Davvero l'Iran è vicinissimo a costruire un'arma nucleare?

L'Iran sta costruendo una bomba nucleare e, per questo, è stato attaccato. Benjamin Netanyahu, primo ministro di Israele, ha giustificato così l'operazione condotta dallo Stato Ebraico nei confronti di Teheran. Di più, Netanyahu ha spiegato che l'Iran ha già le capacità per costruire nove bombe nucleari. Informazioni, queste, che i funzionari israeliani sostengono di aver condiviso con gli Stati Uniti.
Come stanno, davvero, le cose? I critici del governo Netanyahu ritengono che Israele abbia attaccato l'Iran per minare un possibile accordo fra Washington e Teheran sul cosiddetto nucleare civile o, allargando il campo, per far cadere il regime. Lo stesso primo ministro israeliano ha lanciato, con forza, un appello: «Iraniani, ribellatevi al regime malvagio». I critici, ancora, in queste ore hanno ricordato che da vent'anni, circa, Israele continua ad affermare che l'Iran è sul punto di costruire una bomba nucleare. D'altro canto, la comunità di intelligence israeliana – come sottolinea fra gli altri il Guardian – conosce più di qualsiasi altro attore il programma nucleare iraniano. Più degli Stati Uniti e, soprattutto, più dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, l'AIEA, organo delle Nazioni Unite.
Proprio gli Stati Uniti, mesi fa e per voce di Tulsi Gabbard, Direttrice dell'intelligence nazionale, hanno valutato che l'Iran non sta attivamente perseguendo la costruzione di un'arma nucleare. Gabbard, in ogni caso, ha riferito alla preposta Commissione in Senato che negli ultimi anni sembrerebbe esserci stata «un'erosione di un tabù pluridecennale in Iran sulla discussione delle armi nucleari in pubblico, che probabilmente ha incoraggiato i sostenitori delle armi nucleari all'interno dell'apparato decisionale iraniano». Non solo: «Le scorte di uranio arricchito dell'Iran sono ai massimi livelli e non hanno precedenti per uno Stato senza armi nucleari».
L'AIEA, in un rapporto di 22 pagine declassificato questa settimana, ha tenuto una posizione ancora più sfumata: l'Iran non dovrebbe affatto essere vicino alla costruzione di una bomba atomica. Ma, attenzione, l'AIEA ha ribadito di non aver avuto accesso ad alcuni aspetti del programma nucleare civile complice una certa riluttanza di Teheran nel cooperare. Conclusione: non è stato possibile escludere derive militari del programma civile. Il rapporto si è concentrato su tre aspetti: i possibili progressi compiuti dall'Iran verso la costruzione di un'arma nucleare, il livello di cooperazione dei suoi funzionari con gli ispettori dell'AIEA e le scorte di uranio arricchito del Paese. L'AIEA ha esaminato, nello specifico, tre località del Paese – Varamin, Marivan e Turquz Abad – «parte di un programma nucleare strutturato non dichiarato portato avanti dall'Iran fino ai primi anni 2000». In questi siti, «alcune attività hanno utilizzato materiale nucleare non dichiarato». Così Rafael Grossi, direttore dell'Agenzia: «Sfortunatamente, l'Iran non ha ripetutamente risposto o non ha fornito risposte tecnicamente credibili alle domande dell'Agenzia. Inoltre, ha cercato di rendere più trasparenti i luoghi, ostacolando così le attività di verifica dell'agenzia». L'AIEA ha concluso che, in passato, l'Iran ha condotto test di implosione e, ancora, che intendeva procedere con test a freddo e di schermatura dell'esplosione in preparazione. In seconda battuta, l'Agenzia ha concluso che tutte queste conoscenze non sono andate perdute all'interno della comunità scientifica iraniana. Quanto al livello di cooperazione, nel rapporto l'AIEA ha spiegato che non le è stato garantito l'accesso richiesto né le sono stati mostrati piani per nuovi impianti nucleari. Dal febbraio 2021, leggiamo, l'Iran ha negato all'AIEA l'accesso ai dati registrati dagli impianti di produzione di centrifughe. Sebbene nel maggio 2023 siano state reinstallate alcune telecamere in questi impianti, l'Agenzia ha spiegato di non poter ancora accedere alle registrazioni. Infine, a proposito delle scorte, il rapporto ha rilevato che l'Iran ha accumulato una scorta di uranio altamente arricchito ben oltre i livelli stabiliti nell'accordo nucleare del 2015. Le scorte iraniane di uranio arricchito al 60% sono passate dai 274,8 kg di inizio febbraio a 408,6 kg, con un aumento di circa il 50%. Si tratta, appunto, di un combustibile sufficiente per nove testate, a seconda della quantità di uranio altamente arricchito presente nel nucleo finito di ogni arma nucleare.
Il rapporto dell'AIEA, concludendo, ha ribadito che non vi sono al momento «indicazioni credibili di un programma nucleare strutturato in corso e non dichiarato». Alti funzionari iraniani, ha fatto notare l'Agenzia, hanno più volte affermato che l'uso di armi nucleari è incompatibile con la legge islamica. Al contempo, ex funzionari del regime hanno suggerito che Teheran, ora, ha tutte le capacità per produrre armi nucleari. Sempre il rapporto: «Sebbene le attività di arricchimento sottoposte a salvaguardia non siano di per sé proibite, il fatto che l'Iran sia l'unico Stato non dotato di armi nucleari al mondo a produrre e accumulare uranio arricchito al 60% rimane una questione di seria preoccupazione». Lo scorso aprile, rispondendo a una domanda sulle tempistiche entro cui l'Iran avrebbe potuto arrivare a un'arma nucleare, Grossi aveva detto: «Le date sono sempre arbitrarie. Ma non sono lontane. Sarebbe, insomma, una questione di mesi, non di anni».
Lo scenario attuale, con attacchi e controattacchi fra Israele e Iran, certo non aiuta. Teheran, è notizia freschissima, non ha ancora deciso se partecipare o no al prossimo round di colloqui sul nucleare con gli Stati Uniti, previsto per domani, secondo quanto affermato dal portavoce del Ministero degli Esteri iraniano Esmail Baghaei. «Non possiamo immaginare che il regime sionista avrebbe inscenato una guerra del genere nella regione, senza il coordinamento o il consenso consapevole degli Stati Uniti». Resta, poi, da capire quanti e quali danni ha subito Teheran: fra le altre cose, l'attacco israeliano al sito nucleare di Natanz ha distrutto l'impianto pilota di arricchimento dell'uranio situato in superficie, come confermato proprio da Grossi.