno portato nell'ospedale civile di Kherson, città da loro occupata. «Due militari all'ingresso con i kalashnikov e dentro personale ucraino, almeno un'ora di bombardamenti quotidiani in sottofondo - racconta -. Nei piccoli gesti, nei modi di fare, negli sguardi, è forte la protesta silenziosa degli ucraini "conquistati", ho sentito il doloroso senso di oppressione che vivono. C'è depressione, tristezza, ma anche una grande attesa per la liberazione che chissà se verrà». 

Il giornalista ha subito un'operazione allo stomaco e alla gamba. Ed è stato curato da personale ucraino (sotto occupazione, appunto). Per tre giorni di fila ha ricevuto visite da alti funzionari dell'intelligence russa di Kherson. Gli hanno chiesto, tra le altre cose, se è sposato, per quale partito vota, qual è il suo orientamento sessuale.

Il viaggio

Mattia Sorbi - stando al suo racconto - si era iscritto al press tour dell'esercito di Mykolaiv. Un tour organizzato ogni settimana. A Bastianka è stato fermato dai soldati - «troppo pericoloso» - che gli hanno chiesto di tornare a Mykolaiv. E così ha fatto. La mattina del 31 agosto ha scritto ai colleghi di AFP che valutava di andare a Oleksandrivka, a sud di Mykolaiv, a 50 chilometri da Kherson. Al check point ucraino lo hanno fatto passare, invitando l'autista a stare attento. «Se mi avessero respinto sarei tornato indietro, come ho fatto decine di volte a Kharkiv», racconta a Repubblica. Il driver, però, si è perso. «Finiamo sui campi che danno sul mare. Poi quella quiete assoluta... Siamo finiti oltre la linea rossa e non ce ne siamo accorti». Quindi, la mina, il sangue, la paura. «Pensi a una trappola ucraina?», gli viene chiesto. «Assolutamente no - risponde -: il check point non mi conosceva, impossibile, e l'idea del viaggio era stata mia. Al massimo sono stati superficiali».

Una visione ribaltata dai canali di propaganda del Cremlino, che hanno diffuso le prime immagini del giornalista, condividendo pure un video montato con l’obiettivo di addossare le colpe a Kiev. Il Governo ucraino, sul canale Telegram Spravdi, ha invece scritto che Mattia Sorbi era scomparso il 31 agosto dopo essersi diretto verso Cherson nonostante avessero tentato di convincerlo a non andare. Gli ucraini hanno negato la presenza degli uomini in uniforme e riferito che l'autista si era rifiutato di accompagnarlo per non rischiare la vita nella zona rossa, aggiungendo pure di non conoscere i motivi che avrebbero spinto il giornalista a proseguire verso le linee di combattimento.

Ma per i russi si è trattata di una trappola ucraina. «Ero in ospedale, gli ufficiali russi mi hanno chiesto la dinamica e ho detto della mina, poi hanno detto la loro teoria, e io sono stato zitto ad ascoltare», ha spiegato il giornalista a Repubblica.  

Il tweet dell'ambasciata

Ma non è tutto. Nonostante le varie interviste rilasciate in Italia da Mattia Sorbi, ieri l’ambasciata russa in Italia ha ribadito la sua versione, ignorando le parole del giornalista: «È stato soccorso da soldati russi, portato a Kherson controllato dai russi, operato, fatto rientrare in Italia con la partecipazione diretta della Croce Rossa russa... Forse i russi non sono così terribili come sono ritratti in Occidente?», si legge in un tweet. Che ha già raccolto oltre 2.800 like e oltre 1.100 retweet.

A Radio24, il giornalista ha contestato il tentativo: «È stato orchestrato questo rimpallo di responsabilità sicuramente dall’intelligence russa che poi ha utilizzato la stampa. Questo è giusto sottolinearlo, che è la solita propaganda russa». Da chi fosse stata piazzata la mina che ha colpito l'auto su cui viaggiava insieme all'autista, che ha trovato la morte, non è dato saperlo. Anche se Sorbi un'idea ce l'ha: «I russi avevano messo quelle mine perché controllavano due casolari che io avevo visto».

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