Iran

La repressione iraniana colpisce le donne in volto, accecandole

È l'ultimo, raccapricciante, allarme lanciato dall'ong norvegese Iran Human Rights (IHR) – Ghazal Ranjkesh, che ha perso l'occhio in novembre, è diventata un simbolo
© Instagram
Jenny Covelli
04.02.2023 19:18

Le proteste in Iran non si placano, dopo la morte in settembre di Mahsa Amini. Così come la dura repressione da parte delle forze di sicurezza. Che reprimono le manifestazioni anche sparando da distanza ravvicinata alle donne, colpendole al seno, ai genitali, al volto. E puntando soprattutto agli occhi. È l'ultimo, raccapricciante, allarme lanciato dall'ong norvegese Iran Human Rights (IHR).

Una denuncia che già nelle scorse settimane era stata avanzata al Guardian da medici iraniani di varie città del Paese, che trattano i feriti in segreto per evitare l'arresto. Raccontano di essere traumatizzati dai corpi delle donne che vedono arrivare. E 140 professionisti hanno firmato una lettera dell'Associazione oftalmologica iraniana, in cui denunciano il gran numero di manifestanti che hanno perso la vista da uno o da entrambi gli occhi nel corso della repressione delle rivolte. Stando a Iran International, la maggior parte delle ferite è stata causata da fucili da caccia e pistole paintball. Molti manifestanti hanno frammenti di metallo o gomma conficcati nella testa.

Le forze di sicurezza negano

Un alto comandante della polizia ha negato che le forze di sicurezza abbiano preso di mira gli occhi e altre aree sensibili, insistendo sulla buona condotta degli agenti. L'IHR, dal canto suo, prosegue nella denuncia di manifestanti colpiti alla testa e al volto, che ne ha causato «l'accecamento di molti, tra cui un numero significativo di giovani donne». Un «atto disumano e illegale», effettuato «sistematicamente per reprimere le proteste».

L'ong con sede in Norvegia - riferisce il Telegraph - documenta i volti e i nomi delle vittime della repressione. La più giovane ferita - Bonita Kiani Falavarjani - ha solo sei anni, vive nella città di Isfahan, ed è stata colpita e accecata a un occhio mentre si trovava sul balcone di suo nonno. Mahmood Amiry Moghaddam, direttore di IHR, ha dichiarato: «Non disponiamo ancora di dati sufficienti, ma ho l'impressione che le ragazze giovani siano sovrarappresentate tra coloro i cui occhi sono presi di mira».

Hassan Karami, comandante della polizia speciale, ha affermato al quotidiano Hamshahri che «non danneggiare la popolazione che protesta» è una priorità per le forze di polizia. «Ho così tanta fiducia nelle capacità delle unità speciali di polizia che ho detto molte volte che offrirò una ricompensa a chiunque possa dimostrare che qualcuno è stato ucciso a causa di un errore del nostro staff». Secondo IHR, le forze di sicurezza hanno ucciso almeno 488 persone durante la repressione. 

A fine novembre sui social era diventato virale il post di Ghazal Ranjkesh, una studentessa di giurisprudenza della città meridionale di Bandar Abbas, che ha condiviso l'immagine del suo volto prima e dopo essere stata colpita dal proiettile di un agente a distanza ravvicinata, mentre tornava a casa con sua madre. «L'ultima cosa che il mio bellissimo occhio destro ha visto è il sorriso dell'agente poco prima di spararmi in pieno volto».

© Ghazal Ranjkesh
© Ghazal Ranjkesh

L'arte di strada

Marge Simpson è riapparsa davanti al consolato dell'Iran a Milano con la testa di Khamenei in mano nel murales «The Final Cut - Marge e Khamenei» dell'artista aleXsandro Palombo, che chiude il trittico di opere dal titolo «The Cut». Nell'opera «The Cut 1» Marge Simpson si tagliava i capelli davanti al consolato dell'Iran a Milano per celebrare Mahsa Amini e il coraggio delle donne iraniane. Il murales era stato rimosso in meno di 24 ore. L'artista aveva reagito alla rimozione dell'opera realizzando «The Cut 2» con Marge Simpson che mostra il dito medio alzato. Nell'ultimo murale dal titolo «The Final Cut» Marge Simpson riappare con la testa di Khamenei in mano. «Il . gennaio, con un tweet dal suo account ufficiale, - racconta Palombo - l'Ayatollah Khamenei ha fatto un chiaro invito agli artisti dichiarando che "l'arte dovrebbe raccontare modelli esemplari quali il generale Soleimani". Ho accolto il suo invito e ho preso parte a questo insolito concorso realizzando l'opera "The Final Cut" perché ho pensato fosse opportuno immortalare come finisce un modello esemplare».

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