Politica

La Lega tenta l’arrocco in Governo, dagli altri partiti fioccano critiche

Claudio Zali e Norman Gobbi intenzionati a scambiarsi i Dipartimenti: «Pronti a raccogliere nuove sfide a beneficio del Cantone» – Fiorenzo Dadò (Centro): «Cadregopoli» - Laura Riget (PS): «Marketing elettorale» - Alessandro Speziali (PLR): «Così provano a rilanciarsi»
©Gabriele Putzu

Ha provocato un vero e proprio «polverone» politico l’annuncio, apparso su il Mattino della domenica, di un imminente rimescolamento di Dipartimenti tra i due consiglieri di Stato della Lega dei ticinesi. «Arrocco leghista in CdS: Norman Gobbi e Claudio Zali si scambieranno i Dipartimenti», si poteva leggere a caratteri cubitali sulla prima pagina del domenicale di via Monte Boglia. Un annuncio che non ha lasciato indifferenti gli altri partiti: tra chi parla di «cadregopoli», chi di «marketing elettorale» e chi di «ammissione di fallimento», un po’ tutti sono rimasti sorpresi dalla comunicazione fatta tramite il domenicale.

Oggi, i diretti interessati (Gobbi, Zali e il coordinatore Daniele Piccaluga) non hanno voluto commentare l’annuncio, rimettendosi a quanto scritto su il Mattino della domenica dal consigliere nazionale Lorenzo Quadri. Una comunicazione ufficiale, da parte della Lega, potrebbe però arrivare nei prossimi giorni. Ad ogni modo, stando al domenicale proprio domani mattina entrambi i consiglieri di Stato saranno presenti all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Inevitabilmente, dunque, anche nei discorsi ufficiali verrà trattato il tema.

I pochi punti fermi

Sia come sia, in questo momento i punti fermi sono ben pochi. Sappiamo che i consiglieri di Stato Gobbi e Zali hanno comunicato le loro intenzioni ai colleghi di Governo la scorsa settimana, al termine della riunione settimanale. E sappiamo che per il momento di decisioni ufficiali da parte del Consiglio di Stato non ne sono ancora state prese. Per poter scambiare i due Dipartimenti, infatti, occorre un voto a maggioranza dell’Esecutivo. I due «ministri» leghisti avranno dunque bisogno del sostegno di almeno un collega. Conosciamo poi le ragioni «ufficiali» dello scambio. Sul domenicale si motiva la decisione parlando della dimostrazione «che entrambi i “ministri” leghisti sono ancora pienamente motivati e pronti a raccogliere nuove sfide, grazie anche all’impulso dato dal nuovo coordinatore della Lega Daniele “Picca” Piccaluga». E si parla di Zali come dell’uomo giusto per condurre la Giustizia: «In quanto ex magistrato di lungo corso, conosce alla perfezione – e dall’interno – i meccanismi della Giustizia ticinese e di quanto vi ruota attorno (polizia ovviamente inclusa). Ha dunque tutte le carte in regola per, come si suol dire, “tirare in gol” in un settore cruciale dell’attività statale, ma che da tempo naviga in acque agitate». E si parla di Gobbi, di riflesso, come di un «uomo vicino alla realtà e alle problematiche del territorio, capace di portare nuove visioni sui numerosi e importanti dossier di competenza di questo Dipartimento». Più in generale, poi, per il domenicale l’arrocco previsto «è senza dubbio nell’interesse del Ticino e dei ticinesi, poiché in grado di infondere nuovo slancio all’attività governativa», con i ministri leghisti «pronti ad uscire dalla rispettiva “confort zone”, a beneficio del Cantone».

E le tante domande

Ma, appunto, i punti fermi finiscono qui. Le ragioni più «ufficiose» delle intenzioni leghiste, infatti, non sono note. E, dunque, le speculazioni e le domande sulla decisione non mancano. Ad esempio: il rimescolamento di carte è da leggere come una candidatura ufficiale alle prossime elezioni da parte di Zali? Se fosse così, sappiamo bene che l’alleanza con i “cugini” dell’UDC sarebbe da considerarsi conclusa. Oppure: lo scambio è voluto anche per tentare di «blindare» il più possibile il tanto ambito Dipartimento del territorio ed evitare che alle prossime elezioni finisca nelle mani di altri partiti? E poi ancora: perché scambiarsi i Dipartimenti proprio adesso, a metà legislatura, e non farlo due anni fa, oppure dopo le prossime elezioni? E infine: i colleghi di Governo acconsentiranno al rimescolamento di carte?

Le reazioni

Tante domande e tante speculazioni. Non a caso, anche i presidenti degli altri partiti, da noi raggiunti per commentare l’annuncio, hanno praticamente tutti criticato la comunicazione frettolosa, avvenuta tramite il domenicale. Di mossa «del tutto improvvisata» parla infatti il presidente del Centro Fiorenzo Dadò. «Se proprio volevano cambiare Dipartimento, avrebbero potuto farlo due anni fa, al momento del rinnovo del Consiglio di Stato», dice, non esitando a definire l’arrocco come «un’ammissione di fallimento» da parte dei due consiglieri di Stato. «Tutti i progetti che hanno cercato di portare avanti sono falliti. Solo per citarne alcuni: la riforma della Giustizia, Ticino 2020, per Gobbi. Il collegamento A2-A13, i sorpassi trastosferici sul tram-treno, la circonvallazione Agno-Bioggio per Zali. E ora, stanno tentando di usare le istituzioni per fare i propri interessi personali». Secondo Dadò, «questo è l’esempio lampante che la Lega è diventata tutto il contrario di ciò che voleva Giuliano Bignasca: tasse, radar e oggi pure cadregopoli». L’aspetto più grave, prosegue il presidente del Centro, «è che sembrano ignorare che lo Stato è dei ticinesi, non di un partito e ancora meno di due persone. E non lo si può usare per il proprio tornaconto in vista delle elezioni cantonali. Servono ragioni serie, di interesse di tutta la popolazione per cambiare Dipartimento, e qui non ce ne sono. Venire a raccontare che Zali salverà la Giustizia e che Gobbi, soltanto perché va in giro nei ristoranti del cantone, è l’uomo giusto per il Territorio, fa sorridere». La decisione, come detto, spetterà al Governo. E Dadò si dice curioso di vedere come andranno le cose: «Per un cambio simile, sembra ovvio, dovrebbe esserci l’avallo unanime del Consiglio di Stato. Se così non fosse - e se la decisione venisse presa a maggioranza - sarebbe una prevaricazione e significherebbe la fine della collegialità e un disastro per il prosieguo della legislatura, in primis per il difficile risanamento delle finanze cantonali e il preventivo in allestimento».

La notizia è stata accolta con sorpresa anche dalla co-presidente del PS Laura Riget. «Intanto per le modalità, perché si tratta di un tema delicato, che come tale andava discusso con il Consiglio di Stato nella sua totalità. E soprattutto nei gremi opportuni, anche perché la decisione non può essere presa dai due ministri, né dalla Lega. E sicuramente non da il Mattino della domenica». In più, dice Riget, «anche la tempistica ci ha stupiti. Non è prassi, infatti, fare cambi simili a metà legislatura». Il rischio, secondo la co-presidente, è infatti che si accumulino ritardi nei progetti strategici portati avanti dai due Dipartimenti: «Prima di immergersi davvero nei dossier di un nuovo Dipartimento occorrono mesi. Considerando che tra un annetto inizierà la campagna elettorale in vista delle elezioni cantonali, il pericolo è che da qui alla fine della legislatura non si tiri insieme nulla». Entrando poi nel merito dei cambiamenti prospettati, Riget non nasconde di avere qualche dubbio. «Zali ha sempre dimostrato di avere una certa sensibilità ambientale. Penso ad esempio ai trasporti pubblici, che lui ha sempre molto sostenuto per cercare di recuperare anche il ritardo del Ticino. A questo proposito, mi chiedo se anche Gobbi abbia la stessa sensibilità». Per quanto riguarda invece il possibile approdo di Zali al DI, «trovo un po’ semplicistico pensare che possa portare un miglioramento soltanto perché professionalmente è stato attivo nella Giustizia. Ricordo, tra l’altro, che appena una settimana fa Zali ha scritto un articolo su il Mattino della domenica mettendo in dubbio l’elezione di una giudice al Tribunale d’Appello». Un articolo giudicato da Riget «inopportuno», sia per il ruolo ricoperto da Zali, sia considerando la separazione dei poteri». Insomma, secondo la co-presidente del PS, «le premesse non fanno sperare che da questo arrocco scaturisca qualcosa di positivo». Anzi. «Credo sia semplicemente una mossa di marketing elettorale della Lega. Ma attenzione, perché a differenza dell’algebra, in politica non sempre due più due fa quattro».

Per il presidente del PLR Alessandro Speziali, la mossa «è probabilmente legata al fatto che la Lega aveva bisogno di stimoli nuovi, di rimescolare le carte per rilanciarsi». Lo stesso ragionamento, prosegue, può essere fatto anche a livello di Dipartimenti. «Entrambi, sia Zali che Gobbi, guidano i propri Dipartimenti da molti anni, quindi un arrocco può essere la scusa per provare a ritrovare slancio, permettendo ai progetti rimasti arenati di riattivarsi». Certo, ammette Speziali, non è usuale un cambio in corsa. «Si tratta senza dubbio di una decisione che rompe gli schemi. Evidentemente, i due interessati ne sentivano la necessità. Mi aspetto però che sia anche utile al Paese: Comuni più autonomi, Giustizia riformata e gestione del territorio meno rigida».

L’intesa è a rischio? «Per noi dell’UDC poco cambia»

Tra i grossi punti di domanda fatti sorgere dall’annuncio dell’arrocco leghista in Governo, vi è sicuramente quello legato alla ricandidatura (non ancora confermata) di Zali alle prossime elezioni cantonali. Sul foglio leghista, infatti, si parla di «ministri» ancora «pienamente motivati e pronti a raccogliere nuove sfide». Malgrado non ci siano conferme al riguardo, è dunque lecito aspettarsi, visto il segnale giunto da via Monte Boglia, che Zali voglia correre almeno per un’altra legislatura. Ma, come ben sappiamo, ciò significherebbe che l’alleanza con l’UDC sarebbe da considerarsi conclusa. I democentristi, infatti, non sono disposti a correre insieme ai leghisti se anche Zali sarà della partita.

Per il momento, però, il capogruppo dell’UDC, Sergio Morisoli, su questo fronte non si sbilancia. Anche perché, a prescindere dall’arrocco, le condizioni per fare l’alleanza restano tali. «Dal punto di vista tattico ed elettorale cambia ben poco», spiega Morisoli. «Entro la fine dell’anno la Lega dovrà far sapere se anche lei vuole continuare l’alleanza. E tutti sanno che Zali non si riconosce nell’UDC, e che l’UDC non si riconosce in Zali». Dunque, detto in parole povere, «che sia alla testa di un Dipartimento oppure dell’altro poco cambia». Per noi, aggiunge il capogruppo, «quel che conta è avere una ‘gara’ sana e alla pari con la Lega» per le elezioni. E che, quindi, almeno uno dei due «ministri» leghisti lasci il suo posto.

Sull’arrocco in quanto tale, poi, Morisoli non nasconde il suo scetticismo. «Mi chiedo per quale motivo sia utile al Paese. E poi perché farlo proprio adesso? Significa che c’è qualcosa che non quadra: è l’ammissione del loro fallimento nel portare avanti i grossi progetti?». Senza dimenticare una domanda fondamentale: «Il Governo glielo lascerà fare? E se sì, per quale motivo? Con quale vantaggio per il Paese?».