Il ritorno della «A» di Alitalia è solo una questione di tempo

Tornerà? Sì, no, forse. Il marchio Alitalia, per certi versi, non è mai tramontato. A inizio 2023, per dire, il Corriere della Sera riferiva di un possibile ritorno della mitica «A». Nell'ambito, evidentemente, delle nozze fra Lufthansa e ITA Airways (poi consumatesi). La stessa ITA, mesi fa, aveva annunciato l'intenzione di arricchire l'identità visiva del vettore, citiamo, di «un elemento storico che onora sia l'Italia sia la sua storia aeronautica». Logico, verrebbe da dire: anni fa, nell'ottobre del 2021, sempre ITA – sorta dalle ceneri della vecchia compagnia di bandiera – acquistò infatti i diritti del marchio, l'iconica «A» appunto, per 90 milioni di euro.
Qualcosa, ora, si sta muovendo. Di nuovo. E in una direzione che, leggiamo, sembrerebbe andare oltre il solo arricchimento dell'identità visiva e di quell'«inspired by Alitalia» comparso più o meno ovunque in questi mesi. Il marchio Alitalia, ha spiegato il nuovo amministratore delegato di ITA, Jörg Eberhart, nel corso di una conferenza stampa a Roma, «ha un grande valore e un grande potenziale». Voilà. Tradotto: è possibile, anzi oramai probabile che alcuni aerei di ITA rispolvereranno la citata «A». Tuttavia, ha ammonito sempre Eberhart, «prima di valutare come e quando rilanciare il marchio vogliamo raggiungere il pareggio di bilancio per procedere in modo sostenibile».
Eberhart, nel dettaglio, ha garantito che Lufthansa ha «un'idea» – precisa – di «cosa si può fare con un marchio del genere». Ma ci vorrà del tempo, immaginiamo, prima che la livrea storica faccia capolino nei vari scali. Detto in altri termini, i tedeschi intendono prima assicurarsi che ITA possa godere di una certa stabilità finanziaria sul medio e lungo periodo. La macchina delle speculazioni, nel frattempo, è (ri)partita. Rispolverando una vecchia indiscrezione del Corriere della Sera, ovvero il ritorno del marchio Alitalia, con tanto di livrea, per le rotte intercontinentali.
La mitica «A» di Alitalia risale al 1969, quando il vettore italiano toccava il cielo con un dito. Era l’unica compagnia in Europa, infatti, a vantare una flotta di soli aviogetti, volendo ricorrere al gergo dell’epoca. Serviva, però, un logo all’altezza. Capace di far entrare la compagnia nella memoria (e nel cuore) di tutti. I vertici del vettore si rivolsero a un’agenzia creativa di San Francisco, la Landor Associates. Il risultato fu clamoroso: una «A» stilizzata, tricolore, che riprende l’impennaggio. E la scritta Alitalia. Un insieme unico e inimitabile, sebbene tutte le altre compagnie – gelose – chiesero alla Landor di replicare quel capolavoro. Un insieme che rendeva alla perfezione la dimensione del volo e, di riflesso, quella del sogno.
Il cosiddetto rebranding fu inaugurato con un Boeing 747-100. Assieme al logo, si apriva un’era di viaggi e possibilità. Un’era che contribuì a disegnare il Paese e i suoi cittadini. In effetti, la compagnia sprizzava italianità da tutti i pori. Tanti professionisti, negli anni, definirono il look di Alitalia. Ignazio Gardella, Delia Biagiotti, Mila Schön, addirittura Giorgio Armani e ancora Alberta Ferretti. Per tacere delle locandine, delle pubblicità, di oggetti divenuti culto come le posate di Gio Ponti e di Joe Colombo. Ora, Lufthansa e ITA Airways dovrebbero ridare lustro a questo clamoroso vissuto.