Argentina

Gli argentini a muso duro contro Milei sull'educazione

Applicando una riduzione di oltre il 70% al bilancio destinato agli atenei Milei ha messo a repentaglio il loro stesso funzionamento e si è scontrato contro un iceberg che non aveva visto arrivare
© EPA/Juan Ignacio Roncoroni
Ats
24.04.2024 21:10

Non sono stati la crisi economica, l'inflazione alle stelle, i salari falcidiati o la povertà in crescita esponenziale a muovere la prima vera grande protesta di massa contro il governo ultraliberale di Javier Milei. Non sono stati neanche l'aperto revisionismo nei confronti dei crimini della dittatura, o la riforma del lavoro, la deregulation e le privatizzazioni.

A far scendere in piazza centinaia di migliaia di argentini su tutto il territorio nazionale è stata la difesa dell'educazione universitaria «pubblica, universale e gratuita», messa sotto scacco dalla drastica politica di tagli alla spesa portata avanti dall'esecutivo con l'obiettivo principale di risanare rapidamente il deficit di 15 punti del Pil ereditato dal governo precedente.

Applicando una riduzione di oltre il 70% al bilancio destinato agli atenei Milei ha messo a repentaglio il loro stesso funzionamento e si è scontrato contro un iceberg che non aveva visto arrivare. Il presidente ha giustificato e difeso la decisione sostenendo che le università pubbliche in realtà sono «centri di indottrinamento» e «antri di corruzione» della politica liquidando la protesta con un post sui social: «Piangono le zecche», ha scritto il presidente raffigurandosi come un leone che beve le lacrime della sinistra.

Ma se una delle principali chiavi di lettura della sua vittoria alle presidenziali è stata la capacità di infondere nell'elettorato una speranza di riscatto dalla crisi che attanaglia il Paese, nello scontro con le università invece il leader ultraliberista è apparso mettere a repentaglio invece uno dei pochi mezzi di mobilità sociale rimasto a disposizione non solo delle classi basse, ma anche di una classe media sempre più impoverita.

«Il governo sta andando contro il principale strumento di mobilità sociale che abbiamo, dobbiamo difendere il nostro diritto all'educazione», ha dichiarato all'agenzia di stampa italiana Ansa uno studente della facoltà di ingegneria dell'Università di Loma de Zamora che ha partecipato alla manifestazione di Buenos Aires. «Io mi sono laureata all'università pubblica, sono stata la prima della mia famiglia, e ho potuto far studiare anche mio figlio. Dobbiamo difendere l'educazione gratuita», ha affermato invece Maria Vidal, laureata in sociologia all'Università di Buenos Aires.

Per l'analista politico Andres Malamud, con la grande manifestazione è stato lo stesso elettorato di Milei a dare un 'avvertimento'. «Il corteo di Buenos Aires è stato forse il più grande da quello del 1982 contro la dittatura, ma politicamente sono più importanti quelli delle province dove Milei a dicembre ha stravinto alle elezioni, come Cordoba o Mendoza», ha detto Malamud all'Ansa. «Ci sono caratteristiche dell'istitituzionalità e dell'identità culturale argentina che bisogna affrontare con attenzione e il dato emerso in questa occasione è che l'educazione pubblica viene difesa dagli argentini in tutto il territorio nazionale, anche dove ha stravinto Milei», ha aggiunto.