Parigi-Tel Aviv, è crisi diplomatica: «Macron crociato contro gli ebrei»

È crisi diplomatica tra Israele e Francia dopo le dichiarazioni di Emmanuel Macron sulla necessità del riconoscimento di uno Stato palestinese. In un post su X, il ministro degli Esteri di Tel Aviv, Gideon Moshe Sa’ar, si è scagliato oggi frontalmente contro l’Eliseo, fino a parlare di una «crociata del presidente Macron contro lo Stato ebraico». Mai, nel passato più recente, i due Paesi erano giunti a un livello di conflittualità così elevato. Una conflittualità figlia, inevitabilmente, della crisi umanitaria di Gaza su cui Parigi non intende più tacere. In una conferenza stampa a Singapore, a margine del suo viaggio di Stato in Indonesia, Macron ha ribadito che il riconoscimento di uno Stato palestinese «non è semplicemente un dovere morale, ma un’esigenza politica».
Gli europei, ha spiegato il presidente francese, devono «irrigidire la posizione collettiva» contro Israele, «se non ci sarà nelle prossime ore o nei prossimi giorni una risposta che sia all’altezza della situazione umanitaria nella Striscia di Gaza». Di fronte al silenzio di Tel Aviv, l’Unione europea dovrà «applicare le proprie regole, vale a dire, porre fine ai processi che non rispettano i diritti umani e applicare sanzioni», ha sottolineato ancora Macron riferendosi all’accordo di associazione (che sarà riesaminato) tra i Ventisette e Israele. «Dobbiamo irrigidire la nostra posizione perché ora è una necessità, ma ho ancora la speranza che il Governo di Israele cambierà posizione e che avremo finalmente una risposta umanitaria», ha aggiunto. Dal 17 al 20 giugno prossimi, la Francia co-presiederà una conferenza internazionale con l’Arabia Saudita all’ONU, a New York, sulla cosiddetta «soluzione dei due Stati» (israeliano e palestinese), per approvare la quale, ha detto Macron nel suo intervento a Singapore, servono comunque alcune condizioni: il «rilascio degli ostaggi» detenuti da Hamas; la «smilitarizzazione» del movimento islamista palestinese; la sua «non partecipazione» al governo del futuro Stato; una «riforma dell’Autorità palestinese»; il riconoscimento, da parte del futuro Stato, di Israele e del «suo diritto a vivere in sicurezza»; la «creazione di un’architettura di sicurezza in tutta la regione. Questo è ciò che cercheremo di consacrare il 18 giugno», ha concluso Macron.
Le reazioni
Come detto, le reazioni di parte israeliana sono state tanto immediate quanto dure. Il ministro degli Esteri di Tel Aviv, Gideon Moshe Sa’ar, ha accusato Macron di condurre una «crociata contro lo Stato ebraico» e ha respinto gli addebiti mossi al Governo Netanyahu e relativi alla gestione degli aiuti nella Striscia. «I fatti non interessano a Macron. Non c’è alcun blocco umanitario. Questa è una palese bugia. Israele sta attualmente facilitando l’ingresso di aiuti a Gaza attraverso due sforzi paralleli - ha scritto Sa’ar -. Nel primo tentativo, quasi 900 camion di aiuti sono già entrati a Gaza da Israele questa settimana. Centinaia di carichi stanno ancora aspettando che l’ONU li raccolga e li distribuisca a Gaza. Nel secondo tentativo, la Gaza Humanitarian Foundation, che ha iniziato a funzionare questa settimana, ha già distribuito due milioni di pasti e decine di migliaia di pacchetti di aiuti. Questo aiuto diretto alla popolazione di Gaza - bypassando Hamas - sta già cambiando la situazione sul terreno e ha il potenziale per danneggiare seriamente i terroristi e abbreviare la guerra. Ma invece di fare pressione sui terroristi jihadisti, Macron vuole premiarli con uno Stato palestinese. Senza dubbio la sua festa nazionale sarà il 7 ottobre», ha aggiunto Sa’ar, con un riferimento davvero pesantissimo al giorno della strage compiuta dai miliziani sunniti. «È contro Israele, sotto attacco su più fronti nel tentativo di distruggerlo, che Macron cerca di imporre sanzioni.
Hamas, da parte sua, ha già elogiato le dichiarazioni di Macron. Hamas sa perché», ha concluso Sa’ar. Oltre al ministro degli Esteri, anche il ministro della Difesa, l’ultraconservatore Israel Katz, ha reagito bruscamente alle parole di Macron, dicendo - durante una visita a un avamposto di insediamento ebraico nel nord della Cisgiordania - che è giunto il momento di «costruire lo Stato ebraico di Israele» sul territorio palestinese occupato dal 1967. «È un chiaro messaggio a Macron e ai suoi amici: riconosceranno uno Stato palestinese sulla carta e noi costruiremo qui lo Stato ebraico israeliano sul terreno - ha affermato Katz durante la visita, secondo quanto riportato da un comunicato ufficiale -.
La carta sarà gettata nella pattumiera della storia e lo Stato di Israele prospererà e fiorirà», ha aggiunto. Intanto, però, anche il ministro tedesco degli Esteri, Johann Wadephul, in un’intervista alla «Süddeutsche Zeitung», si è chiesto se ciò che sta accadendo a Gaza sia in linea con il diritto internazionale e ha minacciato di interrompere la fornitura d’armi a Israele.