Il conflitto in Medio Oriente

Giochi di guerra Israele-Iran mentre nel mondo sale la paura

Il Governo di Tel Aviv non ha confermato la paternità del blitz condotto con i droni nella zona di Esfahan nella notte tra giovedì e venerdì - Teheran annuncia di voler rinunciare a una contro-reazione
Nelle città iraniane spiccano i manifesti di propaganda contro Israele. ©ABEDIN TAHERKENAREH
Dario Campione
19.04.2024 21:00

Giochi di guerra in Medio Oriente. Giochi pericolosi, mortali. Che il mondo guarda con sgomento e tenta, in ogni modo, di fermare. La notte scorsa, Israele avrebbe risposto - con il lancio di droni esplosivi su Esfahan - all’attacco missilistico sferrato cinque giorni prima da Teheran. Non meravigli il condizionale: Israele non ha confermato il raid e i vertici dell’Esercito si sono rifiutati di rilasciare commenti e dichiarazioni. Se non fosse stato per una gaffe su X del ministro ultraconservatore Ben Gvir e per le dichiarazioni al G7 di Capri del ministro italiano degli Esteri, Antonio Tajani, nessuna fonte diretta avrebbe permesso di suffragare l’azione condotta dallo Stato ebraico.

Lo stesso segretario di Stato americano Antony J. Blinken, nella conferenza stampa di chiusura del vertice di Capri, ha ribadito come «gli Stati Uniti non siano stati coinvolti in alcuna operazione offensiva». Blinken non ha nemmeno confermato direttamente l’attacco israeliano; ha parlato più genericamente di «eventi segnalati». Soprattutto, non ha detto se gli Stati Uniti fossero stati avvisati in anticipo dell’azione israeliana. Contraddicendo, almeno in parte, quanto affermato poco prima da Antonio Tajani, il quale aveva invece spiegato ai giornalisti che gli Stati Uniti erano stati «informati all’ultimo minuto» del raid.

Pur sottolineando la necessità di ridurre le «capacità missilistiche e di droni» dell’Iran, quello tenuto dall’amministrazione di Washington è stato un profilo bassissimo, spiegabile con i ripetuti tentativi di fermare la spirale dello scontro in atto tra il regime degli ayatollah e lo Stato ebraico.

Il G7 dei ministri degli Esteri di Capri - esteso all’Unione Europea e al quale hanno partecipato Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti - ha comunque preso posizione sul conflitto tra Iran e Israele. Con una dichiarazione conclusiva, ha esortato entrambi i Paesi a prevenire un’ulteriore escalation e ha «condannato con la massima fermezza l’attacco diretto e senza precedenti dell’Iran» contro Israele.

«Israele e il suo popolo hanno la nostra piena solidarietà e il nostro sostegno e riaffermiamo il nostro impegno per la loro sicurezza», si legge ancora nel documento. Il G7 ha anche lanciato un nuovo avvertimento a Teheran, chiedendo che «l’Iran e i suoi gruppi affiliati cessino i loro attacchi» in tutto il Medio Oriente e dicendosi pronto ad «adottare ulteriori sanzioni o altre misure necessarie».

Una quinta colonna

Ma che cosa è successo, davvero, nella notte, a Esfahan? Fonti iraniane hanno parlato, sin dalla mattinata di oggi, di un attacco compiuto con piccoli droni esplosivi, i cosiddetti “quadricotteri”, così chiamati perché dotati di quattro rotori. Un’incursione minima, immediatamente neutralizzata. Un deputato iraniano di Esfahan, Seyed Nezamedin Mousavi, ha definito il blitz «ridicolo», e «privo di qualunque efficacia». L’ex ministro degli Esteri di Teheran, Mohammad Javad Zarif, ha liquidato l’operazione come «fuochi d’artificio». Una mossa, insomma, volutamente ridotta, quasi insignificante, messa in atto per fermare sul nascere il crescendo bellico tra i due Paesi.

Può darsi che sia così. Anche se non tutti ci credono. «Il modo in cui l’Iran presenta alla sua gente quanto accaduto, e il fatto che i cieli siano stati riaperti subito, permette agli ayatollah di decidere di non rispondere - ha detto al New York Times Sima Shine, esperto di Iran ed ex capo della ricerca per il Mossad - ma abbiamo fatto così tanti errori di valutazione in passato che sono molto riluttante a dirlo definitivamente».

Di certo, un elemento inquietante e su cui riflettere è emerso in modo evidente. Se è vero che, stando anche a quanto riferito dall’agenzia di Stato iraniana IRNA, «nessun aereo nemico è stato rilevato nello spazio aereo» durante il raid, è allora credibile la tesi che l’attacco alla base militare di Esfahan sia stato messo in atto con droni lanciati dall’interno del territorio iraniano. I quadricotteri hanno infatti un’autonomia limitata e non avrebbero potuto compiere il lunghissimo tragitto da Israele all’Iran centrale. Ciò dimostra ancora una volta la capacità di Israele di costruire operazioni clandestine in territorio iraniano. Un fattore evidentemente molto problematico per Teheran. E in effetti, un altro deputato del Parlamento iraniano, Mehdi Toghyani, ha ammesso ieri ai microfoni della Tv qatariota Al Jazeera che il «tentativo disperato» di Israele è stato compiuto «con l’aiuto di agenti locali». Una evidente debolezza, che dimostra anche le difficoltà interne del regime sciita.

Le divisioni nel Governo

Resta da capire perché Israele abbia scelto di non reagire con durezza all’attacco della settimana scorsa. Secondo una ricostruzione della Reuters, basata su fonti interne al Governo di Tel Aviv, all’interno del Gabinetto di guerra non c’era unità sulla risposta da dare a Teheran. «Di fronte alle divisioni e ai forti avvertimenti da parte dei partner - ha scritto l’agenzia di stampa britannica - tra cui gli Stati Uniti e i Paesi del Golfo, di non intensificare l’escalation, e consapevoli della necessità di mantenere l’opinione internazionale dalla parte di Israele, i piani per contrattaccare sono stati rinviati due volte e poi rivisti».