L'intervista

«Il congresso? Rispetto senza paura: non un PS dirigista, ma vivo e libero»

Amalia Mirante dice la sua in vista della scelta del 13 novembre dei due socialisti in corsa per il Governo - Parla a punge: «Come la stragrande maggioranza dei ticinesi non posso contare su pedigree nobili e influenti»
Amalia Mirante guarda al congresso del PS del 13 novembre. L’obiettivo è uscire da quella riunione da candidata al Consiglio di Stato. © CDT/Chiara Zocchetti
Gianni Righinetti
02.11.2022 06:00

Lei ci crede fortemente. Sa che la strada è in salita, ma afferma che tale è stata anche la sua vita da figlia di emigrati: «Non posso contare su pedigree nobili o genitori influenti». Amalia Mirante riuscirà a candidarsi al Governo sulla lista rossoverde?

Amalia Mirante, se il congresso del PS vorrà, correrà per la terza volta consecutiva per una sedia in Consiglio di Stato. Possiamo dire che Amalia Mirante è una donna insistente?

«Non userei il termine insistente. Sono una donna determinata e se ritengo che una battaglia sia giusta vado fino in fondo. D’altronde non sono né la prima né l’unica a presentarsi più volte per la medesima carica. Credo che però sia corretto sottolineare che nei precedenti casi in cui sono stata in lista per il Governo ho portato moltissimi voti al partito pur non avendo vere possibilità di essere eletta. Ho contribuito al successo comune».

Va però ammesso che per un partito che si fregia di mirare al «rinnovamento» lei non è propriamente un profilo innovativo…

«Mi permetta di non essere d’accordo. Quel che c’è di innovativo nella mia candidatura è il mio curriculum di donna che non ha alle spalle una vita di politica, famiglie influenti e strade spianate. Una donna che vive della sua professione ed è indipendente dal punto di vista del pensiero. In aggiunta, trovo molto innovativo proporsi in modo trasparente alla base del partito senza attendere investiture dall’alto».

Mai eletta, è vero, ma anche perché ha sempre rifiutato la corsa al Gran Consiglio. Questa volta sarebbe della partita per giocare personalmente e per il PS?

«Non so se davvero la pratica di mettere in lista per il Parlamento persone che sono già in corsa per il Consiglio di Stato sia così corretta. Ad alcuni si dà una visibilità maggiore e così facendo magari si tengono fuori dal Parlamento persone che potrebbero invece farcela. Io ho già giocato una partita personale ma anche per il PS, ho portato quasi 17.000 voti personali al mio partito senza chiedere nulla in cambio, nemmeno un sicurissimo posto nel Legislativo. Né posti in Consigli di amministrazione o altro».

La lista con dentro il mio nome sarebbe più forte, più attrattiva e diversificata

Intervenendo a «Detto tra noi» su Teleticino ha dichiarato: «Io sarò su quella lista». Ha esternato tanta sicurezza, che qualche congressista potrebbe leggere come una sconfinata arroganza. Perché è così convinta di farcela?

«Come spesso succede, la determinazione e la sicurezza di una donna vengono giudicate “arroganti”. Amen. In realtà, penso che compagne e compagni sappiano bene che una lista forte è una necessità e che la lista con dentro il mio nome sarebbe più forte, più attrattiva e diversificata. E questo fa anche un traino migliore per il Gran Consiglio, dove è fondamentale mantenere i seggi. Non dimentichiamo che una sconfitta dell’area in aprile potrebbe pregiudicare anche i risultati delle federali a cui seguiranno le comunali. Una lista più forte ci fa vincere tutti».

Guardiamo per un momento al passato. A febbraio ha bruciato sul tempo tutti dichiarando che voleva candidarsi e minacciando da subito di andare fino al congresso. Ma quale è stato il senso di una partenza tanto anticipata?

«Non credo che ricordare che il congresso è l’organo ultimo chiamato a decidere le candidature sia una minaccia. Scherziamo? È solo dire il vero, anzi l’ovvio. Ritengo che le scelte verticistiche danneggino il partito e soffochino il dibattito. Dibattito vero che ci sarà al congresso e che quindi non sarà semplicemente un luogo di ratifica».

In politica spesso non vale il detto «chi prima arriva, meglio alloggia».

«Caso mai io arrivo per ultima, ma di fronte al congresso. In modo trasparente senza nascondermi e senza giocare il trito rituale della “messa a disposizione con sacrificio”. Ritengo di avere i numeri per candidarmi: perché me li hanno dati gli elettori e le elettrici nel 2019. E mi candido di fronte all’organo che ha il diritto-dovere di decidere. E lo faccio sapendo che questo mi espone ad accuse e anche, francamente, a volte a insulti».

La settimana scorsa qui abbiamo ospitato Marina Carobbio, la candidata «d’esperienza» della direzione del PS. Ha un messaggio per lei?

«Di sicuro non userò i giornali per mandare messaggi a compagne o compagni di partito».

Ha mai pensato in queste settimane «chiamo Marina e ci chiariamo»?

«Sono sempre stata pronta ad affrontare discussioni pubbliche e private. Se non sono avvenute non è perché io abbia detto di no, ma perché non sono state cercate da chi ha il dovere istituzionale di farlo. I co-presidenti possono organizzare tutti gli incontri necessari anche nei prossimi giorni, io sono sempre pronta».

A Carobbio ora basta il sì del congresso. La sua strada è molto in salita: prima dovrà convincere i congressisti a cancellare il vincolo «giovane» ed «esperto» e poi a risultare almeno la seconda votata dei potenziali tre candidati. Ha un asso nella manica che non vuole svelare?

«La mia strada è in salita? Ci sono abituata. Sono figlia di emigrati, non ho mai avuto trattamenti di favore, mi sono dovuta guadagnare tutto quello che ho, sono una donna single che lotta per i propri obbiettivi senza poter contare sull’appoggio di genitori importanti. Mio padre prima di me ha dovuto guadagnarsi ogni franco con enormi difficoltà e fatica. Per non parlare dei sacrifici fatti da mia madre. Vuole che mi spaventi dovere affrontare un voto al congresso? Ne ho rispetto ma non paura. Come la stragrande maggioranza dei ticinesi non posso contare su pedigree nobili e su genitori influenti. Ma non vuol dire che sia, per questo, una perdente. Anzi, aver dovuto superare molte difficoltà fin da bambina, mi ha rafforzato e mi ha dato quella determinazione che alcuni scambiano per arroganza o “insistenza”».

Non ho mai avuto trattamenti di favore, mi sono dovuta guadagnare tutto quello che ho, sono una donna single che lotta per i propri obbiettivi senza poter contare sull’appoggio di genitori influenti

Oggi si dice aperta all’alleanza con i Verdi, ma sino a fine agosto lei e i suoi sostenitori vedevano in questa mossa una sciagura per il PS. Non sappiamo qualcosa?

«Questo è sbagliato. Io ho fatto parte per 15 anni di un gruppo socialisti-verdi che ho rappresentato in Municipio; ho collaborato coi Verdi nell’iniziativa “Salviamo il lavoro in Ticino” ed ero l’unica socialista tra i proponenti. Tuttavia, potrò essere critica sui modi con cui si arriva alla composizione della lista comune – non al principio dell’alleanza – senza essere messa alla berlina? Come tutto quel che faccio, le mie riserve vanno a vantaggio di tutta l’area. Una lista più equilibrata, più forte, più rappresentativa, ci fa vincere tutti».

I Verdi hanno dichiarato che se lei sarà della partita potrebbero rivedere l’alleanza rossoverde. Si è mai chiesta come mai tutti ce l’hanno un po’ con lei?

«Guardi, non credo che i Verdi vogliano rivedere l’alleanza. In fondo, sanno benissimo che le candidature del PS le sceglie il PS. Una pressione come questa prima del nostro congresso mi sembrerebbe, se non fosse un inciampo, un’ingerenza molto grave nei nostri processi democratici. Ma voglio credere che si tratti di un fraintendimento».

Carobbio insiste sulla necessità di parlare dei temi. La settimana scorsa c’era un Comitato cantonale a porte chiuse dedicato a questo scopo, ma lei non ci è andata. Segno che tematizzare e argomentare, in questa fase, non le interessa?

«Io non sono membro del Comitato cantonale e ho impegni professionali che non sempre mi permettono di parteciparvi a titolo volontario. Questa riunione non era programmata ed è stata annunciata con un preavviso troppo breve».

Evaristo Roncelli ha lasciato la vicepresidenza perché sostiene che nel PS sia in atto una strategia e un piano studiato a tavolino in quel di Lumino sull’asse Carobbio-Riget-Sirica. Ha la medesima impressione?

«Che la lista attuale sia fatta per portare Marina Carobbio in Consiglio di Stato senza opposizione interna non è un’impressione che ho solo io purtroppo. È quanto è stato voluto programmaticamente e pubblicamente difeso dalla direzione. È legittimo. Politicamente, però, lo ritengo un errore grave. Elettoralmente, rischiamo di pagarlo caro».

Discutere e confrontarsi è non solo utile ma necessario

Lei sente di essere espressione della «socialdemocrazia». Ma cosa intende con questo concetto e linea politica?

«Da Bad Godesberg in poi si sa benissimo cos’è la socialdemocrazia. È una visione del mondo che concilia giustizia sociale, libertà individuali, economia di mercato e gradualismo. È una sinistra aperta, moderna, al passo con i tempi, nelle idee, nel linguaggio e nei modi. In questo momento una parte del PS punta molto a sinistra, la lista come composta dalla Direzione è molto profilata a sinistra il che rischia di lasciare per strada chi invece si riconosce nei contenuti e nei metodi della vera socialdemocrazia svizzera ed europea».

Chi e cosa sta spaccando il PS in questo momento intriso di astio?

«Un partito che discute anche animatamente è un partito vivo e forte. Dobbiamo preoccuparci del voler imporre un pensiero unico, del dirigismo e del metodo del centralismo democratico, non del fatto che si discuta e magari si litighi. Se la discussione in corso porterà a una lista migliore e più forte o a una maggiore adesione alla lista proposta dalla Direzione, sarà la prova che discutere e confrontarsi è non solo utile ma necessario. Spero non si voglia invece un partito dove si annuisce e non si disturba chi dirige. Ma il PS è un partito vivo e libero e faremo un bellissimo congresso pieno di interessanti discussioni».

Se il congresso la boccerà, sentiremo ancora parlare di lei per le elezioni del 2023?

«Certo, caro Righinetti, non si illuda di essersi liberato di me...».

Questo lo dovrebbe dire ai suoi compagni...

«Loro lo sanno già, proprio perché da 23 anni sono i miei compagni».

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