Giustizia

Eternit bis, Schmidheiny condannato per omicidio colposo

Sono 12 gli anni che l'industriale svizzero dovrà scontare in carcere per le morti di 392 persone vittime dell'esposizione all'amianto nello stabilimento a Casale Monferrato
© EPA/ALESSANDRO DI MARCO
Ats
07.06.2023 21:00

L'industriale svizzero Stephan Schmidheiny è stato condannato a 12 anni di carcere per le morti di 392 persone vittime dell'esposizione all'amianto nello stabilimento di Eternit Italia a Casale Monferrato. Nella sentenza emessa oggi dalla Corte d'Assise a Novara del processo Eternit Italia bis, il reato è stato derubricato da omicidio volontario con dolo eventuale a omicidio colposo.

Schmidheiny, che ha gestito lo stabilimento di Casale dal 1976 al 1986, è stato condannato anche a pagare 50 milioni di euro di risarcimento al Comune di Casale, 30 milioni allo Stato italiano e centinaia di milioni ai familiari delle vittime.

I legali dell'imprenditore svizzero presenteranno ricorso anche contro questa sentenza, ha fatto sapere la portavoce di Schmidheiny in una lunga presa di posizione scritta. Nel testo si parla di «accuse assurde» rivolte da circa 20 anni in Italia all'imprenditore che negli anni ha effettuato ingenti investimenti per migliorare la sicurezza dei lavoratori.

Nel periodo in esame - si legge ancora nella nota - Stephan Schmidheiny non ha peraltro avuto alcuna funzione operativa o nel consiglio d'amministrazione della filiale italiana Eternit SpA. Il gruppo elvetico aveva espressamente chiesto ai manager locali il rispetto di tutte le norme vigenti.

Nei confronti di Schmidheiny i pubblici ministeri avevano chiesto l'ergastolo. Gli avvocati della difesa ne avevano invece chiesto l'assoluzione «perché il fatto non sussiste» per mancanza di prova sul nesso di causalità, e in seconda battuta «perché il fatto non costituisce reato».

Nel 2012 Schmidheiny era stato condannato dal tribunale di Torino a 16 anni di carcere insieme al barone belga Louis de Cartier, anche lui imputato per disastro ambientale e omissione volontaria delle cautele antinfortunistiche negli stabilimenti della multinazionale dell'amianto.

La condanna fu confermata in appello, nel giugno 2013, questa volta a 18 anni, ma solo per Schmidheiny poiché il barone morì poco prima. Poi nel 2014 la Cassazione aveva annullato senza rinvio la sentenza di condanna dichiarando prescritti i reati.

Poco dopo il pronunciamento della suprema corte, dalla procura di Torino era partito un nuovo filone d'indagine, l'Eternit bis, e i fascicoli vennero inviati alle diverse procure competenti, tra cui uno ancora a Torino dove l'imprenditore in appello era stato condannato a un anno e 8 mesi, a Napoli dove lo scorso anno si è concluso il processo di primo grado con una condanna a 3 anni e 6 mesi per omicidio colposo e a Vercelli per le 392 vittime di amianto nel casalese.

Il sindaco di Casale Monferrato Federico Riboldi ha commentato la sentenza: « Siamo parzialmente soddisfatti. È stato messo un punto chiaro. Non so se i familiari delle vittime avranno i risarcimenti. Certo è che si è stabilito che chi poteva intervenire sapeva e non l'ha fatto».

«Finalmente accanto al nome di Stephen Schmidheiny è comparsa la parola colpevole». «Sicuramente - prosegue Riboldi - la condanna a 12 anni di carcere non soddisfa appieno la sete di giustizia di un territorio e di una comunità che dopo anni continua a soffrire a causa delle conseguenze di quelle azioni commesse da chi ha anche avuto la responsabilità di fuggire da Casale abbandonando uno stabilimento nel territorio cittadino che era una vera e propria bomba nociva per la salute».