Tecnologia

ChatGPT e quei profitti «fantasma»: il 2026 anno decisivo?

Secondo un'analisi pubblicata recentemente dall'Economist, costi e ambizioni dell'azienda - al netto dell'enorme crescita registrata negli ultimi 2 anni - rischiano di diventare insostenibili se non arriverà una svolta sul fronte della redditività
©Peter Kovac / Alamy Stock Photo
Red. Online
30.12.2025 09:00

Il 2026 potrebbe essere un anno decisivo, forse spartiacque, per ChatGPT, OpenAI e il suo amministratore delegato Sam Altman. Secondo un'analisi pubblicata recentemente dall'Economist, costi e ambizioni dell'azienda - al netto dell'enorme crescita registrata negli ultimi 2 anni - rischiano di diventare insostenibili se non arriverà una svolta sul fronte della redditività.

Già, perché al momento il più grande laboratorio di ricerca sull'intelligenza artificiale (AI) non porta profitti e la continua lotta per l'aggiornamento ha costi enormi. Dati trapelati indicano che OpenAI prevede di bruciare circa 17 miliardi di dollari di cassa nel 2026, contro i 9 miliardi del 2025, con perdite destinate a proseguire anche negli anni successivi.

Finora, sottolinea l'analisi dell'Economist, gli investitori hanno sostenuto questa corsa. OpenAI ha raccolto oltre 60 miliardi di dollari, più di qualsiasi altra società privata nella storia, quasi interamente dopo l’esplosione di popolarità di ChatGPT alla fine del 2022. Per mantenere questo ritmo, gli analisti ritengono che nel 2026 l'azienda leader dell'AI «quasi certamente» lancerà un nuovo maxi-round di finanziamento, potenzialmente fino a 100 miliardi di dollari, a una valutazione che potrebbe salire a 830 miliardi. Si parla anche di nuovi investimenti da parte di Amazon e Nvidia, mentre resta sullo sfondo l’ipotesi di una futura quotazione in borsa.

Concorrenza e abbonamenti

L'espansione costante, come detto, ha un prezzo. Dati citati dal settimanale britannico parlano di un fabbisogno energetico di OpenAI passato da 200 megawatt nel 2023 a 1,9 gigawatt nel 2025, e fino a 30 gigawatt nei prossimi anni, con investimenti potenziali stimati in 1.400 miliardi di dollari. Altman sostiene che, con la scala, l’economia migliorerà e i costi di addestramento dei modelli peseranno meno. Ma la concorrenza sta rendendo la scommessa sempre più rischiosa e gli investitori più nervosi.

Il divario di prestazioni tra i modelli di punta - in particolare con Gemini di Google - si sta riducendo, e anche i modelli open source stanno recuperando terreno. Non stupisce, allora, che - mentre già emergono segnali di perdita di slancio di ChatGPT, fermo nella crescita degli account a pagamento - OpenAI stia puntando sulla diversificazione: pubblicità su ChatGPT, integrazione con l’e-commerce, maggiore focus sui clienti aziendali e una spinta verso l’integrazione verticale, inclusi chip proprietari e un nuovo dispositivo consumer progettato con Jony Ive. 

Basterà per realizzare la strategia di Sam Altman? Il 2026 potrebbe essere l'anno del "o la va o la spacca".