Lugano

Gazzetta Ticinese: il punto finale a una storia centenaria

Ventisette anni dopo la chiusura del quotidiano più antico del cantone, la cooperativa che lo aveva gestito è stata liquidata – Uno spunto per ripercorrere alcune vicende della testata (tornando a un’epoca in cui c’era abbastanza neve per sciare sul Tamaro)
©Gabriele Putzu
Giuliano Gasperi
25.02.2023 06:00

È arrivata fino ai giorni nostri quasi per inerzia, come una barca vuota trasportata dalle correnti. Eppure mezzo secolo fa aveva guidato, in una fase tempestosa della sua storia, il più antico quotidiano del cantone, fondato a Lugano nel gennaio del 1821. La Società Cooperativa di Gazzetta Ticinese, iscritta nel Registro di commercio il 12 ottobre del 1978, è stata messa in liquidazione la scorsa settimana.

L’idea dei tecnici

Comincia tutto nel luglio del 1978, quando la tipografia La Commerciale disdice il contratto per la stampa del giornale d’ispirazione liberale, che considerava «una specie di peso morto» come leggiamo sulle pagine giallognole del Corriere del Ticino di allora. Una grossa fetta di lavoro in meno, tanto che si parla di una decina d’impieghi a rischio. Una via d’uscita la trovano gli stessi dipendenti in bilico: costituire una cooperativa prendendo in affitto dal loro ex datore di lavoro i macchinari necessari. «La soluzione appare, tutto sommato, la più ragionevole – scrivevano i nostri colleghi della cronaca cittadina – perché ha il vantaggio di salvaguardare i posti di lavoro a quei linotipisti, tipografi e macchinisti finora impegnati nella preparazione e nella stampa del quotidiano». Il canone per tutto il materiale tecnico ammonta a tremila franchi mensili. «Nel frattempo verranno definite le trattative fra la cooperativa e Gazzetta Ticinese per il prezzo di stampa».

Un collaboratore prestigioso

Nel novembre dello stesso anno – mentre a Lugano, di fronte a un pubblico di curiosi riunito al parco del Tassino, viene demolito il vecchio hotel Majestic, «ridotto a una rovina dall’incuria dei proprietari e dagli insulti delle intemperie» – la soluzione della cooperativa viene riproposta per assumere la gestione di Gazzetta Ticinese. È quella la cooperativa sopravvissuta, almeno nella forma, fino a qualche giorno fa. «Si prospetta il passaggio di proprietà del giornale dall’attuale società editrice presieduta da Nello Celio ad una cooperativa formatasi per dare un sostegno al quotidiano» riporta sempre il CdT. Nel mese successivo – mentre sul monte Tamaro si apre la stagione sciistica grazie a «una quarantina di centimetri di neve» che «hanno assicurato l’agibilità delle piste»: bei tempi – arriva l’ufficialità del nuovo corso. La vecchia società editrice si scioglie lasciando finalmente spazio alla Cooperativa di Gazzetta Ticinese, il cui comitato è composto da Antonio Taddei (presidente), Giorgio Giudici (vicepresidente), Manlio Roberti (cassiere), Nando Soldini (segretario) e dai membri Ferruccio Brivio, Enzio Bertola, Spartaco Tencalla, Franco Masoni, Fausto Bernasconi e Adriano Merlini. La redazione è composta da una decina di redattori, che lavorano a un prodotto impreziosito, per un periodo, dal contributo di Indro Montanelli.

Accordo in extremis

E i tipografi? Di fronte alle incertezze sul futuro del quotidiano, a un certo punto, chiedono di poter essere assunti dalla nuova società editrice. «Quel che riceviamo da Gazzetta – raccontava uno di loro – basta solo per le spese vive. Non ci siamo neppure pagati alcune ore straordinarie. Noi speriamo che il nuovo proprietario di Gazzetta ci dia un nuovo datore di lavoro». Nel giugno del 1979 la discussione si fa tesa. «La Cooperativa degli operai tipografi, cui va il merito d’aver assunto la stampa del giornale dopo che la Commerciale non poteva farvi più fronte, ha posto la condizione tassativa che, entro il 30 giugno, un datore di lavoro s’impegni ad assumere il personale addetto al giornale a far data dal primo gennaio 1980. In mancanza di tale impegno, la stampa cesserà con il 30 giugno» si legge sempre sul Corriere dell’epoca. L’accordo alla fine arriva e Gazzetta Ticinese supera l’ennesima intemperia. Anche gli anni successivi sono piuttosto movimentati dal punto di vista tecnico, con il giornale che cambia diverse volte tipografia, ma anche forieri d’innovazione: Gazzetta, infatti, è il primo quotidiano ad adottare il sistema della fotocomposizione, ossia la composizione automatica a macchina dei caratteri da stampa. La testata vive un periodo intenso anche politicamente, in particolare tra il 1983 e il 1984, quando Franco Masoni torna nel Consiglio degli Stati e Giorgio Giudici viene eletto sindaco di Lugano.

Bandiera bianca

Gli anni Ottanta sono l’ultima primavera, poi Gazzetta Ticinese entra in una crisi finanziaria da cui non riuscirà più a salvarsi. Nel 1990 diventa un periodico (prima bisettimanale, poi settimanale) e nell’ottobre del 1996 deve alzare bandiera bianca. Le macchine si spengono, ma la Cooperativa di Gazzetta Ticinese non viene liquidata subito, nella speranza che possa tornare ancora utile in futuro. Di altri tentativi di tenere in vita il giornale, tuttavia, non ne vengono fatti, come ci conferma l’avvocato Franco Masoni, che è stato membro della cooperativa contribuendo al rilancio del giornale alla fine degli anni Settanta. «Già precedentemente ero vicino alla testata, poi quando i suoi sostenitori di allora ne decisero la chiusura, fui per anni in prima linea nel suo rilancio, quale amico e animatore del giornale, preoccupato della ricerca dei direttori e del finanziamento della stampa». Se Gazzetta Ticinese esistesse ancora oggi – chiediamo infine all’avvocato – che tipo di giornale sarebbe? «Un quotidiano indipendente, di ispirazione liberale, vivace, critico, promotore di dibattiti e propositivo».

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