Economia

Se Trump frena la ricerca

Il Governo americano prevede tagli nel 2026 per 163 miliardi di dollari al finanziamento degli atenei e della formazione – Questa politica, a lungo termine, mette a repentaglio la crescita USA – Economiesuisse: «Svizzera in grado di attrarre studenti internazionali»
©CJ GUNTHER
Roberto Giannetti
02.06.2025 06:00

La pesante scure di Donald Trump si abbatte sulle università USA. Il quadro è allarmante. Infatti Trump per l’anno fiscale 2026 vorrebbe un taglio del 23%, ossia di 163 miliardi di dollari, nel finanziamento del settore ricerca e sviluppo. Tuttavia, secondo l’American University questi tagli si tradurrebbero in una riduzione del PIL di 1.000 miliardi di dollari. Questo potrebbe avere gravi conseguenze per l’economia e la ricerca mondiale, ma potrebbe anche aprire delle opportunità per l’Unione europea e la Svizzera.

Nel mirino del presidente c’è soprattutto l’Università di Harvard, accusata da Trump di essere un bastione dell’antisemitismo, di promuovere idee di sinistra troppo progressiste e di avere legami con il Partito comunista cinese. La rivista scientifica Nature ha calcolato che i ricercatori dell’università hanno perso quasi mille borse di studio per un valore di oltre 2,4 miliardi di dollari. Giovedì la Casa Bianca aveva anche vietato all’ateneo di ammettere studenti stranieri, anche se poi un giudice ha sospeso la misura.

Scontro frontale

Insomma, fra il presidente americano e il mondo universitario non corre buon sangue, e a pagare potrebbe essere la ricerca, anche a livello internazionale. Quali le conseguenze sull’economia americana e internazionale – e anche elvetica – e gli atenei mondiali e svizzeri? Lo abbiamo chiesto a Marco Martino, responsabile di Economiesuisse per la Svizzera italiana. «Gli Stati Uniti – afferma - traggono enormi vantaggi dal fatto di poter attrarre molti dei migliori talenti provenienti da tutto il mondo. È chiaro che le misure adottate da Trump rischiano di rendere gli USA meno attrattivi per questi talenti. Se ciò dovesse effettivamente verificarsi, a lungo termine comporterebbe un danno enorme per il Paese. Infatti, la capacità di innovazione che ha reso gli USA una delle più forti economie a livello mondiale, pensiamo in particolare alle imprese tecnologiche della Silicon Valley, deve molto a università come l’MTI e alla loro capacità di incubare spin-off di successo».

Atenei elvetici poco toccati

Chiaramente, questa politica avrà anche conseguenze a livello internazionale, quindi anche in Svizzera, sull’attività delle università, viste le ampie collaborazioni fra atenei e centri di ricerca. «Certo, a livello internazionale - risponde - le università di diversi Paesi europei hanno registrato un netto aumento delle richieste di iscrizione da parte di giovani americani. In Svizzera, finora, non abbiamo riscontrato quasi alcuna variazione. Anche per quanto riguarda le collaborazioni tra atenei e centri di ricerca, non si segnalano particolari problemi e, anzi, la collaborazione continua a funzionare bene. Ad ogni modo, la situazione va monitorata attentamente per individuare per tempo eventuali criticità. C’è anche da dire che Trump non sta colpendo forzatamente ogni settore della ricerca e dello sviluppo e quindi sarà importante capire quali saranno gli effetti reali su ognuno di essi. Ad oggi, per la Svizzera la situazione sembra essere piuttosto lineare».

Ma per l’economia svizzera quali potrebbero essere le conseguenze? «A questo livello sarà fondamentale - nota Martino - capire quali programmi verranno effettivamente cancellati. La Svizzera ha determinate peculiarità e, già oggi, è estremamente attrattiva per i talenti. A dipendenza dei programmi che saranno cancellati, gli studenti cercheranno eventualmente il contesto più adatto per la loro formazione. Il nostro Paese sarà sicuramente in grado di attrarre queste persone specialmente in determinati settori. Per l’economia sarà essenziale una collaborazione eccellente, soprattutto in ambito tecnico. Come accennato, specialmente in questo ambito, le nostre università e scuole universitarie professionali garantiscono programmi di formazione classica e duale che risultano essere interessanti e attrattivi».

L’Unione europea sta giocando di anticipo, e ha già ideato programmi per attrarre studenti internazionali. La Svizzera dovrebbe seguire questo esempio? «Come menzionato in precedenza - illustra - la Svizzera è estremamente attrattiva per gli studenti stranieri perché la qualità della formazione è molto elevata. Inoltre, la Svizzera offre alcuni tipi di sostegno agli studenti stranieri. Sono dell’opinione che non occorrano ulteriori sforzi in questo senso. La chiave del successo del nostro sistema formativo non deve essere una sorta di campagna di marketing, bensì il continuo sviluppo a garanzia della qualità formativa».

Integrata nell’UE

«Un ulteriore elemento, del quale possiamo rallegrarci - prosegue - è dato dalla ripresa della cooperazione con l’UE nell’ambito del programma Horizon Europe, siglata lo scorso 2 aprile a Bruxelles. Con questo passo, dal 1. gennaio 2025 la Svizzera può nuovamente partecipare a quasi tutti i bandi di Horizon Europe e del programma Euratom, nell’ambito di un regime transitorio. Ciò offre ai ricercatori svizzeri l’opportunità di presentare proposte di progetto in qualità di coordinatori e di richiedere finanziamenti al Consiglio europeo della ricerca».

Istruzione fondamentale

Chiaramente, gli investimenti nella formazione e nella ricerca a livello economico sono molto importanti, soprattutto per la Svizzera, un Paese con poche materie prime. «Certamente – illustra Martino - per la Svizzera la formazione è semplicemente fondamentale per garantire l’innovazione. Può sembrare banale, forse perfino scontato, ma non è affatto così. Parlare di ricerca può sembrare facile, ma garantire che questa sia forte a livello nazionale e in maniera trasversale ai vari settori non è affatto scontato».

«Questa - conclude - va chiaramente di pari passo con un’istruzione di alto livello. I due elementi sono ciò che ci aiuta a garantire la nostra prosperità a lungo termine. Specialmente per un Paese che non può contare sull’abbondanza di materie prime, diventa fondamentale poter produrre beni e servizi ad alto valore aggiunto. La diretta conseguenza è quella di poter garantire salari più elevati e in generale un livello di benessere superiore rispetto agli altri Paesi. Non c’è dubbio: l’istruzione e la ricerca sono fondamentali per la piazza economica».

Marco Martino è chiaro. Il messaggio di Economiesuisse passa anche da alcuni numeri. «Forse qualche cifra può aiutare, sì, a rendere maggiormente l’idea della portata del settore della ricerca: nel 2023, il solo settore privato ha investito 18 miliardi di franchi in ricerca e sviluppo. Una cifra che, negli ultimi anni, è in costante crescita. Questo perché la spesa in R+S è fondamentale per l’innovazione, soprattutto per i prodotti e i servizi tecnici e scalabili. D’altronde, in un contesto come quello svizzero dove i costi sono estremamente elevati, una spiccata capacità di innovazione è l’unica possibilità per continuare ad avere successo».

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