Mobilità

Auto elettriche e stazioni di ricarica: l'Europa è in ritardo

Thierry Breton, commissario europeo per il mercato interno, ha recentemente espresso le proprie preoccupazioni: «Sono necessari aggiustamenti per raggiungere gli obiettivi entro il 2035» - E intanto il gigante cinese Byd sta invadendo i porti tedeschi
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Paolo Galli
06.05.2024 06:00

L’ultimo a lanciare l’allarme è stato Thierry Breton. Il commissario europeo per il mercato interno lo ha detto chiaro e tondo, senza giri di parole: «Il Green Deal non sarà raggiunto con la bacchetta magica». Sulla base di un documento approntato dalla direzione generale, il francese avverte che l’Europa è in ritardo nella sua corsa verso una mobilità a zero emissioni. E ha parlato di «aggiustamenti necessari per raggiungere gli obiettivi entro il 2035». Della serie: non è impossibile centrare quanto prospettato dal Green Deal, ma bisogna per forza cambiare passo. «Tutte le condizioni abilitanti devono essere soddisfatte», ha detto. Nessuna esclusa.

La rincorsa

Il documento presentato da Breton via Twitter si appoggia su cinque infografiche, che mostrano i perché del ritardo accumulato. La prima si concentra sulla diffusione e sulle quote di mercato dei nuovi veicoli elettrici immatricolati nell’Unione europea. E la nota dice: «Le vendite di nuovi veicoli elettrici sono in aumento nell’Unione europea, ma devono ancora crescere di 7 volte entro il 2035, per soddisfare la domanda prevista». Si passa dalle 900 mila del 2021 agli 1,5 milioni del 2023, ma per il 2035 bisogna scattare fino a quota 10 milioni. E questo senza considerare la provenienza dei veicoli elettrici. In un’altra nota leggiamo che la percentuale di veicoli cinesi venduta in Europa è aumentata dall’1% del 2021 al 20% del 2023. Un dato allarmante per l’industria continentale, che illustra al meglio quanto ancora c’è da fare nell’ambito della produzione di automobili a batteria elettrica. La seconda infografica, rimanendo sul documento di Breton, illustra come soltanto sei modelli - tra quelli in commercio - siano stati venduti a meno di 30 mila euro e come tre di essi fossero proprio cinesi. Stando al 1. gennaio 2024, non risultano sul mercato - senza considerare gli incentivi - veicoli a meno di 20 mila euro. Insomma, il prezzo resta un ostacolo, secondo quanto sottolineato dalla stessa Commissione europea. In particolare può esserlo in questo preciso periodo storico, caratterizzato da un più scarso potere d’acquisto.

Le stazioni di ricarica

Un altro ostacolo rimane quello legato alle infrastrutture. E questa non è una novità, anzi. Il numero delle stazioni di ricarica appare coerente con gli standard dettati dalle linee guida europee, ma va detto che il 61% delle stesse stazioni si trova in tre soli Paesi dell’Unione, ovvero Germania, Francia e Paesi Bassi. Si è passati dalle 300.000 del 2021 alle 600.000 del 2023, ma l’obiettivo per il 2030 deve essere fissato a quota 3 milioni. L’Europa è attesa a un bel salto. Lo stesso vale per la riqualifica del settore lavorativo, ancora in ritardo rispetto ad altre realtà, Cina in primis. L’ultima infografica, rimanendo al documento della Commissione europea, riguarda l’accesso alle risorse. In questo senso, l’UE vive una strutturale insufficienza della catena di approvvigionamento dei materiali e, di conseguenza, una forte dipendenza dall’estero. Recuperare il terreno perso rispetto alla Cina sembra una missione impossibile, a questo punto. Ma i Paesi europei sono obbligati perlomeno a provarci, lavorando sulle proprie competenze e ampliandole il più velocemente possibile. La Commissione europea parla della necessità di «una rapida accelerazione nella costruzione» di batterie. Lo stesso Breton scrive: «L’obiettivo di essere leader industriali nei mercati del futuro va di pari passo con la necessità di preservare la nostra sicurezza economica nel contesto di crescenti tensioni geopolitiche e di accelerati cambiamenti tecnologici».

Il porto di Bremerhaven

Nel frattempo, l’invasione di auto cinesi è già a buon punto. Lo scorso mese di febbraio, al porto di Bremerhaven, in Germania, erano stati scaricati tremila veicoli della casa automobilistica cinese Byd. La nave che li ha trasportati da Shenzhen, denominata «Byd Explorer No. 1» e alimentata a gas naturale liquefatto, ha una capacità di settemila veicoli ed è stata costruita appositamente per il gigante cinese. Dovrebbe essere la prima di otto navi simili. Una prospettiva che sa di minaccia per i mercati occidentali. «Oggi nessuno Stato membro è in grado da solo di far fronte all’enorme sfida che ci troviamo di fronte alla concorrenza cinese», ricorda sempre Breton. Intanto, in Germania, il porto di Bremerhaven si prepara a diventare un posteggio per i modelli cinesi. Matthias Magnor, COO del gruppo BLG, che gestisce il terminal, ha sottolineato: «Siamo lieti di accogliere la BYD Explorer No. 1. Il nostro porto è aperto ai produttori automobilistici di tutto il mondo. La decisione di BYD sottolinea l’importanza della nostra posizione come hub internazionale per la logistica automobilistica». Ecco, il rischio - nel caso di una mancata accelerazione politica e strutturale da parte dell’Europa - è che Paesi come la Germania, da leader della produzione di auto si trasformino in semplici hub logistici.

Elon Musk abbassa i prezzi

Eravamo rimasti alla notizia, di qualche giorno fa, per cui l’utile e i ricavi di Tesla erano diminuiti rispettivamente del 55% e del 9% nel primo trimestre 2024. E ciò, come spiegavano le agenzie, a causa di una minore consegna di veicoli elettrici ai clienti, una dinamica legata al rallentamento della domanda e all’intensa concorrenza a livello mondiale. La casa automobilistica ha registrato un profitto di 1,1 miliardi, mentre il fatturato è stato di 21,3 miliardi di dollari, rispetto ai 23,33 miliardi di dollari dell’anno precedente. «E quindi, che si fa?», si sarà chiesto Elon Musk. La risposta è stata: «Semplice, un viaggio in Cina». Il tentativo di espansione verso Pechino è una questione di abbassamento dei prezzi dei propri veicoli e di strategie a più ampio raggio. Per quanto riguarda i costi, la Model 3 rinnovata è scesa a 231.900 yuan (32.000 dollari circa) dai 245.900 yuan precedenti, tornando al prezzo di lancio speciale. Mentre la Model Y è stata scontata fino a 249.900 yuan, ovvero il livello più basso degli ultimi cinque anni. I ribassi non riguarderebbero però solo la Cina. L’impressione è che Tesla abbia bisogno di tornare a vendere le sue auto. Si spiega così anche l’annunciata intenzione di accelerare il lancio di nuovi modelli di veicoli elettrici a prezzi accessibili. Per il resto, gli affari tra Musk e la Cina sono più complessi. La sua recente visita, «su invito del Consiglio cinese per la promozione del commercio internazionale», aveva come obiettivo di spuntare il via libera alla sua tecnologia per le Tesla senza guidatore, il Full Self-Driving. L’impossibilità di offrire un servizio di guida autonoma completo - a causa dei rischi derivanti dal trasferimento di dati negli Stati Uniti - metteva Tesla in una posizione di svantaggio rispetto ai costruttori di auto elettriche cinesi. L’uso dell’imperfetto è dovuto al fatto che lo stesso Musk ha in effetti trovato un accordo con il colosso cinese di internet Baidu per l’utilizzo delle mappe fornite dal motore di ricerca. Tale partnership, insomma, potrebbe permettere a Tesla di colmare il gap. Una visita, per chiudere, molto fruttuosa, quella del CEO di Tesla, che di fatto ha trovato una via preferenziale per sfondare a Pechino e recuperare terreno rispetto ai marchi interni. Bisognerà capire che cosa ci guadagnerà Pechino.