Il caso

La «foto simbolo» della guerra e quello che c'è dietro

Una bimba di nove anni, un fucile, un rudere, «Young girl with candy» – L'immagine è stata scattata il 22 febbraio, due giorni prima dell'invasione russa – È uno scatto «costruito», ma che raggiunge il suo scopo
© Facebook/Oleksii Kyrychenko
Jenny Covelli
14.03.2022 16:11

Una bambina quasi adolescente, tra i capelli alcuni nastri gialli e blu, i jeans, gli stivali con il pelo, il lecca-lecca in bocca. È seduta sul davanzale di un rudere, lo sguardo rivolto verso l'orizzonte, dietro alla sua schiena. Ma qualcosa di diverso e inaspettato c'è: imbraccia un fucile. È l'ultima delle immagini che stanno facendo il giro del mondo, icona di un conflitto ingiusto, come tutte le guerre sono. La foto è stata postata su Facebook dal padre della ragazzina - «Young girl with candy» - ed è diventata virale quando l’ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk l'ha condivisa su Twitter, con la didascalia: «Ora spiegate a lei che sanzioni più pesanti sarebbero troppo costose per l’Europa».

Le reazioni sono state moltissime sui social. Da chi asseriva di fare molta fatica a guardare quell'immagine, a chi era indignato di tanta violenza in mano a una ragazzina. Altri l'hanno usata come «foto simbolo». Ma in realtà non si tratta di uno scatto spontaneo. È stato il padre della piccola, 9 anni, a chiarire la situazione, con un lungo post. «History of one photo». Il ritratto (uno di tre) risale al 22 febbraio 2022, due giorni prima dell'invasione dell'Ucraina da parte delle truppe russe. È una foto «costruita».

Era il 22 febbraio, due giorni prima dell'invasione russa

«Mi chiamo Oleksii, ho una moglie e tre figli, prima della guerra lavoravo come ingegnere a Kiev, la fotografia è il mio hobby». L'uomo spiega di avere realizzato le foto perché nelle ultime settimana la tensione era alta, ma nessuno pensava che sarebbe scoppiato un vero e proprio conflitto. Il suo obiettivo era di sensibilizzare il mondo social sulla situazione in Ucraina. «Attirare l'attenzione e mostrare provocatoriamente quello che sarebbe potuto accadere in Ucraina». Una sorta di presagio, considerate le immagini che purtroppo vediamo quotidianamente già da 19 giorni. 

«Il fucile è mio, mia figlia non sa sparare - ha quindi chiarito l'uomo -. Naturalmente, era scarico». Il 22 febbraio lo scatto è stato postato su alcuni gruppi Facebook «stranieri». Ma è stato «bannato» da quelli in cui gli amministratori erano di nazionalità russa. «Il mondo ha visto il vero volto dell'invasione russa». 

Qualunque sia stata la genesi, questa foto è diventata uno dei simboli della guerra in Ucraina.

Immagini di minori che fanno la storia
Non è raro che dei bambini diventino, loro malgrado, simboli di momenti tragici della storia. In questo caso, va nuovamente precisato, lo scatto è stato costruito. Un'immagine creata ad hoc dal padre della piccola, in sicurezza. Mentre per altre foto diventate «simbolo» non è affatto andata così. È il caso, ad esempio, di Kim Phùc, nuda e piangente, in una delle foto più celebri del Novecento, icona della guerra del Vietnam. Phúc è stata invitata alla trasmissione «Che tempo che fa» della Rai, nel 2019, per presentare la sua autobiografia. È bene ripeterlo: l'immagine, in questo caso, è maledettamente reale. Quando la foto fu scattata, Phúc aveva 9 anni (come la bimba ucraina) e viveva a Trang Bang, un paesino del Vietnam del Sud che era stato occupato dalle forze nordvietnamite. Quel giorno un gruppo di cacciabombardieri Douglas A-1 Skyraider dell’aviazione sudvietnamita attaccò con le bombe al napalm Trang Bang. A causa del napalm, altamente infiammabile, il braccio sinistro di Phúc prese fuoco e il suo vestito si distrusse in pochi secondi. Scappò dal tempio e cominciò a correre lungo la Route 1 verso le posizioni controllate dall’esercito sudvietnamita. La fotografia fu scattata da Nick Ut dell'Associated Press, che vinse il premio Pulitzer.

© Shutterstock
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Fu lo stesso fotografo a portare la bambina in auto in ospedale, mostrando il tesserino della stampa americana ai medici affinché facessero tutto il possibile per curarla. Phúc venne dimessa dall’ospedale 13 mesi dopo l’attacco e tornò nel suo piccolo villaggio. Il trenta per cento del suo corpo aveva subito ustioni di terzo grado. Horst Faas, capo dei fotografi dell’Associated Press nel Sudest asiatico, decise di diffondere la foto (nonostante la nudità di una minore). Comparse in prima pagina sul New York Times del 9 giugno, con il bordo destro tagliato, e fece molta impressione nell’opinione pubblica.

Due foto. Due simboli. Due contesti completamente diversi. Una cosa in comune: la guerra.

«Kiev è casa mia, io rimango qui»
Lev Shevchenko

Tornando all'Ucraina, un'altra immagine merita di essere condivisa in questo articolo. È stata scattata dal 32.enne Lev Shevchenko, geometra di Kiev. Ritrae la finestra di un appartamento in via Dashkevycha, nel quartiere Voskresenska, protetta in modo insolito: un muro di libri. «Kiev è casa mia - ha dichiarato l'occhio dietro all'obbiettivo -. Io rimango qui».

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