Aviazione

Russia, perché l’MC-21 non vola ancora?

L’aereo nelle intenzioni del governo dovrebbe favorire il passaggio a una flotta commerciale all'80% russa, ma i ritardi si moltiplicano – Il primo volo con componenti esclusivamente «locali» si terrà solo nel 2024
Marcello Pelizzari
27.11.2023 09:30

Vladimir Putin, a suo tempo, aveva raggruppato le maggiori aziende aeronautiche e aerospaziali in un unico, grande conglomerato: la United Aircraft Corporation. Correva l’anno 2006 e marchi storici come Sukhoi, Mikoyan, Ilyushin, Tupolev, Yakovlev e Beriev, all’improvviso, si ritrovarono seduti allo stesso tavolo. Con un obiettivo preciso. Ovvero, ridare lustro all’aviazione russa e, parallelamente, ridurre la dipendenza dai costruttori occidentali. 

A distanza di anni, il solo aereo commerciale entrato in servizio è stato il Sukhoi Superjet. Non senza problemi. E non senza incidenti. Possibile? Sì. 

La guerra in Ucraina, fra restrizioni dello spazio aereo e sanzioni, ha peggiorato e non poco la situazione. Ne abbiamo parlato a lungo. Di fatto, però, ha messo a nudo i limiti del Paese. O, meglio, l’incapacità da parte russa di sopportare e supportare il settore facendo leva solo sulle proprie forze. Limiti emersi già dopo il 2014, quando l’America, l’Unione Europea e altri alleati, in seguito all’annessione illegale della Crimea e allo scoppio del conflitto nel Donbass, avevano imposto diverse tornate di sanzioni. Che avevano toccato altresì l’industria aeronautica. 

L’ennesima prova è legata agli ultimi sviluppi dell’MC-21, o MS-21 volendo ricorrere alla versione italianizzata, velivolo a medio raggio di cui si parla dal 2007 circa ma che, ancora, non è stato lanciato da alcuna compagnia. Complici (anche) le citate sanzioni, vecchie e nuove, che inevitabilmente hanno provocato ritardi su ritardi. E così, viene da chiedersi se Rossija Airlines – il cliente di lancio – vedrà mai i velivoli ordinati. 

La crisi russo-ucraina, cominciata nel 2014 e sfociata nel 2022 in un’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte dell’esercito di Mosca, fra le altre cose ha impedito all’MC-21 di montare motori Pratt & Whitney. Con tanti saluti all’accordo fra Irkut e l’azienda statunitense per la fornitura dei turbofan PW1400G, datato 2012. Al loro posto, largo ai motori russi PD-14. La cui affidabilità è tutta da dimostrare, però. 

Prima di eventualmente entrare in servizi, beh, l’MC-21 deve essere spogliato di tutte le altre parti e dei sistemi di fabbricazione occidentale. Nel 2019, al riguardo, l’allora premier Dmitry Medvedev aveva annunciato l’intenzione di portare addirittura al 97% le componenti dell’aereo prodotte in Russia. Una questione di orgoglio, da un lato, ma anche di necessità considerando come detto le relazioni con l’Occidente e le sanzioni. Una sfida che, stando a Oleg Nesterov, vicedirettore generale di Yakovlev, il consorzio dovrebbe vincere entro la fine dell’anno. Mentre l’anno prossimo dovrebbe concretizzarsi pure il volo inaugurale del primo MC-21 completamente russo.

Il condizionale, viste le problematiche riscontrate sin qui, è d’obbligo. Alla fine del 2021, un prototipo dell’MC-21 aveva guadagnato i cieli con ali russe e motori americani. In precedenza, erano state testate ali occidentali e motori russi. Dicevamo che il condizionale è d’obbligo perché, dei 36 sistemi che restano da sostituire, fra cui l’unità di potenza ausiliaria e i sistemi idraulici, ben 33 sono ancora in fase di test. 

United Aircraft Corporation, in ogni caso, non molla. L’inizio della produzione in serie è previsto, nonostante tutto, a partire dal 2024. Entro il 2030, Yakovlev prevede di arrivare a produrre addirittura 270 velivoli. Stime, queste, influenzate (e molto) dalla politica e dalle ambizioni di Vladimir Putin. Nell’ambito di un piano del governo russo, annunciato nel giugno 2022 e volto a portare la percentuale di velivoli di produzione nazionale all’80% della flotta russa entro la fine del decennio, le consegne dell’MC-21 dovrebbero iniziare nel 2024 e raggiungere un tasso di 72 all’anno entro il 2029. Più facile a dirsi che a farsi, ma per molti versi necessario. Secondo il Ministero dei Trasporti, infatti, entro il 2025 un terzo dei velivoli occidentali attualmente in uso e «nazionalizzati» a forza, volenti o nolenti, dovrà essere messo fuori servizio.

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