La pornostar che si farà l'Occidente

Il mercato del sesso vende l'illusione di averne ancora voglia
Oliver Broggini
26.04.2012 06:00

C?è questa ragazza napoletana che vuole diventare pornostar, e scatenare una rivoluzione nella cultura occidentale. Si chiama Valentina Nappi, ha 21 anni e su solferino28.corriere.it – il blog per giovani del Corriere della Sera – invoca la necessità di «una decostruzione potente della pornografia», che prenda a modello «la decostruzione dei concetti kantiani di spazio e di tempo ad opera di Einstein, la decostruzione della semantica referenziale della pittura ad opera di Kandinskij» e altre cose troppo imbarazzanti per essere riprodotte.

Pensavo a lei e alla sua impresa l?altra sera, sul Monte Ceneri. In uno di quei locali con le ragazze vestite come in un programma della TV italiana, riflettevo sui molti rivoli che hanno alimentato nel tempo la mia inclinazione al romanticismo. Tra le esperienze formative – subito dietro il Clos du Mesnil '98, la cinghiamattanza e il bukkake – sarebbe difficile stimare per eccesso il ruolo rivestito dalla lettura di Confidenze, settimanale costruito attorno a una decina di «storie vere», raccolte e trascritte dalla redazione. Durante il lungo inverno di frustrazione e onanismo che è stata la mia adolescenza, credo davvero che quelle pagine abbiano fornito uno dei contributi decisivi alla mia Bildung, evitando che in seguito il mio frigo si trasformasse in una variante ticinese di quello di Jeffrey Dahmer.

Ma basta parlare di me. Se ho introdotto il tema dei sentimenti è perché in questi giorni mi sono reimmerso in Extension du domaine de la lutte, breve romanzo d?esordio di Michel Houellebecq, apparso nel 1994 e già affinatosi nel tempo fino ad acquisire il respiro di un classico. Ve ne traduco uno dei brani centrali: la cena messicana tra il protagonista – un atarassico informatico sulla trentina – e un amico prete.

«Mangio una galletta ai fagioli rossi, e Jean-Pierre-Buvet mi parla di sessualità. Secondo lui, l?interesse che la nostra società finge di provare per l?erotismo (attraverso la pubblicità, le riviste, i media in generale), è in fin dei conti fasullo. La maggioranza delle persone, in realtà, è annoiata piuttosto in fretta dall?argomento; eppure sostiene il contrario, per una bizzarra forma di ipocrisia al contrario. E qui viene alla sua tesi. La nostra civiltà, dice, soffre di sfinimento vitale. Nel secolo di Luigi XIV, quando la voglia di vivere era grande, la cultura ufficiale metteva l?accento sulla negazione dei piaceri e della carne; ricordava con insistenza che la vita mondana non offre che delle gioie imperfette, che la vera sorgente di felicità è in Dio. Un discorso del genere, mi assicura, non sarebbe più tollerato oggigiorno. Noi abbiamo bisogno di avventure e di erotismo, perché abbiamo bisogno di sentirci ripetere che la vita è meravigliosa ed eccitante; e ciò, ovviamente, perché un po? ne dubitiamo».

Mi auguro sia chiaro che non intendo equiparare pornografia e prostituzione; il punto è soprattutto riflettere su come entrambi questi consumi emozionali abbiano (crescente) successo poiché rispondono in sostanza allo stesso, disperato dubbio esistenziale descritto da Houellebecq. Mi pare che l?attore Carmelo Bene, in una vecchia apparizione televisiva, descrivesse la tensione verso il porno come il «desiderio di provare desiderio». Una pratica che dunque come fulcro ha noi stessi, più che l?oggetto consumato, ed è simile alla defibrillazione operata su un corpo ormai sfinito. Penso che questo discorso, in fondo, valga anche per quel che vende un bar à putes: non sesso, ma l?illusione di averne ancora voglia.

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