Reazioni

La fuga in avanti leghista manda la politica su tutte le furie

La Commissione giustizia e diritti del Parlamento parla di ingerenza nel terzo potere - Dadò: «Pronti a raccogliere le firme» - Intanto, un po’ a sorpresa, Gobbi saluta i funzionari con una e-mail
© CdT/Gabriele Putzu

«Sorpresa». «Stupore». «Abuso». Buona parte della politica, per usare un eufemismo, non ha accolto bene l’annuncio – durante le rispettive allocuzioni all’apertura dell’anno giudiziario – fatto da Norman Gobbi e Claudio Zali di voler effettuare un arrocco di dipartimenti. Soprattutto perché, al netto delle speculazioni e della notizia anticipata da il Mattino della domenica, lo scambio a metà legislatura (un unicum nella storia del Cantone) non è ancora stato approvato dal Governo. Un «cortocircuito» istituzionale confermato da una e-mail interna firmata e inviata pochi minuti dopo la fine del suo discorso da Gobbi stesso, in cui il consigliere di Stato si congeda già dai suoi funzionari. «Desidero condividere con voi una riflessione importante», si legge nello scritto che il CdT ha potuto visionare. «Dopo quattordici anni alla guida del Dipartimento delle istituzioni, insieme al collega Claudio Zali abbiamo informato il Consiglio di Stato della nostra intenzione di scambiarci i Dipartimenti». Quindi, il punto centrale: «La decisione del Governo non è ancora stata presa». Insomma, l’avallo dell’Esecutivo ancora non c’è, eppure i discorsi di questa mattina a palazzo dei Congressi (vedi articolo principale) non lasciavano molto spazio ai dubbi: per Gobbi e Zali i giochi sono fatti. Tanto che, addirittura, ci sarebbe già una data precisa: lo scambio dovrebbe diventare effettivo dal 1. ottobre.

«Mossa disperata»

Discorsi, quelli dei due membri dell’Esecutivo, vissuti «in diretta» non solo dalla magistratura ticinese di ogni ordine e grado, ma anche dalla Commissione giustizia e diritti del Parlamento, invitata come da tradizione all’apertura dell’anno giudiziario. Se per Alessandro Mazzoleni, presidente leghista del gremio parlamentare, la questione dell’arrocco non tocca da vicino la Commissione, per altri le cose sono ben diverse. Anzi: secondo quanto abbiamo potuto apprendere, il tema dell’annuncio fatto in quel particolare contesto ha spaccato in due il gruppo di deputati, incontratisi in una riunione extra muros in una saletta di palazzo dei Congressi. «Se davvero lo scambio non è ancora stato formalizzato, allora non c’è che da rimanere a bocca aperta», sottolinea ad esempio Roberta Soldati (UDC). «Nei discorsi ufficiali si fa un gran parlare di rispetto istituzionale, di separazione dei poteri». Ma la realtà, prosegue la deputata, è molto diversa: «Qui si pone un grosso problema di forma». Anche per Cristina Maderni (PLR), prima vicepresidente della Commissione, l’arrocco da parte di Gobbi e Zali «andava prima formalizzato in Consiglio di Stato e poi comunicato». «Accetto la volontà dei due consiglieri di Stato di cambiare dipartimento, ma dagli annunci che ho ascoltato sembrava cosa già fatta. E ricordo che l’apertura dell’anno giudiziario non è un evento organizzato dal Consiglio di Stato».

Molto più duro, per contro, Fiorenzo Dadò. Secondo il presidente del Centro, infatti, «non si tratta di cose di loro proprietà, lo Stato è dei cittadini e un cambio ora non ha nessun senso a un anno e mezzo dalla fine di legislatura, è semplicemente una mossa improvvisata che lascia trasparire la grande difficoltà in cui si trovano entrambi», spiega. «Una mossa della disperazione, con cui si giocano le ultime carte. Chiediamoci cosa hanno realizzato in tutti questi anni? Se Zali aveva queste grandi idee per riformare la Giustizia come mai non ha preso il Dipartimento prima o le ha suggerite al suo compagno Gobbi? Non si era mai vista una cosa del genere, con due consiglieri di Stato che all’apertura dell’anno giudiziario si presentano come se nulla fosse ad annunciare una decisione che non è ancora stata discussa e tantomeno decisa in Governo». Non solo: per Dadò, quanto avvenuto questa mattina «è stata anche un’ingerenza in casa d’altri, uno sgarbo nei confronti del presidente del Tribunale d’appello, che è il padrone di casa e verosimilmente non sapeva di questa messinscena. Questa giornata è un’occasione di incontro tra magistrati e avvocati dedicata alla Giustizia, in cui noi siamo solo ospiti, e l’hanno trasformata in un palcoscenico per distribuirsi le cadreghe. È stato un chiaro abuso, un’ingerenza da parte dei due consiglieri di Stato che hanno dimostrato di non avere senso delle istituzioni e non rispettare l’indipendenza del potere giudiziario. Gobbi per via dei problemi con il processo ai due agenti e all’inchiesta segreta su Eolo Alberti, Zali per altri temi che sa lui, si giocano questa carta rumorosa forse per confondere un po’ le idee. Insomma ancora una volta si antepongono gli interessi di bottega a quelli della collettività». Poi, l’avvertimento: «Se va in porto questa operazione (l’arrocco, ndr) imposta con la forza e se non ci sarà l’unanimità in Governo, siamo pronti a valutare con altri partiti responsabili il lancio di un’iniziativa popolare per porre un argine a questo scempio e a questa cadregopoli fatta per meri interessi personali».

Anche Daria Lepori (PS) parla di problema di opportunità. «Perché fare l’annuncio all’apertura dell’anno giudiziario?», si chiede infatti la deputata. «Non si poteva aspettare qualche giorno, il tempo di ricevere l’avallo del Governo per lo scambio di dipartimenti?». «Zali», riprende Lepori, «ha detto a chi lavora nella giustizia ‘‘ci vediamo l’anno prossimo’’. Mi sembra inopportuno, poco corretto e non professionale». Soprattutto perché, spiega, l’Esecutivo non ha ancora approvato l’arrocco. «Ci si sente come strumentalizzati per un mero calcolo politico-elettorale. Così non si fa certo il bene del Paese. Se davvero avessero voluto migliorare le cose, avrebbero potuto scambiarsi i dipartimenti due anni fa, a inizio legislatura».

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