Che cos'è il sito di Fordow e perché «servivano gli americani» per colpirlo?

L’attacco contro l’Iran condotto dagli Stati Uniti, nella notte, ha riacceso i riflettori sul cosiddetto programma nucleare di Teheran e, in particolare, sul sito di Fordow. Una delle tre strutture colpite dall’America assieme a quelle di Natanz e Isfahan. La più importante, soprattutto. «Tutti hanno sentito quei nomi per anni» ha spiegato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. «Il nostro obiettivo era la distruzione dell’impianto di arricchimento nucleare iraniano. Gli attacchi sono stati un successo militare spettacolare».
Fordow, come noto, è sempre stato off limits per le forze israeliane: il sito è «sepolto» sotto una montagna e protetto da batterie antiaeree. Rovesciando la questione, solo le bombe anti-bunker degli Stati Uniti – le GBU-57 o bunker buster – avrebbero potuto arrecare danni o distruggere «completamente e totalmente» il sito, per dirla con lo stesso Trump, anche se non ci sono (ancora) conferme indipendenti circa la portata dell’attacco. Per anni, le amministrazioni precedenti hanno negato a Israele questo tipo di arma, mentre le forze aeree dello Stato Ebraico non dispongono di bombardieri in grado di trasportare le GBU-57.
Mettere fuori gioco Fordow, scrivono gli esperti in queste ore, era una condizione chiave agli occhi di Israele e degli Stati Uniti per impedire che l’Iran proseguisse la sua corsa all’arma nucleare. Al riguardo, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) ha scoperto che proprio a Fordow Teheran aveva arricchito l’uranio all’83,7%. Per un’arma nucleare è necessario arrivare al 90%.
La GBU-57
La GBU-57A/B MOP (Massive Ordnance Penetrator), una bomba sin qui mai utilizzata operativamente, è stata progettata per «raggiungere e distruggere le armi di distruzione di massa dei nostri avversari situate in strutture ben protette», stando a una scheda informativa dell'Aeronautica militare statunitense. L’arma, leggiamo, è in grado di trasportare circa 2,5 tonnellate di «esplosivo ad alto potenziale» e ha un «guscio molto spesso e duro» per consentire all’esplosivo di «resistere all'impatto con il terreno e di penetrare fino in profondità» aveva spiegato alla CNN, giorni fa, Masao Dahlgren, ricercatore del Center for Strategic and International Studies Missile Defense Project, aggiungendo che «il guscio deve essere abbastanza resistente da scendere in profondità e colpire duramente. La testata deve resistere all’impatto e alla discesa e capire quando esplodere. È un sistema davvero complesso».
Le dimensioni esatte dell’impianto di arricchimento dell’uranio di Fordow non sono chiare. La CNN stima che i suoi locali si trovino a una profondità compresa tra gli 80 e i 90 metri sottoterra. Un think tank con sede nel Regno Unito, il Royal United Services Institute, di recente aveva sollevato più di un dubbio circa le possibilità di successo della «superbomba».
Ma i danni?
Serviranno giorni, scrive fra gli altri il Guardian, per capire e comprendere la reale portata degli attacchi USA ai siti nucleari iraniani, nello specifico a Fordow. «Contrariamente a quanto affermato dal presidente Donald Trump» il sito nucleare di Fordow «non ha subito gravi danni» si è subito affrettato a dire Mohammad Manan Raisi, deputato del Parlamento iraniano di Qom, dove ha sede l’impianto nucleare.
Un video trasmesso dai media statali iraniani e geolocalizzato dalla CNN, per contro, ha mostrato del fumo alzarsi dall’impianto. Le immagini, condivise dall’agenzia di stampa ufficiale iraniana IRNA, sono state girate da un veicolo in movimento sulla strada. Nel video si sente anche una voce dire: «L’unico fumo visibile nel cielo sopra Fordow proviene dal sito nucleare». La CNN riferisce di non poter verificare in modo indipendente la fonte del fumo. In base alla geolocalizzazione, in ogni caso, il video è stato girato sull’autostrada Teheran-Qom, circa 13 chilometri a ovest della struttura di Fordow.
L’Iran ha sempre sostenuto che il suo programma nucleare sia inteso esclusivamente per scopi pacifici. Le agenzie di intelligence statunitensi, prima degli attacchi, avevano concluso che Teheran non stesse attivamente perseguendo la costruzione di una bomba atomica. Eppure, sia Trump sia i leader israeliani hanno più volte ribadito che l’Iran, in realtà, potrebbe assemblare rapidamente un’arma nucleare. Di qui la minaccia, considerata imminente.
Le parole di Trump
Natanz, l’altro principale sito di arricchimento del Paese, era già stato attaccato da Israele all'inizio della sua campagna. I diplomatici che conoscono Natanz descrivono il suo impianto sotterraneo di arricchimento del combustibile come «situato a circa tre piani sottoterra». Si è dibattuto a lungo, proprio a margine dei bombardamenti da parte delle forze israeliane, circa i danni arrecati e, soprattutto, come colpire, davvero, Fordow.
La scorsa settimana, Trump aveva spiegato ai suoi funzionari che gli Stati Uniti avrebbero lanciato attacchi contro l’Iran se e soltanto se l’uso delle bunker buster avesse garantito la distruzione dell’impianto di Fordow. L’uso di bombe convenzionali, per contro, non avrebbe permesso di «accedere» in profondità nel sottosuolo.