Spazio

Il telescopio spaziale James Webb è arrivato a destinazione

Ad annunciarlo è la NASA: lo strumento ha raggiunto la distanza di 1,5 milioni di chilometri dalla Terra — Le prime immagini sono attese già per l’estate — VIDEO
È il più grande telescopio lanciato in orbita mai costruito dall’umanità, nonché il più costoso progetto scientifico della storia
Jona Mantovan
25.01.2022 07:45

Il telescopio spaziale James Webb ha raggiunto il suo punto di osservazione a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra. Lo ha annunciato ieri sera, lunedì, la NASA, che gestisce la missione con l’Agenzia spaziale europea (ESA) e con quella canadese (CSA). Il telescopio si trova adesso nella zona chiamata secondo punto di Lagrange (L2), dove l’influenza gravitazionale di Terra, Luna e Sole si equilibrano e permettono al prezioso strumento scientifico, il più grande telescopio lanciato in orbita mai costruito dall’umanità, di restare stabile con poco sforzo nella sua posizione.

L’evento è stato seguito in diretta dall’agenzia spaziale statunitense. L’astrofisica Amber Straugh—responsabile delle comunicazioni scientifiche per il James Webb Space Telescope—parlando dal centro di volo spaziale Goddard a Greenbelt, nel Maryland, non ha nascosto il suo entusiasmo: «Il primo anno di osservazioni scientifiche è già stato pianificato. Guarderemo gli oggetti all’interno del nostro sistema solare, fino alla ricerca delle primissime galassie nate dopo il Big Bang... oltre a tutto ciò che si trova nel tempo e nello spazio tra questi estremi. Sarà davvero fantastico!», ha esclamato (guarda il video allegato a quest’articolo).

«Ci aspettiamo che le prime immagini scientifiche del JWST (così è chiamato il James Webb Space Telescope dagli addetti ai lavori: usando solo le lettere dell’acronimo, ndr) arrivino per l’estate, tra circa cinque mesi. Quindi siate carichi. Preparatevi. Perché ci aspettiamo immagini davvero spettacolari da questo nuovo, fantastico telescopio», ha detto Straugh una volta confermato l’avvenuto «parcheggio» del satellite-telescopio, il cui lancio è avvenuto un mese fa. Il dispositivo è stato pensato per gettare uno sguardo senza precedenti nelle prime fasi di formazione dell’universo. La missione è previsto che possa durare dai dieci ai vent’anni, sempre in orbita intorno al Sole sul «punto di Lagrange (L2)».
Gli «occhi» di cui è dotato gli permettono di vedere le lunghezze d’onda dell’infrarosso. È un bel salto evolutivo rispetto al suo «antenato», Hubble, che da trent’anni ci fornisce le immagini dell’universo visibile (fino all’ultravioletto) alla definizione più alta mai ottenuta dall’umanità. La sensibilità a questa particolare frequenza elettromagnetica—gli infrarossi, appunto—permette di vedere oltre i limiti temporali della luce che percepiamo a occhio nudo, a una distanza notevolmente più indietro nel tempo. L’idea è proprio quella di catturare le prime luci dell’universo, i primi fotoni se vogliamo, che ci raggiungono dall’alba dei tempi dopo miliardi di chilometri di viaggio attraverso lo spazio siderale.

L’entusiasmo attorno a questo progetto si potrebbe dire che sia proprio d’obbligo. Perché il suo percorso è stato lungo e travagliato. L’idea originale è degli anni Novanta. Da lì fino a oggi è stata una sequela di rinvii, cancellazioni, ostacoli da superare... senza dimenticare i costi, che sono letteralmente esplosi, facendo lievitare la cifra sullo «scontrino» di James Webb a oltre dieci miliardi di dollari, 11,75 per la precisione. La maggior parte dei fondi (10.8 miliardi, inflazione inclusa) sono stati messi sul tavolo dalla NASA, mentre l’ESA ne ha investiti 790 milioni, mentre il Canada ha messo altri 158 milioni di dollari. Ebbene sì: con queste cifre da capogiro, siamo di fronte a uno dei progetti scientifici più ampi e costosi mai realizzati dall’umanità, preceduti dall’Hubble space telescope (come si diceva, «antenato» del James Webb che conosciamo oggi) e al CERN di Ginevra, l’acceleratore di particelle più grande del mondo.
È curioso notare anche che il suo nome, James Webb, è dedicato a James Edwin Webb—nato nel 1906 e morto il 27 marzo 1992—, secondo amministratore nominato della NASA dal 14 febbraio 1961 al 7 ottobre 1968. Webb ha supervisionato l’agenzia spaziale statunitense dall’inizio dell’amministrazione Kennedy fino alla fine dell’amministrazione Johnson, restando in prima linea in ognuna delle prime missioni critiche con equipaggio di tutti i programmi Mercury e Gemini fino ai giorni prima del lancio della prima missione Apollo. Ma non solo: si occupò anche dell’incendio dell’Apollo 1. Nel 2002, il Next Generation Space Telescope (NGST) è stato rinominato James Webb Space Telescope proprio in suo omaggio.

In questo articolo: