Germania

Giro di vite di Merz sui migranti

Stretta del cancelliere su profughi, ricongiungimenti familiari e concessione della cittadinanza tedesca - Ora palla al Bundestag - Rispetto alle indicazioni iniziali, però, i disegni di legge sono più «blandi» per non mettere in difficoltà l’economia e il mondo del lavoro
©CLEMENS BILAN
Daniel Mosseri
30.05.2025 06:00

Questa volta Friedrich Merz è stato di parola. Se subito prima di assumere la guida del governo federale ha cambiato idea sul rigore nei conti pubblici – ma aveva bisogno dei voti dei socialdemocratici (Spd) per assicurarsi la maggioranza al Bundestag – sulle politiche migratorie il neocancelliere tedesco ha seguito la rotta tracciata in campagna elettorale. Così, alla vigilia dell’Ascensione, il suo governo ha licenziato due disegni di legge destinati a dare un giro di vite da una parte alle misure che consentono la riunificazione famigliare per alcune categorie di profughi; inasprendo, dall’altra le leggi sulla concessione della cittadinanza tedesca. Sullo sfondo dei due progetti di legge che il ministro degli Interni, il cristiano-sociale bavarese (Csu) Alexander Dobrindt, ha presentato al Bundestag, restano le misure subito implementate da quando il gabinetto Merz ha giurato nelle mani del presidente federale Frank-Walter Steinmeier lo scorso 6 maggio. Ovvero controlli molto più capillari alle frontiere della Germania per impedire l’ingresso di migranti irregolari e rifugiati che, secondo le regole europee, avrebbero dovuto chiedere asilo nel paese di primo approdo. La sfida del controllo dei confini non è marginale nella Repubblica federale tedesca: nonostante alcuni trimestri fra recessione e crescita al lumicino, la prima economia d’Europa continua a essere un polo d’attrazione per centinaia di migliaia di diseredati che aspirano a entrare nell’UE. È vero poi che a differenza per esempio di Finlandia, Polonia o dei Paesi baltici a nord est, oppure di Italia, Grecia e Spagna proiettate verso il sud del Mediterraneo, la Germania non ha confini sul margine esterno dell’UE: allo stesso tempo è la nazione europea che confina con il più alto numero di Paesi (ben nove) il che la obbliga a fidarsi che gli altri facciano bene il proprio lavoro oppure a impegnarsi a fondo per controllare i propri confini.

«Catastrofe per le famiglie»

Sul freno ai ricongiungimenti, il governo Merz ci va con le molle per evitare bocciature in tribunale. Le limitazioni proposte riguardano solo gli asilanti che godono della cosiddetta «protezione sussidiaria», privi cioè dello status di rifugiati veri e propri ma che non vengono espulsi perché esposti a probabile persecuzione politica nel paese di provenienza. Secondo l’agenzia dpa la misura riguarderebbe 400mila persone protette in forma sussidiaria. Tre quarti di loro sarebbero cittadini siriani fuggiti alla guerra civile nel loro paese. Se approvato dal Bundestag, il ddl ripristinerà la politica già applicata dal 2016 – all’indomani dell’apertura delle frontiere ai profughi disposta dall’allora cancelliera Angela Merkel – fino al 2018.

Da allora, circa 12mila familiari di residenti con la protezione sussidiaria si sono trasferiti ogni anno in Germania. A titolo di confronto, ricorda ancora la dpa, «nel 2024 in Germania sono state presentate 229.751 prime domande di asilo, il che indica che l’iniziativa del governo riguarda solo un piccolo gruppo di migranti». Ma per Dobrindt quello che conta «è inviare un segnale». Un segnale tanto più urgente in un paese in cui i sovranisti di AfD con la loro agenda nazionalista e xenofobica tallonano la Cdu di Merz nei sondaggi. Approvato con il benestare dei partner socialdemocratici, il progetto ha comunque suscitato la contrarietà delle organizzazioni che aiutano i rifugiati come Pro Asyl secondo cui «si tratta di una catastrofe per le famiglie toccate dal provvedimento». Parlando al Rheinische Post l’esperto di migrazioni dell’Istituto per il mercato del lavoro e la ricerca professionale (Iab), Herbert Brücker, ha affermato che «la separazione dalla propria famiglia è psicologicamente molto stressante per i rifugiati e ostacola l’integrazione».

Il calo demografico preoccupa

Anche il secondo disegno di legge è una marcia indietro, benché parziale, rispetto al provvedimento voluto dalla precedente maggioranza progressista guidata dall’ex cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz. Il principio che un immigrato regolare possa presentare la domanda per la naturalizzazione dopo cinque anni di residenza (prima ne servivano otto) resta immutato. E intatta è anche la possibilità di mantenere la cittadinanza originaria extra-UE dopo aver ottenuto quella tedesca (prima potevano cumularle solo i cittadini Ue). Dobrindt propone però di eliminare il processo «turbo» secondo cui gli stranieri residenti molto bene integrati possono chiedere la cittadinanza tedesca già dopo tre anni. Non scontata la bocciatura del progetto da parte di Brücker per il quale la misura finisce per colpire «i migranti più qualificati e ad alto reddito, proprio quelli che vorremmo restassero in Germania» e per i quali era stato pensato il processo «turbo». Parole che mettono in luce la vera difficoltà di Merz: dare l’impressione di chiudere le frontiere senza scontentare il mercato del lavoro. Secondo la Fondazione Bertelsmann, a causa del calo demografico e dell’invecchiamento della popolazione, la Germania ha bisogno di 288mila nuovi lavoratori altamente qualificati ogni anno. Lo Iab ne chiede 400mila.