Il tormentone

I rimborsi spese non si rimborsano

Dopo la fumata nera di dicembre, il Gran Consiglio boccia sia il rapporto di maggioranza, sia gli emendamenti proposti dal PPD
Rimborsi, bocciate tutte le variabili. (Foto Archivio CdT)
Viola Martinelli
21.01.2019 16:18

BELLINZONA - Dopo 12 mesi di lavori commissionali, due decreti d’abbandono, innumerevoli botta e risposta tra i deputati e un voto finito in pareggio nella sessione di dicembre, il dossier dei rimborsi spese dei consiglieri di Stato si è sgonfiato in poco meno di un’ora. E a prevalere è stato lo status quo dal momento che, ad essere bocciati, non sono stati solo gli emendamenti presentati dal PPD, ma anche le conclusioni del rapporto di maggioranza elaborato da Fabio Bacchetta-Cattori (PPD). Un no su tutta la linea che di conseguenza porta il Gran Consiglio a non esprimere alcuna raccomandazione ai membri dell’Esecutivo. Riuniti a Palazzo delle Orsoline dopo la pausa invernale, ad aprire la tre giorni parlamentare vi era infatti la discussione sui forfait dei membri del Governo dopo che, a dicembre, la votazione sull’entrata in materia del rapporto di maggioranza si era conclusa con un clamoroso pareggio (29 a 29 con una sola astensione), obbligando la presidente del Parlamento Pelin Kandemir Bordoli a rinviare il dossier. E se oggi il voto sull’entrata in materia è filato liscio raccogliendo l’approvazione da parte di 44 deputati a fronte dei 34 contrari e 2 astenuti, al momento di esprimersi sulla sostanza a prevalere sono stati i puntini rossi. In particolare, il rapporto di maggioranza raccomandava al Governo di procedere con la restituzione dei rimborsi delle spese telefoniche (pari a 150 franchi al mese), dal luglio del 2018. Ovvero dopo che con decisione del 18 giugno, comunicata al Consiglio di Stato, l’Ufficio presidenziale del Gran Consiglio non approvava il forfait annuo di 18.000 franchi indicato dall’Esecutivo, limitando l’importo a 15.000 franchi. Al contempo, la maggioranza della Gestione chiedeva al Governo di riesaminare la risoluzione con la quale, il 23 dicembre 2013, venne deciso un aumento del 4% dello stipendio dell’ex cancelliere Giampiero Gianella. Raccomandazioni queste che sono state respinte dalla maggioranza del Gran Consiglio che, con 41 voti contrari, 31 favorevoli e 10 astensioni, ha mostrato il pollice verso al rapporto di Bacchetta-Cattori. E questo nonostante il fatto che il relatore di maggioranza, intervenendo dal pulpito, abbia ribadito come «le conclusioni contenute nel rapporto sono le uniche vie percorribili nell’ambito dell’alta vigilanza. È vero, l’emendamento del PPD, così come il rapporto di minoranza ci possono anche stare. Ma bisogna essere consapevoli che per decidere nel merito il Parlamento non è, da un punto di vista istituzionale, l’organo preposto. Queste ipotesi di rimborso dovrebbero, semmai, essere sottoposte al Tribunale cantonale amministrativo nell’ambito di una procedura giudiziaria. Non confondiamo i ruoli». E a nulla è servito l’appello lanciato da Fiorenzo Dadò (PPD) che, presentando gli emendamenti, ha invitato il Gran Consiglio a «non banalizzare la questione. È vero che il tema dei rimborsi del telefonino sa di ridicolo se paragonata con i temi che ogni giorno l’Amministrazione deve affrontare. Ma allo stesso tempo l’argomento non può essere minimizzato, come alcuni invece vorrebbero, poiché è indicativo del qualunquismo con il quale qualcuno a Palazzo si è permesso di gestire le faccende importanti e che il suo ruolo prevedeva». Da qui gli emendamenti che chiedevano ai consiglieri di Stato di «procedere alla restituzione, entro il 31 marzo 2019, dei rimborsi di spese telefoniche percepite dal novembre 2011», come pure di riesaminare la risoluzione governativa con la quale l’Esecutivo aveva deciso un aumento del 4% dello stipendio del cancelliere e «richiedere la restituzione di quanto percepito in assenza di una base legale» da Gianella. Proposte queste che non hanno però fatto breccia e sono state bocciate, rispettivamente, con 43 e 39 voti contrari.