Intesa Lega e UDC al tramonto tra rimpalli di responsabilità

Al divorzio tra Lega e UDC sembra ormai mancare solo l’ufficialità. E come in ogni matrimonio al capolinea, non mancano le accuse reciproche. Partita in salita dopo il «diktat» dei democentristi, che hanno messo il veto sulla candidatura di Claudio Zali alle prossime elezioni cantonali, l’intesa appare prossima al fallimento. Lo testimoniano le durissime parole del presidente UDC Piero Marchesi, che non solo ha criticato le modalità - definite «ingiustificabili» - con cui hanno agito i due consiglieri di Stato, ma ha pure invitato gli altri membri dell’Esecutivo a non avallare l’arrocco. «Quello dell’UDC è un comunicato dai toni molto duri, considerando il percorso condiviso fino ad oggi. E dimostra di osteggiare apertamente la nostra proposta di arrocco, trasformando una scelta legittima e trasparente in un processo alle intenzioni», ha reagito il coordinatore della Lega, Daniele Piccaluga. «Da parte nostra - tiene però a chiarire - non c’è alcuna volontà di non proseguire con l’intesa. Anzi, sono stati proprio loro a rendere fin dall’inizio tutto più complicato, ponendo il veto sul nome di Zali ancora prima di qualsiasi reale confronto». Le parole di Marchesi, prosegue il coordinatore, «fanno trasparire un evidente risentimento nei nostri confronti e sembrano quasi palesare la volontà da parte loro di non correre più con noi». A questo proposito, però, Piccaluga è perentorio: «Se l’UDC deciderà di non proseguire con l’alleanza in vista delle cantonali, dovrà essere pienamente consapevole che non ci sarà alcuna intesa neppure per le Federali e, probabilmente, anche per le Comunali. Le alleanze si costruiscono sulla fiducia e sulla coerenza, non a geometria variabile. Spesso ci viene ricordato che la Lega oggi può contare su due consiglieri di Stato grazie ai voti democentristi, ma va anche ricordato che, se oggi l’UDC siede al Consiglio degli Stati lo deve anche ai voti della Lega. Le alleanze funzionano quando il rispetto è reciproco». E ancora: «Se correremo separatamente, è chiaro che qualche incognita ci sarà anche per noi, ma siamo pronti a questa sfida. Loro, però, potrebbero perdere il proprio rappresentante alla Camera alta. L’alleanza resta viva. Ma se loro, come sembra, vogliono farla cadere, dovranno assumersene la responsabilità: non potranno poi pensare di contare su di noi per le Federali». Insomma, l’avvertimento di Piccaluga ai «cugini» democentristi è di valutare bene le prossime mosse, perché il conto potrebbe essere salato. Viste le premesse, però, pensare di continuare insieme sembra complicato. E la mossa leghista di proporre uno scambio di dipartimenti tra Zali e Gobbi non ha fatto altro che peggiorare le cose. «Non si è trattato di uno sgambetto all’UDC», chiarisce Piccaluga. «Di fronte alle continue accuse di immobilismo, l’arrocco è stato concepito dalla Lega per dare un segnale chiaro di cambiamento, nell’interesse dello Stato e della popolazione».
«Solo a certe condizioni»
Di tutt’altro avviso è il capogruppo democentrista Sergio Morisoli che, commentando l’eventualità di una rottura definitiva dell’alleanza, precisa: «All’interno dell’UDC le decisioni vengono prese dagli organi del partito, non da poche persone. È così che funziona da noi. È ancora troppo presto per sbilanciarsi. Va però ricordato che non si tratta di un’alleanza con Norman Gobbi e Claudio Zali, ma con la Lega. Noi restiamo disponibili a lavorare per un’intesa, ma solo a certe condizioni. E non è un mistero che una di queste sia il passo indietro di un uscente leghista, per garantire una competizione equa e rafforzare una destra che oggi, così com’è, appare più debole». Ma come non notare, tuttavia, che la mossa del duo leghista sembra finalizzata a rilanciare le proprie ambizioni, magari in vista di un attacco da parte UDC? «Di certo - osserva - non lo hanno fatto per il bene del Paese, come vanno ripetendo, ma per migliorare il proprio profilo in chiave elettorale, visto che i risultati ottenuti finora non sono all’altezza delle aspettative. Si tratta chiaramente di un tentativo di rilanciare loro stessi. Diversamente si è comportato Marchesi, che prendendo posizione sul tema ha anteposto l’interesse del cantone». Un esito simile a quello delle cantonali del 2023 è ciò che l’UDC vuole evitare a tutti i costi: «Non solo per il risultato in sé, che ci ha penalizzati, ma anche per le difficoltà nei rapporti con i due eletti, che oggi - non è un segreto - non funzionano». Di certo, anche se non si può dire che l’alleanza sia definitivamente saltata, si è aggiunto un ulteriore fattore che ne accentua la fragilità: «Possiamo dire che si tratta di un elemento in più – osserva Morisoli – perché di segnali negativi ce ne sono già diversi: dalle iniziative ignorate dai due leghisti in Governo, alle mozioni e agli atti parlamentari respinti quando provenivano dai nostri ranghi, fino ai messaggi governativi apertamente contrari a certe nostre posizioni».
Le parole di Zali
A parlare, a «Detto tra noi» in onda su Teleticino ieri, è stato poi il diretto interessato, Claudio Zali. Interpellato sulla richiesta dell’UDC di non vederlo in lista, il «ministro» ha replicato: «Lo trovo poco accorto da parte loro. Mettiamoci nei panni di Piccaluga: ti viene detto che “con il nostro aiuto fate il secondo seggio, ma questo deve andare a noi’’. Un accordo su queste basi sarebbe una dichiarazione di resa». E ancora: «Non ho mai visto proposte di alleanza con un diktat sui nomi. È legittimo che dicano che io non piaccio a loro, ma uscire così in anticipo con un veto sul mio nome... Insomma, mi pare che a questo punto il discorso abbia preso una certa piega». A Zali è poi stato chiesto come sia andata con la decisione di anticipare la notizia su il Mattino della domenica: «In questo cantone è difficile mantenere riservata un cosa che sanno più di due-tre persone, e sarebbe stato un peccato se fosse uscito qualche spiffero su un sito o un quotidiano. Mi distanzio però dalla comunicazione del Mattino: non avrei affidato al Mago Otelma la comunicazione». Da parte sua, Piccaluga, sempre nel corso della trasmissione, ha confermato che i due consiglieri «erano contrariati» all’idea di uscire con la notizia sul domenicale e che lui «non era né favorevole, né contrario».
«Toni che non fanno sperare»
Tornando all’intesa tra Lega e UDC, «le parole e i toni litigiosi non fanno ben sperare», ammette il sindaco di Lugano Michele Foletti, che ricorda invece come venne costruita l’alleanza per le Comunali. «Nessuno, allora, si è permesso di mettere alcun veto sui nomi. Abbiamo discusso sui posti in lista, ma poi ognuno è stato libero di scegliere i propri candidati». Guardando all’oggi, quindi, il «peccato originale», secondo Foletti, sarebbe da imputare all’UDC che ha posto quale condizione preliminare quella di non vedere più Zali in lista. La mossa leghista dello scambio dei dipartimenti, poi, ha fatto il resto. «È chiaro che all’UDC non ha fatto piacere. Penso sia stata letta come un tentativo di smarcarsi dall’alleanza, anche perché è presumibile che l’idea di Zali di cambiare dipartimento sia indicativa del fatto che intende ricandidarsi». Da ultimo, ieri ha preso posizione anche Avanti con Ticino&Lavoro che sull’arrocco è stato categorico: «Il problema non è solo chi siede dove, ma perché la politica si muove. E troppo spesso, purtroppo, si muove solo per spartirsi le sedie, non per affrontare i problemi della popolazione». In una nota, il deputato Evaristo Roncelli sostiene che sarebbe opportuno parlare «di contenuti. È ora di dire basta ai giochi di potere».