Ferrovie

I sindacati avvertono il Governo: «Fino a 25 mila camion in più»

I sindacati SEV, Transfair e VSLF hanno incontrato il Consiglio di Stato per fare il punto sul piano di ristrutturazione di FFS Cargo - Oltre alla soppressione dei posti di lavoro, una quarantina solo in Ticino, preoccupa anche il possibile aumento del traffico sull’asse autostradale
©Gabriele Putzu
Francesco Pellegrinelli
26.06.2025 22:00

«Abbiamo raccontato al Consiglio di Stato la nostra versione sulla ristrutturazione di FFS Cargo, mettendo bene in luce ciò che il direttore Alexander Muhn ha tralasciato o detto solo tra le righe». A parlare, al CdT, è Luca Benato del sindacato dei macchinisti (VSLF). Con i rappresentanti di Transfair e SEV, questa mattina ha condiviso le sue preoccupazioni con il direttore del Dipartimento del Territorio, Claudio Zali, e con il direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia, Christian Vitta. Benato è un fiume in piena: «Chiaramente, tra il personale di FFS Cargo c’è preoccupazione».

Il piano di ristrutturazione

Il piano, presentato un mese fa dalla direzione dell’azienda dopo settimane di indiscrezioni, prevede la soppressione di 65 posti di lavoro a tempo pieno in Svizzera, di cui circa 40 in Ticino. «Il mandato del Consiglio federale a Cargo prevede l’abbattimento dei costi (60 milioni entro il 2033) e la soppressione di posti di lavoro. Al Consiglio di Stato abbiamo quindi fatto presente che il Ticino è la regione più toccata». I tagli colpiscono soprattutto il personale dei macchinisti, ai quali – spiega Benato – verrà proposto di trasferirsi oltre San Gottardo. «Il problema è che molti dipendenti sono giovani e hanno appena messo su famiglia e acquistato casa. Una proposta del genere per molti non è sostenibile».

Tra le misure annunciate dai vertici di FFS Cargo c’è la chiusura, in Ticino, di due terminal intermodali per il trasferimento di merci tra treno e camion, quello di Cadenazzo e Lugano. «Per il collegamento attraverso le Alpi, i clienti che vorranno affidarsi ancora al trasporto combinato dovranno quindi rivolgersi, come comunicato da Cargo, al terminal di Stabio, che però è una struttura privata», spiega Benato. «Abbiamo quindi fatto presente a Zali che, nella migliore delle ipotesi, il Mendrisiotto dovrà assorbire un aumento di circa 90 camion al giorno. Se invece le condizioni imposte dal proprietario del terminal non verranno accettate, i camion percorreranno la tratta del San Gottardo, generando fino a 25.000 transiti supplementari all’anno». Passaggi che vanno ad aggiungersi a quelli generati dalla chiusura anticipata dell’autostrada viaggiante Rola, comunicata a inizio maggio da RALpin, la società composta dagli azionisti BLS, Hupac e FFA Cargo. «È stato stimato che, a livello federale, circa 100 mila camion potrebbero riversarsi sulle strade: una parte di questi, quelli destinati al Ticino o all’Italia, passerà dal Gottardo».

La prossima settimana i sindacati invieranno un resoconto scritto al Consiglio di Stato, che si è impegnato a farsi portavoce delle preoccupazioni espresse a livello cantonale presso il Consiglio federale. «Stiamo assistendo a un progressivo spostamento di competenze e posti di lavoro dalle regioni periferiche verso la Svizzera centrale», ha aggiunto Benato, sottolineando che il principio del federalismo è così messo sotto pressione. Per quanto riguarda invece la soppressione dei posti di lavoro, secondo Benato si tratta solo di una prima fase: «Entro il 2030, con l’entrata a regime del programma G-enesis, l’azienda dovrà eliminare altri 400-500 impieghi. Resta da vedere in che misura anche il Ticino sarà colpito da questa nuova riforma».

«Siamo sorpresi»

Del tema, in queste settimane, si è occupato anche il consigliere nazionale Bruno Storni (PS) con un’interpellanza sull’autostrada viaggiante Rola e un postulato sulla politica di trasferimento: «Non possiamo dire che è stato un fallimento, ma sicuramente attraversiamo una fase molto critica», spiega al CdT Storni. «Il traffico di transito attraverso le Alpi ha ripreso ad aumentare, invece di diminuire. Con ogni probabilità, l’anno prossimo supereremo nuovamente il milione di transiti». Una situazione dovuta a diversi fattori, tra cui il ritardo della Germania nel promuovere il passaggio del trasporto merci dalla strada alla ferrovia. Più in generale, nel suo postulato, Storni chiede al Consiglio federale se sia ancora realistico pensare di poter raggiungere, alle condizioni attuali, l’obiettivo dei 650 mila camion che era stato fissato per il 2018, ossia due anni dopo l’entrata in funzione della galleria di base del San Gottardo. «Negli ultimi anni siamo scesi fino a 860 mila transiti all’anno: ora siamo risaliti a 960 mila». E ancora: «In questi anni, la Svizzera ha investito molte risorse per sostenere il cambiamento. L’Europa, invece, ha sviluppato le autostrade». Secondo Storni, sarà pertanto necessario rivedere la strategia, per esempio, rimodellando la tassa sul traffico pesante. Il Consiglio federale, nella sua proposta, chiede di modificare la legge facendo pagare la tassa anche ai camion elettrici. Secondo Storni, però, bisogna fare di più: «La tassa va collegata a obiettivi precisi». Se questi non vengono raggiunti, la tassa dovrebbe aumentare gradualmente. Intanto, lunedì prossimo la deputazione ticinese incontrerà i vertici di FFS Cargo. Vertici che nel pomeriggio saranno in audizione anche in Commissione dei trasporti del Nazionale. Le domande sono tante, anche perché - conclude Storni - «la decisione di chiudere in Svizzera otto terminal, tra cui quello di Cadenazzo e Lugano, ha sorpreso tutti. Non eravamo al corrente delle difficoltà di questo vettore».