L’intervista

«Il sostegno al Pardo non cambia»

La direttrice del DECS Marina Carobbio Guscetti affronta per la prima volta il Festival nella veste di responsabile cantonale della cultura – «Alla presidente designata Maja Hoffmann, che spero di incontrare presto, ribadirò l’importanza dell’indipendenza delle scelte»
© CdT/Gabriele Putzu
Mattia Sacchi
05.08.2023 06:00

«È certamente una bella sensazione partecipare come direttrice del DECS a una manifestazione conosciuta in tutto il mondo. Un Festival che coinvolge migliaia di appassionati di cinema e che funziona grazie alla volontà e all’impegno di tante collaboratrici e collaboratori che vi lavorano. Ed è una bella soddisfazione sapere che il Pardo permette di far conoscere il nostro cantone anche fuori dai confini nazionali grazie alla bellezza artistica, alla solidarietà e ai temi sociali che vengono affrontati con queste proiezioni».

Marina Carobbio Guscetti è in Governo da 4 mesi e per la prima volta affronta la platea del Festival avendo sulle spalle una responsabilità politica diretta sui temi culturali.

«La caratura delle personalità che arrivano dalla Svizzera e dall’estero e la qualità dell’offerta cinematografica è decisamente indicativa di come questa manifestazione contribuisca alla divulgazione culturale in questo cantone - dice Carobbio al Cdt - Non solo per quello che viene proposto in Piazza Grande, ma anche per le varie rassegne in programma: in particolare, tengo molto a Open Doors, che si occupa della cinematografia indipendente nei Paesi del Sud del mondo. La ticinesità del Pardo penso che sia ben espressa dall’interesse del pubblico ticinese e dal sostegno, a livello politico, del Consiglio di Stato e del Gran Consiglio», aggiunge.

I ricordi più belli della direttrice del DECS legati al Pardo rimandano «soprattutto le riflessioni che scaturiscono nel guardare certe proiezioni. Lo scorso anno ho molto apprezzato la visione in piazza Grande di Semret, della regista ticinese Caterina Mona: la storia di una donna con un passato migratorio che lavora in un ospedale a Zurigo ed è pronta ad affrontare le tante sfide della vita per offrire alla figlia un futuro migliore. O la visione, nel 2016 di I, Daniel Blake di Ken Loach, uno dei miei registi preferiti che con i suoi film affronta in modo unico le difficoltà sociali e le diseguaglianze». Loach che è presente a Locarno anche quest’anno.

«Con ogni probabilità - ammette Marina Carobbio - sarò in piazza a vedere il film, ma non ho pensato all’eventualità di incontrarlo. Certo, sarebbe una bella occasione per parlargli e saperne di più sulla sua visione della società. D’altronde, è vero che il Locarno Film Festival permette di fare incontri importanti con gli artisti particolarmente predisposti al dialogo con gli appassionati, ma ho sempre trovato più interessante il livello culturale della produzione artistica. Mi è successo spesso di rimanere più colpita da produzioni minori, che proprio grazie a questo Festival trovano spazio, invece che da quelle di personalità più blasonate».

Inevitabile chiedere alla direttrice del Decs che cosa pensa della designazione di Maja Hoffmann a presidente del Festival. «Non ho ancora avuto modo di conoscerla e di parlarle - dice Carobbio - spero di poterlo fare in occasione della prossima assemblea, quando sarà nominata ufficialmente presidente. Potrò anche mostrarle il sostegno concreto da parte delle istituzioni cantonali, ribadendo l’importanza del Locarno Film Festival e auspicando continuità nell’indipendenza della scelta delle produzioni e della divulgazione culturale».

Per una presidente che arriva, uno che se ne va: Marco Solari. «Il Festival non sarebbe diventato ciò che è oggi senza Marco Solari e il suo impegno quotidiano nel far conoscere l’importanza della manifestazione dentro e fuori dai confini cantonali. E i risultati ottenuti penso siano sotto gli occhi di tutti».

L’ultima riflessione è una promessa, e riguarda il sostegno delle istituzioni ticinesi a Locarno. «Non è assolutamente in discussione. Il Pardo è un Festival diverso da tutti gli altri, che ha preferito preservare la grande qualità della proposta cinematografica agli aspetti più superficiali. Permettendo al Ticino di farsi conoscere e apprezzare internazionalmente».

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